... continua capitolo terzo
3.2 T.A.Z. E METROPOLI: MILANO
Nel modo in cui, negli anni '80, inizia la difficile convivenza tra vecchi modelli e nuove forme dell'agire politico: a Milano nascono il Virus di Via Correggio e l' helter skelter all'interno del Leoncavallo che legano le realtà anarchico-punk alle realtà di autogestione dei centri sociali, che cominciano ad attrezzare gli spazi per l'apertura quotidiana e l'offerta musicale, teatrale, culturale costante. Così anche negli anni novanta i giovani hanno imparato dalle lotte del decennio precedente che non basta cambiare i rapporti di produzione, occorre anche cambiare la qualità della vita, fondare una nuova morale; e questa non è possibile se alla rivolta e alla violenza morale non si accompagna lo scherzo, la danza, il gioco e l'invenzione e l'abolizione delle gerarchie che la filosofia punk non ammette. Si abbandonano allora i centri sociali per avventurarsi in una nuova esperienza: i rave illegali.
A Milano, dal maggio 1997, Breda-occupata 33/37 è la realtà che bene interpreta il passaggio di testimone da una generazione all'altra di militanti. Era uno spazio occupato composto di capannoni enormi, con l'aggiunta di una palazzina utilizzata come unità abitativa; conciliava la dimensione di casa con quella di spazio sociale proiettato verso il territorio in una sorta di nomadismo antagonista. L'azione politica di questo gruppo si concentra sul territorio, interpretato come spazio dell'attraversamento, da segnare con incursioni musicali illegali. Illegal rave è la pratica di decontestualizzazione di un vuoto urbano che viene riempito di nuovo senso attraverso la musica techno, le installazioni visive e il fluire dei corpi nello spazio. Breda incarna la teoria della T.A.Z., ovvero della "tela", opposta alla "rete" (1).
(1): la "rete": l'utilizzo di internet rappresenta uno degli aspetti più interessanti della cultura rave. La rete ha consentito la sperimentazione: ha permesso una trasmissione delle informazioni in tempi minimi, continui aggiornamenti in tempo reale, coniugandoli con una ricerca grafica sempre più accattivante. Su internet è possibile trovare dei siti che fungono da banche dati su scala mondiale sugli eventi illegali, siti in cui è possibile reperire informazioni generali sullo spirito e le esperienze rave (ad es. le FAQ o le newsgroup dove si ha uno scambio di informazioni tra raver reali o potenziali) e infine sono presenti i "manifesti propagandistici" delle tribe e le fanzine indipendenti che altrimenti non avrebbero modo di essere divulgate. Questa diffusione dell'informazione avviene nel pieno anonimato dei curatori dei vari siti e ciò permette di eludere, ancora una volta, i controlli delle autorità.
"La taz è una tattica perfetta per un'era nella quale lo stato è onnipresente e onnipotente, eppure simultaneamente pieno di crepe e vuoti [.] La Rete può essere definita come la totalità del trasferimento di informazione e di comunicazione. Alcuni di questi trasferimenti sono privilegiati e limitati alle élites, il che dà alla Rete un aspetto gerarchico. Altre transazioni sono aperte a tutti, così la Rete ha anche un aspetto orizzontale e non-gerarchico. Quindi all'interno della Rete ha iniziato ad emergere una sorta di Contro Rete, che chiameremo Tela, struttura aperta, alternativa, orizzontale di scambio informatico". (Bey, 1998)
I ragazzi di Breda hanno lasciato impronte in tutta Milano, sottraendo il territorio-merce della metropoli post-industriale alla speculazione per momenti brevi (queste T.A.Z. durano lo spazio di una notte) ma molto partecipati (alcuni rave sono arrivati a contare migliaia di persone).
Figura 2 Party in Bredaoccupata Figura 3 Party di Bredaoccupata in un capannone temporaneamente occupato nel centro di Milano
Figura 4 Party in Bredaoccupata
Figura 5 Street parade organizzato da Bredaoccupata
"In un momento storico di delocalizzazione, tanto della produzione, che non è più concentrata nello spazio simbolo costruito dalla fabbrica, quanto del potere, che non ha più sedi centrali e facilmente individuabili, ma al contrario è sempre più frammentato, disperso e impercettibile, la forma del conflitto assume anch'essa caratteri di nomadismo e inafferrabilità". (Balbo, 2001)
Breda inizia ad occupare aree dimesse nel territorio cittadino e nell'immediato hinterland con la finalità di rendere il maggior numero di persone consapevole della ricchezza di tali spazi: un patrimonio urbanistico e architettonico ("archeologia industriale") rivalutato di recente anche dagli amministratori pubblici e dagli imprenditori privati che hanno aperto numerosi cantieri.
"Quando fai un illegale, tutti partecipano all'occupazione: tutti sono partecipi di una dimensione di illegalità di massa, uno dei concetti chiave che ci sembra di recuperare da una tradizione antagonista e di riconiugare in pratiche innovative; inoltre c'è la forte percezione di riappropriarsi di risorse urbanistiche lasciate al degrado: avevamo ben chiara la situazione delle aree dimesse, il loro valore urbanistico ma anche economico, e la partita che si giocava attorno a questo problema. Occupare uno spazio per un rave presenta non solo la dimensione dell'illegalità di massa, ma allo stesso tempo è un gesto rivoluzionario, che rovescia lo stato delle cose. Così come normalmente i "padroni della città" fanno e disfano a loro piacimento, seguendo interessi economici che però segano i destini di tutti; per una volta eravamo noi i padroni, ci appropriavamo dello spazio, decidevamo noi cosa sarebbe diventato, la sua destinazione d'uso (anche se per un tempo determinato).(Intervista a Chiara e Davide, attivisti. in Balbo, 2001)
Breda era nata dall'idea di costruire una rete di soggetti che stavano sperimentando pratiche di socialità alternative, che non erano neanche proprie del movimento antagonista; l'idea cioè di mettere insieme percorsi e pratiche eterogenei e di sviluppare un progetto di cooperazione e di lavoro comune. Questo progetto esisteva prima di Breda e prendeva il nome di Antimuzak front. Il nome Antimuzak nasce da un film underground tedesco degli anni '80, Decoder. La muzak in questo film ma anche nella realtà, è un'etichetta che produce le forme musicali che le grandi multinazionali della distribuzione studiano per agevolare i consumi; le musiche d'ambiente, cioè, che fanno da "colonna sonora" allo shopping di massa nei supermercati o nei centri commerciali, dietro le quali ci sono studi socio-psicologici molto approfonditi, un po' orwelliani. Sono stati organizzati, precedentemente all'occupazione degli ex stabilimenti della Breda, una serie di raves Antimuzak fuori dai confini comunali, dal '95 al '97; poi nel '97 è stata occupata Breda.
Figura 6 Party Antimuzak Front
"L'Antimuzak nasce prima dell'occupazione di Breda, sulla voglia di fare dei rave parties illegali, ed è molto legato alla dimensione musicale: stavano nascendo dei nuovi linguaggi musicali e intuivamo l'emergere di nuove pratiche di socialità alternative legate alla dimensione del rave party. C'era quindi la voglia di sperimentare la possibilità di cerare questo tipo di eventi e queste forme di socializzazione: ci affascinava l'idea che il rave illegale potesse essere la prefigurazione di quello che Hakim Bey chiama T.A.Z. Noi eravamo convinti di avere in mano una forma concreta e reale di quello che i teorici della sinistra radicale americana (tra cui Bey) teorizzavano come uno degli sviluppi possibili dei movimenti -diciamo-libertari in senso lato. Eravamo convinti di avere in mano una pratica sociale e politica nuova e importante, che partiva tuttavia da qualcosa di molto meno teorico e più immediato, ovvero dalla condivisione di un linguaggio musicale, che tra l'altro avevano acquisito solo a fatica un "diritto di cittadinanza" nel movimento dei Centri Sociali, negli anni '90. La musica techno veniva considerata troppo legata al sistema della produzione, proprio per i suoi ritmi e le sue sonorità di tipo industriale, che non da tutti erano percepiti come paradosso surreale e capovolgimento di senso. Noi dunque volevamo sperimentarci in una pratica nuova e vitale, che si collocava in modo atipico anche all'interno dello stesso movimento antagonista (Intervista a Chiara e Davide, attivisti di Breda e dell'Antimuzakfront, in Balbo, 2001).
L'Antimuzak è stato il tentativo di creare una rete tra soggetti che concepivano in modo diverso l'azione collettiva, la pratica politica e la socialità. Cioè rielaborando il concetto e la centralità dell'assemblea come organizzazione, considerando invece l'idea di rete con soggetti autonomi che lavorano insieme su un determinato progetto e obiettivo, indipendentemente dalle differenze, anzi facendo di queste la propria forza, valorizzando al massimo quei linguaggi musicali e quei momenti di socialità altra, liberata, che erano strettamente connessi alla musica techno, e che lasciava intravedere una pratica politica fortemente innovativa e di rottura.
"Per le tribes non si tratta di organizzare eventi culturali, ma solo delle situazioni che devono "riuscire", le tribes che ormai gestiscono la scena techno non hanno nessuna intenzione di alzare il livello del conflitto [.] Breda ha invece inteso il rave come qualcosa di fortemente conflittuale, momento contemporaneamente di lotta e di socialità. Anche i rave che vengono organizzati di tanto in tanto nei centri sociali non hanno questo forte impatto di rottura perché non sono immediatamente strumento di lotta; vengono normalizzati dal fatto di svolgersi all'interno di uno spazio che esiste già, e che ha un suo programma culturale. Non hanno carattere di evento straordinario.[.] I rave in viale Ortles e in Bovisa invece, quelle erano veramente T.A.Z., non c'era nulla di finto o concordato, noi rischiavamo e ci mettevamo in gioco veramente. Questa secondo me era la grande sfida, che aveva in sé la sua stessa forza: se molti non avevano idea di cosa fosse quell'evento che si svolgeva in un area dismessa della loro città prima di varcare la soglia, credo che una volta immersi nel rave tutti riuscissero a farsi un'idea del valore aggiunto che quel tipo di festa e di socialità avevano. Gli strumenti dell'agire comunicativo erano i sound systems , le installazioni, i video."( Intervista a Chiara, attivista di Breda e dell'Antimuzakfront, in Balbo, 2001.)
Figura 7 Party Bredaoccupata/Antimuzak
[.] "Se in alternativa alla nostra esperienza osserviamo una situazione nomadica come quella delle tribes, la realtà dei fatti mostra come la non territorializzazione ha garantito a questi soggetti una vitalità maggiore [.] Una cosa acquisita al pensiero critico ormai da tempo è che "la gioia rivoluzionaria" deve cercare di costruire da subito dei momenti positivi di socializzazione. La possibilità di verificare quanto l'agire rivoluzionario sia da subito momento positivo, una verifica della possibilità di una società altra era quello che noi vedevamo dietro a un rave, e che cercavamo di rendere percepibile anche agli altri. La possibilità per il rave inteso come TAZ di scadere nella festa, nel party, che diventa solo contenitore dello "sballone" è sempre presente ed è una contraddizione con cui anche in Breda spesso ci si è trovati confronto. Come in molti altri momenti di esplosione di energia rivoluzionaria, la possibilità di scadere nella dimensine di sfogo individuale, di "riot" c'è sempre, mi vengono in mente i casseurs parigini: nati come espressione rabbiosa di una banlieue - ghetto, diventano col tempo semplice espressione di vandalismo".( Intervista a Davide, attivista di Breda e dell'Antimuzakfront, in Balbo, 2001.)
Una stagione molto attiva a Milano per quanto riguarda il fenomeno dei rave parties inizia dunque con l'occupazione di un'area industriale situata appena fuori Milano, denominata AREA 51 , quasi contemporaneamente all'occupazione di Breda. Mi riferisco agli anni immediatamente successivi allo stanziamento delle tribes inglesi e francesi nel nord Italia, quindi dopo il 96-97. In quegli anni Milano ha conosciuto il maggior fermento tra occupazioni permanenti e temporanee di spazi liberi dove la proposta musicale era diversa da quella che proponevano anche i centri sociali. Un esperimento particolare, pari solo all'esperienza della FINTECH di Roma, è stata l'occupazione e la seguente utilizzazione di questo spazio fisso a Segrate per organizzare rave parties. Un'area di capannoni dismessi che in due anni ha visto ballare migliaia di giovani e ha ospitato tribes assumendo la funzione di wagenplatz per molti sound system stranieri (OQP, LEGO, MONONOM, SPIRAL TRIBE, per citare i più famosi e quelli che mi è capitato di poter vedere personalmente) e da posto fisso quasi settimanale per goa trance parties. L'occupazione dell' AREA 51 non aveva carattere politico ben definito, anche se alcune delle persone che partecipavano fuoriuscivano dall'esperienza di gestione di uno spazio musicale all'interno del Centro sociale Leoncavallo. A parte loro c'era poi chi aveva un esclusivo bisogno di casa e comunque amava la musica e poi la gestione dello spazio è stato frutto anche della collaborazione e dell'arrivo di tribes, soprattutto francesi, che vi hanno stazionato a periodi, dagli OQP agli Spiral Tribe, ai Sound Conspiracy. Al suo interno ragazzi dalle espressioni avveniristiche e mezzi abitativi altri mostravano stili di vita e di comportamento al di fuori di ogni regola e costrizione; mi ricordo che in seguito all'arrivo di alcune tribes straniere mi ritrovai nel cortile di questi capannoni in mezzo ai camion-abitazione ad ascoltare musica sconosciuta che usciva dai furgoni abitazione a mangiare delle crépes preparate da queste donne e questi bambini usciti dal futuro.
".era il periodo delle feste all'area 51 a Segrate che è stato un delirio e lì era trance a manetta però con qualche incursione tekno e traveller e allora abbiamo incominciato a esaltarci fino a che odiavamo la trance.[.] non potevamo essere punkettoni perché era il duemila, perché negli anni novanta non potevamo essere punkettoni: non aveva più senso, non ci identificavamo neanche nell'hip hop anche se ci piaceva perché era una cultura falsa in Italia per certe cose, troppo fighetta quando invece doveva nascere dalle strade e tutto.e quindi sicuramente ci identificavamo in questa cosa (la tekno) era il suono del futuro e poi eravamo esaltati per tutte le cose cyberpunk, futuristiche, realtà virtuali, vestiti colorati, fluo...immaginario, estetica, anche voglia di provare cose nuove" (Intervista a Giona)
La popolazione che frequentava questo luogo non aveva uno stile tipizzato e un comportamento uniformato anche perché a mio parere l'omologazione all'interno della scena è una delle conseguenze della maturazione del fenomeno rave, logicamente si vedevano poche facce deturpate perché l'espressione era di festa ed era l'inizio di un miscuglio fra i generi: musica, cultura, abbigliamento, stili di vita diversi si incontravano e davano vita al confronto delle diversità più disparate.
"..La prima cosa che ho percepito all'interno dei rave party, quando è partita l'area 51, è stata l'empatia, che non sapevo neanche che cosa fosse, semplicemente per me era sentire tanto l'energia delle altre persone a livello proprio di pelle, no? A livello fisico, che era una cosa che mi sembrava super." (Intervista ad a034)
L'area 51 fu sgomberata alla fine del 1999, dopo un lungo periodo di inattività, senza opposizione né una campagna politica contro lo sgombero, perché divenne un'area commercialmente appetibile e fu comperata. Nell'ultimo periodo dell'area 51 le feste sembravano sempre uguali e riprodotte con lo stesso stampo, e iniziavano a riprodursi le stesse dinamiche dei divertimentifici senza contenuto come le discoteche. L'unico scopo divenne quello di guadagnare soldi in tutti i modi possibili e non si badò più alla qualità ma alla quantità delle feste, riproposte ogni settimana, perdendo la connotazione iniziale e diventando così solo un luogo di delirio, dello spaccio e della delinquenza.
"Penso che all'area 51, in tutto quel periodo, a parte quei mesi, che forse furono anche quattro o cinque mesi di inattività prima dello sgombero, nello spazio fecero una media di almeno una festa ogni due settimane, per cui nel corso dei due anni più di cinquanta iniziative. Questo posto fungeva anche da wagenplatz per i mezzi e i furgoni dei travellers, perché a parte le poche persone che erano lì perché cercavano casa: un gruppetto esiguo di quattro cinque persone, lo spazio era poi vissuto, al di là delle iniziative, da questi gruppi che arrivavano coi furgoni, eccetera, e stavano magari due o tre mesi, e nel mentre organizzavano delle cose all'interno dello spazio. Era una cosa che non veniva gestita a livello politico nel senso che non venivano fatte rivendicazioni particolari, per quello che si faceva, cioè la platealità della cosa era il fatto che lo spazio era occupato, semplicemente. La caratteristica politica, che io gli do comunque, è il fatto che era uno spazio aperto. Veniva fatta una rivendicazione del fatto che lo spazio esisteva, se ne faceva un uso pubblico, al di là del discorso della riappropriazione - perché vuol dire, secondo me, usare uno spazio che ti è tolto dalla speculazione e tutto quanto, perché comunque quello spazio era abbandonato da tantissimi anni, e tu ne fai un buon uso, e questo è importante, poi bisogna vedere qual è l'uso più o meno buono, comunque intanto lo rendi pubblico - e quello era fondamentalmente l'aspetto più politico della cosa. [.] Chi era uscito dall'esperienza delle salette del Leo, ne era uscito male, con delle delusioni, perché non c'era stata capacità di far accettare la musica elettronica nel centro, o il tentativo di fare cose "altre".[.] Lo spazio poi ha avuto altri problemi legati alla repressione, al territorio, a una campagna di sgombero dei centri che ha colpito più o meno su vasta scala e colpirà ancora a breve. [.] Se paragoni questa esperienza alle esperienze nomadi dei raves, io trovo che il nomadismo ci sia comunque, perché a parte lo spazio fisico comunque viene attraversato da situazioni, persone, soggetti che hanno delle storie. [.]aveva una doppia vita lo spazio dell'area 51, cioè quando c'erano le feste era aperto e quando invece c'era la gente che ci dormiva squattando non si faceva nulla. il discorso del nomadismo è legato al fatto che non c'era necessità di sviluppare un discorso politico che raccoglie anche un discorso di relazione col territorio e con la gente. L'area 51 era una cosa atipica perché era sulla città di Milano, perché voglio dire, così in generale, per quello che c'è in giro non è che variava, secondo me, molto. Diciamo però che per i sound systems nomadi molto dipende dal fatto che loro portano i loro contenuti e i loro modi di far le cose sempre in posti differenti, per cui comunque si offrono in quel modo..ed è una roba che funziona da anni ed è più difficile che muoia rispetto all'esperienza dell'area 51. Ricapitolando, area 51, anni '98- 2000, spazio occupato da persone uscite e in parte influenzate anche dall'esperienza dei centri sociali, ospitavano tribe che arrivavano dall'Europa, organizzavano feste "miste": mezze goa - mezze techno, feste di tutti i tipi, gente in cortile che offriva il prodotto del proprio lavoro, dalle crèpes ai prodotti artigianali ma non è che siano stati i primi, cioè intendo dire, però prima di loro a Milano c'era gente che però appunto non faceva le feste in posti fissi: questa era la prerogativa di questo posto. Era un posto fisso. (Intervista a Face)
Negli anni novanta, alcuni sociologi cominciano a considerare una nuova categoria di gestione del tempo libero, il cosiddetto loisir , il divertimento nella fase di passaggio tra il sistema produttivo fordista e postfordista. Una categoria centrata, che però andava in realtà a individuare solo bisogni e modalità di comportamento di un certo strato di borghesia (quello più alto), mentre alla stessa analisi sfuggivano quelle pieghe nella realtà, assai significative, all'interno delle quali il divertimento si connotava per degli elementi "estremi". Estremismo, in questo caso, significa ballare tutta la notte e all'alba ricominciare per finire il pomeriggio successivo, significa che il DJ è un maestro di cerimonia tribale e il ballo diventa trance, significa portare corpo e mente a stadi pericolosi, oltre il limite. E' su queste forme estreme di godere il divertimento che si è avuta la sintonia globale più sconvolgente, una sintonia che ha travolto, almeno per un certo periodo di tempo, le vecchie frammentazioni tra le culture e che ha fatto respirare all'unisono giovani di Detroit e di Goa, di Londra e delle riviere nostrane (Guarneri, 1996, pag.10).
Vi sono profonde differenze tra i rave commerciali e i rave autogestiti, differenze dovute non soltanto alla diversità di costi e di fini, ma alle stesse motivazioni e atmosfere dell'evento. Secondo uno dei protagonisti del movimento italiano,
"il rave commerciale può essere paragonato a una vacanza pre-organizzata in un villaggio turistico, un consumo del tempo libero", mentre il rave illegale rappresenta "una sorta di vacanza 'fai da te', nel senso che comporta un'attitudine dei viaggiatori all'esplorazione" (Pol G., in Natella - Tinari, 1996, pag.23-24).
Quindi non concerne la fruizione passiva di servizi proposti da altri ma la partecipazione e la disposizione al tipo particolare di evento e all'avventura.
Negli ultimi anni si è creata in Italia un'ampia e vivace scena underground legata alla musica techno, molti tra gli attivisti provengono dai centri sociali autogestiti, consapevoli della necessità di allargare gli orizzonti sia fisici che mentali, hanno iniziato a sviluppare una critica alle dinamiche, considerate alle volte troppo rigide, dei comitati di autogestione (Violentina, 1999). Inizia ad attecchire lo spirito libero legato ai raves e meno lo spirito da collettivo da centro sociale con le sue dinamiche burocratiche e politiche legate ai vecchi movimenti di partito. L'informazione dell'evento avviene attraverso il flyer, un volantino molto curato nella grafica, che indica la data e il luogo (in generale o la città), gli organizzatori o una loro sigla o simbolo ed eventualmente i dee-jay che parteciperanno, il tema della festa, un numero di telefono o il meeting point.
Figura 8 Acid Drops teknoparty Figura 9 Latitanz teknoparty
Figura 10 Qirex teknoparty
Figura 11 Party 20042002 Figura 12 Party Circus Alien
Le illustrazioni dei flyer costituiscono un importante canale comunicativo che denota il livello e la qualità della festa; sovente i temi iconografici sono quelli dei miti, del "viaggio", dell'"altrove" o i simboli, con significative influenze della cultura psichedelica e del cyberpunk miscelate, tratteggiando così suggestivi scenari technonirici.
Figura 13 Acid drops + Mononom teknoparty
Figura 14 Bordello 23; teknoparty organizzato da più sound systems per ripagare veicoli e impianto dei Total Resistance distrutti in un incendio.
Figura 15 Circus Alien teknoparty a Praga
Figura 16 Sound conspiracy teknoparty di capodanno
"La tecnologia rappresenta infatti uno degli elementi qualificanti dell'esperienza rave: "la tecnologia industriale degli spazi utilizzati, quella elettronica dei campionatori e delle drum machine , quella chimica delle sostanze empatogene e psichedeliche"(Natella, Tinari, 1996, pag.6).
Il circuito musicale a cui appartiene la techno in Italia è un'evoluzione o un proseguimento del circuito underground delle autoproduzioni musicali che sono state il cuore del punk negli anni settanta. Oggi il movimento techno italiano può essere considerato neo-punk perché ne ricalca le caratteristiche di illegalità, estremismo musicale, radicalità della filosofia "contro" anche a livello di produzione e distribuzione, tattiche shock, accesso all'informazione e autonomia organizzativa. Punk significava "marcio", rave significa "delirio", l'attitudine è la stessa, cambia la forma, il linguaggio muta ma il motore è sempre la cultura underground nelle sue evoluzioni: punk, industrial, hardcore, tekno. Ciò che unisce la scena techno italiana è "l'identità nella mobilità del pensiero". Nuove saranno le modalità comunicative tra individui, musica e sovversione.
La techno, musica in evoluzione per sua natura, si accompagna sincronomicamente al pensiero nomade per scelta. Etichette indipendenti producono suoni radicali e sperimentali celandosi al grande mercato delle majors. Party illegali, etichette bianche senza nome, frequenze misteriose, messaggi incisi sul vinile: "il segreto è ascoltare quello che non avete mai ascoltato prima", "niente di essenziale accade in assenza del rumore", giochi di identità, comprendere e dimenticare il significato di ogni cosa, cospirare per diventare tutt'uno con il rumore, perdersi in freddi capannoni dimenticati. Tutto questo pare dirci che è terminato il tempo della propaganda, che la visibilità è un pericolo. Infatti, come sentenzia la Praxis records di Londra; una etichetta hardcore: "la visibilità è una trappola" . Praxis e la sua etichetta sorella Sub/version significano una nuova idea intellettuale della musica elettronica, fondatore dell'etichetta è Christoph Fringeli, in lavoro dal 1992 nell'elettronica underground di tutto il mondo.
"la visibilità è una trappola", è una citazione tratta da "Disciplina e punizione" di Foucault. Si riferisce alla sorveglianza, ad esempio all'essere controllato attraverso l'essere visibile alle autorità. Questo è il significato della citazione originale, ma anche quello che penso io è importante: ciò che faccio è svolto all'interno di un collettivo con un certo grado di anonimità, è una situazione invisibile. (Intervista a Christoph Fringeli - Praxis)
Il percorso torna sotterraneo e nascosto, irraggiungibile agli occhi delle autorità e degli esperti di marketing e perfino nascosto all'area dei centri sociali che assomigliano sempre più ad imprese commerciali. Il technosogno di migliaia di ragazzi è sporco, freddo, polveroso e digitale. La technogenerazione schiude la sua empatia all'alba dove il mondo dei "regolari" appare stridendo con le coscienze alterate dei ravers che si temprano con il reale.
E' all'alba che la potenzialità del rave si rende più chiara: è possibile realizzare l'insurrezione di migliaia di menti. L'esuberanza e l'effervescenza si mescolano senza concessioni. Per un lasso di tempo le regole sono violate, stravolte senza misura. Ma la vera trasgressione, il proibito non è tanto sull'inversione dei principi (fare la notte quello che gli altri fanno di giorno e vice-versa) ma sulla confusione del giorno e della notte, che nega il principio sacro della distinzione. Il principio della divisione del tempo. L'assenza di fratture, di rotture nel tempo al profitto di una continuazione della stessa attività, tale è la confusione, è fonte di un godimento e di un piacere certi.
".andavamo alle feste e poi stavamo al parco Sempione un'altra giornata a delirare, magari all'inizio non stavamo neanche tantissimo alle feste, cioè non era una cosa da tre giorni, magari era una cosa che a mezzogiorno della domenica te ne andavi, però poi passavi il resto del tempo, cioè quasi fino al giorno dopo, al Sempione a delirare e ad "asciugare" tutto il resto del parco Sempione; chi non era come te identificato in questa cosa." [.] Il party è bello perché comunque non ci sono regole, non c'è niente, alla fine sei anche messo alla prova da un punto di vista, se ti vuoi divertire o.c'è comunque, puoi tirare fuori qualcosa, cioè quando sei in quelle situazioni, soprattutto la mattina, quando esce la luce, di giorno, cioè è bella la festa se ti tiri in mezzo con le altre persone, se cominci a sparare cazzate, se crei la festa[.] E torni a casa, o dovunque vivi, stracontento perché è stato, cioè, ti sei emozionato in qualche modo, o ti sei solo ammazzato dalle risate oppure ti sei fatto dei gran viaggioni, non so." (Intervista a Giona)
All'alba i ravers vengono a contatto alla luce del giorno con la stridente realtà dei "regolari", perché il raver continua a ballare dimenticandosi dei rituali quotidiani, perché guardandosi intorno, appena la luce rivela i visi, si scopre circondato da persone vive e desideranti.
"c'era.. non so..un'intensità in quel momento. anche perché poi si è tutti un po' con le vibrazioni molto assonanti.ed era bello, nei momenti così è veramente bello. in quei momenti anche appunto sempre quando le luci cominciano a svelare i volti, e tu hai passato la notte a pestare la sabbia in mezzo a queste ombre scure e cominciano a dipingersi dei loro colori, sono momenti veramente toccanti che ricordi di questi party." (Intervista a Stek)
Nell'ambito di queste TAZ vengono rielaborati e stravolti gli usuali cliché del rapportarsi, patrimonio del vecchio mondo. Qui la musica è territorio di scambio sperimentale per comunicazioni orizzontali tra le soggettività compresenti. Complicata e durissima, la techno crea divario nel rifiuto dell'armonia e del consentito.
L'underground italiano paga il prezzo di essere arrivato in ritardo a elaborare la techno, i party illegali e non, al contrario degli altri paesi europei dove, all'inizio, la techno e i rave erano patrimonio dei travellers e di un movimento di sinistra in generale. In Italia, probabilmente, la musica elettronica è passata dai circuiti commerciali prima di arrivare all'underground, anche a causa del timore che la sinistra technofobica ha sempre mostrato verso la modernità e le sue forme. Questa è una delle cause per cui nei centri sociali ci sono state molte resistenze ai technoparty, ma forse il problema è strettamente legato all'incapacità critica nei confronti della musica che esisteva in questi luoghi.
"Oggi però le cose sono cambiate, la techno dilaga come un'infezione. La techno è orizzontale. La techno è uno strumento cangiante. La techno è di tutti"(Violentina, 1999).
Dal 1994 in poi, dalle aspirazioni di alcuni elementi più radicali e creativi della controcultura romana (si è soliti ricordare gli appartenenti al movimento studentesco della Pantera che ebbe origine in quegli anni) e dall'arrivo delle esuli Tribes inglesi, nasce e si sviluppa la scena "illegale" in Italia. Le due città più sensibili alla musica techno e che per prime accolgono il fenomeno rave, anche se nel primo periodo era slegato dalle idee controculturali e più legato all'edonismo e al ballo, sono Torino e Roma.
".la cosa l'abbiamo portata avanti per un po' di tempo come DEA, ed ad un certo punto c'è stata di nuovo una frattura perché sono entrate altre persone, sono cambiate un po' le strade, c'è stata la svolta hard-core, e l'entrata in ballo dei centri sociali o comunque di una certa "area" e quindi il free party è diventato illegal party, in quella svolta lì c'è stata un po' una situazione di mezzo, una situazione cross-line, (io sto sempre facendo riferimento alla mia esperienza, non sto facendo un discorso a livello generale, perché in Italia comunque Torino e Roma sono state le prime città tekno per definizione, che hanno spinto molto sul fronte dei free party e degli illegal party poi c'è stato l'arrivo delle varie tribe.." (Intervista a Stek)
La manifestazione più estrema dell'entusiasmo scatenato dalla techno, il teknival, è apparso prima in Francia nel 1993 (2), in Italia tre anni più tardi. Questo festival di musica techno, gratuito, clandestino e raggruppante un gran numero di organizzatori di free parties (chiamati sound system o tribes), si estende su una settimana intera. La festa è continua, il suono non cessa mai e i ravers hanno tempo a volontà per arrivare fino allo stremo delle loro forze strusciandosi a Dioniso, in un orgia di rumore tecnologico e di furore psicotropo. Esito di una logica festiva logaritmica, il teknival si riproduce attraverso l'Europa, attirando delle folle sempre più numerose. Apparso nel mezzo dell'estate '93 in Europa continentale, ha coperto l'insieme del periodo estivo degli anni seguenti. Ha cominciato a debordare nel 1998 sul resto dell'anno, debuttando in maggio e finendo in settembre, e risorgendo all'improvviso nel bel mezzo dell'inverno, quando qualche sound system ha l'audacia di allungare un free party fino al week-end seguente. Il frastuono della techno underground è in piena espansione, deflagrando i limiti della festa, accentuando la sua essenza irragionevole. Qualunque sound system può prendere l'iniziativa di organizzare un tale avvenimento, la condizione essendo quella di riunire abbastanza gente per non rischiare un'evizione rapida da parte delle forze dell'ordine. È necessario poter mobilitare molti ravers anticipando la data ma lasciando ignorare il luogo esatto. L'invito è ugualmente lanciato a tutti gli altri sound system secondo il principio di "più pazzi siamo, più ci si diverte". In Italia i teknivals iniziano a comparire non prima del 1995 - insieme ad un ritorno alle discoteche e verso i rave legali che inducono in Inghilterra come in Francia ad una commercializzazione del fenomeno - grazie all'arrivo degli Spiral Tribe "emigrati in massa, (come molti altri gruppi), dalla Gran Bretagna, con il loro materiale, verso lidi più ospitali, dallo stato di Goa alla baia di San Francisco" (Saunders, 1995). Durante i loro numerosi soggiorni in Italia si sviluppano, parallelamente ai raves dei centri sociali, dei raves illegali spesso organizzati fuori città da travellers. Nel 1996 in Italia i raves si aprono ad un pubblico più numeroso e, nonostante la stagnazione del numero dei ravers, attirano sempre più curiosi. La commercializzazione del movimento minaccia lo spirito dei raves, il prezzo d'entrata aumenta, ai raves "goa trance" in particolare, la "trance psichedelica" diventa così commerciale. Parallelamente si assiste però ad un ritorno alle "feste selvagge": i free (tekno) party. L'azione sovversiva rizomatica crea praticamente un filo rosso tra i sound system, nascono polarizzazioni in grado di far impazzire qualsiasi bussola culturale: i teknivals, che sono metarave , gathering tribali a cavallo tra sfumature psichedeliche degli acid test che organizzavano i Grateful Dead negli anni settanta e sfumature anarchiche dei primi festival illegali inglesi come Stonehenge, Glastombury,ecc.
(2): Il primo teknival si è svolto nei dintorni di Beauvais, nella settimana del 23 luglio 1993.
Figura 17 Teknival estivo 1996 Figura 18 Teknival estivo 1997
La stagione di teknivals è quella estiva e si svolge randomicamente in Europa. I tempi di durata vanno dai tre giorni in poi, ma in realtà, cambiano in relazione alla mobilitazione di ravers e travellers e alle interferenze repressive delle varie forze armate degli stati in cui il teknival ha luogo. L'impatto visivo di un teknival è quello di una polis dinamica in cui si creano e si distruggono vie, zone di passaggio, zone di accampamento e di mercato. I suoni provengono da fonti diverse e sono costanti per tutta la durata del teknival: dancefloor spontanei che appaiono e scompaiono in una notte. Le sue strade si snodano attraverso strutture meccaniche, sonore, umane, in una casbah di veicoli, camion, case, tende, teloni colorati e tendoni da circo.
E' difficile tracciare sia una cronologia che una geografia dei party in Italia, anche perché sono abolite le appartenenze geografiche, le tribes sono composte da elementi nati in diverse città e non solo italiane, all'interno delle tribes italiane vi sono membri francesi o tedeschi o inglesi che hanno deciso di fermarsi in Italia, oppure può succedere per esempio che una tribe si sia stanziata per esempio a Milano, ma che nessun elemento di questa sia milanese, o comunque nemmeno lombardo. Ai party si può notare che la popolazione sia per la maggior parte di quella città dove il party avviene, ma non è la regola: ad un party a Torino, per esempio, la maggioranza di ravers possono essere francesi. Ma sono tutte proporzioni difficili da dimostrare perché durante un party si è tutti uguali, è possibile solo notare che c'è tanta gente che parla francese o un'altra lingua, o sentire un diverso dialetto italiano, ma l'atteggiamento, l'abbigliamento o le espressioni, sono le stesse, di tutti i ravers. Si possono notare differenze che sono solo sfumature nel colore dei vestiti, nelle acconciature fantasiose, nell'atteggiamento più punk o più freak, nei drops più fantasiosi, nelle feste più o meno grigie, ma i rave non hanno nazionalità né regionalità.
".una volta non era una moda andare ad un party, anzi.qua in Italia quando andavi a un party, tipo il primo teknival a cui siamo andati, avremo parlato due parole di italiano, non c'era un italiano là dentro, quindi in realtà non c'era nessuno stimolo da quel punto vista.". (Intervista ad A034)
".vedere una carovana di gente arrivare da lontanissimo che non parlava nemmeno la tua lingua e li vedevi costruire un mondo per tre giorni in un posti che non sapevi neanche che esistevano." (Intervista a Cristina)
Dopo Torino e Roma il movimento intaccò altre zone della penisola. L'Emilia Romagna e, nello specifico, Bologna, dove la cultura delle occupazioni di case e la tradizione anarchica hanno radici profonde, dove il senso del tempo ha una densità del tutto particolare, risultarono essere terreno particolarmente fertile per questa "colonizzazione". Impossibile non fare riferimento alla Mutoid Waste Company : un gruppo artistico anarco-punk, nato a Londra nel 1984 che riutilizza creativamente gli scarti della società industriale per costruire apocalittiche sculture che venivano utilizzate anche per spettacoli e rave parties.