... continua capitolo secondo

2.4 IL MITO DEI TRAVELLERS, identità nomadi

Ogni persona che ha fatto l'esperienza del rave, nel senso che ha passato più giorni in questa dimensione totalizzante, alla fine di una notte o di un teknival, ha sicuramente sognato di lasciare semplicemente cadere tutto, di riprendere la strada, ma questa volta per andare più lontano, e non fermarsi mai, diventare viaggiatore.

C'è chi l'ha fatto. Una leggenda vuole che Kaos, divenuto celebre per i suoi live torturanti che hanno riversato più di un cervello, sia stato semplicemente un DJ che suonava ai matrimoni. E che fu in prossimità di un matrimonio che sentì suonare gli Spiral Tribe. La leggenda vuole anche che egli abbia lasciato cadere la sua collezione di dischi "per far ballare la nonna", in pieno pranzo di cerimonia (ci si immagina le lacrime della sposa). E che egli si sia aggiunto sul campo ai travellers hardcore, inghiottito in un colpo dalla strada, l'acido lisergico e i BPM. I Sound Conspiracy, una tribe/sound system che raggruppa membri che provengono da altre tribes: gli Okupe (di Marsiglia), Facom Unit e Total Resistance, si sono lanciati alla fine del 1998 nell'avventura di riferimento: la strada verso l'india. A immagine dei parenti spirituali hippy partiti a cercare la verità in oriente, una decina di gioiosi ragazzi tra cui Kaos hanno percorso la via della seta nel 1998. Sono partiti prosaicamente da Ris-Orangis, dov'è situato un mitico squat tekno, il C.A.E.S., per raggiungere la mitica Goa, dove hanno organizzato delle feste per un anno e sono tornati nel 1999, attraversando l'Iran e la Turchia.

Ma la vita dei travellers non è l'eden che i ravers "del sabato sera" si figurano nella mente. Essa si guadagna, si conquista ai margini della legalità e degli espedienti per sbrogliarsela da soli. Si mangia male, si " sifona " dai serbatoi (si travasa il gasolio per i camion, rubandolo ad altri automezzi tramite un sifone), si assumono dei rischi. Si vive spesso ai bordi delle città, nelle zone industriali. Si può restare bloccati delle ore ad una frontiera per un documento non rinnovato, a meno che non si incontri la parata, come gli Spiral Tribe in viaggio nell'Europa dell'est, nel 1994, accompagnati dalla Mutoid Waste Company, collettivo di artisti specializzati nelle sculture alla Mad Max: che dichiaravano il loro convoglio come un circo ambulante, e poteva passare senza problemi.

"Quelli che suonano hanno la casa con dentro anche la strumentazione per suonare. Ma guarda che è un casino.quelli che stanno in giro tipo tu vedi i Total Resistance, i Tomahawk, hanno sempre questo problema: dell'elettricità, no? E allora tu vedi per esempio Mark dei Total con cui ho parlato ieri, mi ha detto che lui è da sei mesi che non accende le macchine per fare nuova musica, perché non hanno la corrente. Non hanno proprio la possibilità di suonare, infatti quando poi arrivano a Bologna, sai com'è, ci vuole sempre il posto, la casa, uno squat, dove ci si deve appoggiare, perché se no sei fottuto, infatti come ti spieghi che tutti i travellers come arrivano in una casa si "accucchiano" subito, si stabilizzano nella casa, perché non gli pare vero che hanno la corrente e hanno il bagno, è normale, se devi fare qualche cosa hai bisogno dei comforts che normalmente tu nei camion non hai, allora ti appoggi a uno squat. La corrente è il problema principale di questa gente, dei travellers, che suonano. (Intervista a Luciano).

Bisogna affrontare anche problemi meccanici senza fine: i bus e i camion si rivendono di sound in sound, i quali sono riacquistati ai demani (quando l'esercito vende i suoi mezzi di scarto all'asta). Neanche a dirlo, sono vecchi, le guarnizioni vanno in pezzi, ed è indispensabile possedere qualche buona nozione di meccanica per sperare di fare tanta strada lontano. La sistemazione è spartana: la priorità è l'home studio, gli amplificatori, le casse, tutto ciò che permette di far esplodere il suono ovunque sia possibile. Per il resto, bisogna fare esperienza di strada per apprezzare la quotidianità insieme ad una muta di cagnolini odoranti e un senso della casa, dell'organizzazione e dei rapporti proporzionale all'avventura. Ma quale consolazione quando ci si ferma ai confini di un magnifico panorama, quando ci si bagna in un torrente e quando ci si lancia in un live di fronte all'immensità delle cime di una montagna.

"C'è sempre l'idea che i travellers non lo siano totalmente, specialmente tra gli italiani, perché si. suonano e vivono su i camion ma si appoggiano a una casa. Anche gli stranieri un appoggio ce l'hanno sempre, perché per esempio, allora, i Total Resistance sono inglesi; in Inghilterra ci sono le leggi contro i raves, va bene? Quindi i Total Resistance se ne sono dovuti andare, gli inglesi se ne sono dovuti andare dall'Inghilterra. In Francia ci sono le leggi contro i raves, e se ne sono dovuti andare dalla Francia, ma non pensare che comunque questa è gente che ritorna in Inghilterra e non ha la casa, è normale che se ritorna in Inghilterra lo sa dove andare, ha la casa, la corrente, la cucina e il bagno. I Total Resistence e i Tomahawk hanno una casa in affitto a Napoli, cioè un terreno, no anzi, vicino Roma, adesso non mi ricordo come si chiama il posto però hanno affittato un casolare con il terreno per parcheggiare. Cioè, ma è normale, una base uno se la deve creare sempre. Per esempio, i fox tunz no?, hanno una discoteca, si sono comprati una discoteca in Francia e hanno la casa col parcheggio per i camion, e bla bla.poi quando devi andare a fare i raves in giro prendi e parti. Cioè, secondo me questa è l'unica ottica di risoluzione del traveller, perché se no sei fottuto, come faccio io a stare sei mesi in giro senza corrente e alla stessa maniera suonare tutti i giorni, fare musica nuova, e andarla a proporre al rave, è impossibile. Pure lo zingaro ha il campo nomadi, ha il terreno con casa, corrente e acqua. E' normale. Infatti la gente quando TMS se n'è andato al livello diceva:"oh, guarda, guarda, vi siete fissati, mo' state a Bologna, state al livello, comodi comodi." e ti voglio vedere a te invece! Come fai a gestirti un impianto, i camion, eccetera, e a fare la musica, a suonare e a fare, senza avere una base. Grazie al Livello che ci aperto la casa, no? Sotto quest'ottica.poi è normale che tu stai in un posto e devi scendere a compromessi, e poi la gente ti vede e ti identifica a quel posto." (Intervista a Luciano)

Essere traveller, è anche, più filosoficamente, rispondere a una missione: far conoscere la tekno, il suo modo di vita, i suoi codici, sempre più lontano.

I K-ktus Tribe hanno attraversato gli stati uniti in lungo e in largo per due anni, uniti alle tribù americane come gli Havoc (a New York), o gli Spaz (a San Francisco). Hanno organizzato feste di qualche centinaio di persone, e scambiato il "savoir faire" del suono alla francese con il militantismo comunitario all'americana. I travellers hanno compreso che la vita si gioca in scala planetaria, e rispondono alla mondializzazione con una internazionale dei BPM facilitata da internet. Come i pirati, appaiono improvvisamente quando ne hanno voglia e mai quando li si attende. E poco importa se uno stato emana delle misure contro i raves, altrove, un altro mondo è possibile.

La maggior parte delle persone che partecipano ad un rave fanno l'esperienza della strada, degli spazi, della precarietà, tutti ci sente un po' traveller: andare ad un rave, molto spesso, è una vera e propria avventura, si fa l'esperienza del campeggio selvaggio, senza comodità, si fa l'esperienza della trasgressione e della strada e delle sue sorprese. Più si prende parte e più ci si organizza per poter dormire in macchina o su mezzi che diventano casa per poter stare in giro più giorni. In quanto immaginario sociale ed espressione di una sensibilità contemporanea di natura tanto estetica quanto politica, il nomadismo dilaga tra i ragazzacci che frequentano i raves, ci si sente rivoltosi e guerriglieri dell'era post-moderna. La strategia politica però è una ripetizione giocosa e mimetica. L'infinita capacità di "alterare" se stessi; l'occupazione di spazi pubblici da parte di artisti che vi installano opere e di guerrieri del suono che montano muri di casse come totem.

La vera rivoluzione del rave è geografica. Le persone sono stimolate a muoversi e a percorrere molti chilometri per arrivare a una festa, non ci sono antagonismi tra nord e sud, per esempio, piuttosto si cerca un bel posto dove poter fare festa insieme. La distanza non è mai un problema, soprattutto per i teknival le persone sono disposte a fare anche migliaia di chilometri, ma sanno che lì troveranno gente che proviene da ogni parte. Sul tragitto per raggiungere una festa o un teknival, ci si ritrova, tra ravers, negli autogrill e nelle zone di attraversamento, come i supermercati dove ci si ristora. Ci si riconosce e ci si aiuta, ci si perde insieme per villaggi rurali. Si scopre la campagna, le piazze delle chiese pavimentate, i comuni illuminati. Molto spesso si viene a contatto con la popolazione di piccoli paesini e si può ben immaginare il loro stupore alla vista di carovane di auto dalle targhe straniere e i camion "teggati" (1) con le firme o con i disegni colorati fatti dai graffitari, i convogli di mezzi pesanti e strampalati che trasportano "gente fuori del comune". A volte si ha difficoltà a trovare un posto, e qui le carovane di mezzi creano dei veri e propri blocchi del traffico, capita di seguire l'auto sbagliata, la persona che crede di sapere la strada, il mezzo che si ferma per problemi al motore, e così ci si ferma dietro a molte vetture che devono invertire il senso di marcia, le strade sono riprese in contro senso con gli animi surriscaldati e irritati per le ostruzioni sulla strada, e gli ingombri, a volte causati da una dogana o dalla polizia. Sovente il labirinto sbocca in un grande parcheggio e li si pazienta e si attende il prossimo gruppo che parte o che si assume il rischio di perdersi di nuovo. Sicuramente, la vita sarebbe più semplice restando a casa, o andando a ballare nella discoteca più vicina. Ma nella profondità dell'esperienza si scopre l'interesse per la strada e le sue sorprese, e si inizia ad apprezzare il ritorno prudente da un party la sera al tramonto, il consueto panino o brioche del primo autogrill dopo il pedaggio, la radio che annuncia notizie, che dopo essere usciti da una TAZ o zona franca quale il rave sembrano irreali, allora ci si ambienta e affeziona al gioco, si ricomincia. Si è ravers: ci si sente diversi dal resto del mondo. Uno dei paradossi della nostra condizione storica è dato dallo svilupparsi simultaneo di tendenze contraddittorie: da un lato, abbiamo la globalizzazione dei processi economici e culturali, i quali generano un conformismo crescente nei consumi, negli stili di vita e nelle telecomunicazioni. Dall'altro, assistiamo alla frammentazione di questi stessi processi: il riaffiorare di differenze regionali, locali, etniche, culturali non solo tra i vari blocchi geopolitici, ma anche all'interno di essi.

(1): La tag è un'etichetta, una firma, veloce e stilizzata, che non ha nulla di artistico, lasciata come semplice "marchio territoriale" dal writer (graffitaro).

"Il rave implica chiaramente un non-sense nei confini geografici.Forse ai raves questo mutamento avviene prima che nella società, più velocemente, perché i partecipanti entrano in contatto con queste persone che vivono su case mobili e anche se non vieni totalmente coinvolto dallo stile di vita, il nomadismo ai raves attecchisce come modello, perché poi molti invece che comprarsi la moto si comprano il furgone. cioè, improvvisamente, come dire.così come sono calate le vendite di chitarre elettriche e si vendono più piatti Technichs, e anche questo è un segnale, così anche il modello del nomade contagia anche la gente che in realtà è radicata nella zona eccetera: si prendono il furgone e si fanno i weekend in giro con il camper, io stesso sto pensando di prendere un camper. (Intervista a Stek)

Essere un soggetto nomade significa essere in transito. Le persone che partecipano ai raves sono soggetti nomadi in quanto assoggettati all'abbandono e la decostruzione di ogni senso di identità fissa. L'aggettivo nomadico applicato ai raves è affine a ciò che Foucault ha definito come contro-memoria, una forma di resistenza all'assimilazione o all'omologazione a modalità dominanti di rappresentazione del sé. I ravers più attivi sono simili agli attivisti politici. Lo stile nomadico riguarda le transizioni e i passaggi senza destinazioni predeterminate o patrie perdute. Così, il nomadismo si riferisce a quel tipo di coscienza critica che resiste a integrarsi in modi socialmente codificati di pensiero e di comportamento. È la sovversione delle convenzioni stabilite che definisce la condizione nomadica, non l'azione puramente fisica del viaggiare. Altre figurazioni vengono alla mente oltre a quelle classiche di zingari ed ebrei erranti: i ravers.

"Il nomadismo è sicuramente affascinante perché nell'immaginario collettivo, forse è la rappresentazione di quella specie di vita del "dopo bomba" (tipo the day after un disastro nucleare) in cui tu devi essere comunque autosufficiente, e quindi il fatto che tu sei in questa specie di capsula spaziale che è il tuo camion, che è la tua roulotte o il tuo furgone e che in fondo porti con te tutto quello che è tuo e quindi tu sei tutto lì, ti da' una dimensione assolutamente diversa.. di libertà, e di spazi, e assapori anche di più quello che hai perché è tutto funzionale, in qualche modo, è funzionale al tuo vivere.Certo poi tutto questo lo paghi in tante cose." (Intervista a Stek)

Il raver in quanto soggetto nomade è letteralmente un viaggiatore "spaziale" che, di volta in volta, costruisce e smantella gli spazi in cui vive prima di procedere nel viaggio. Lui/lei funziona secondo uno schema di ripetizioni che non è privo di un certo ordine, benché non abbia una destinazione definitiva. L'opposto del turista, l'antitesi dell'emigrante, il viaggiatore nomadico è interessato soltanto all'atto dell'andare, dell'attraversare. Il nomadismo è una forma di divenire intransitivo: segna un insieme di trasformazioni senza prodotto finale. I soggetti nomadici creano mappe politicamente consapevoli per la loro stessa sopravvivenza. I viaggiatori nomadici sono dei geni dell'oralità, si affidano al ricordo e conoscono i luoghi a memoria.

"l'aspetto nomade è sicuramente l'aspetto più poetico, più romantico, e più bello in un certo senso, anche se poi se vai a vedere nel dettaglio ha anche i suoi lati ombrosi, però è e rappresenta proprio la grande scelta, no? La scelta di libertà, che poi è una libertà tra virgolette, perché poi sei schiavo della sopravvivenza, per cui sei libero fino a un certo punto. La bellezza del rave è che abbraccia tanti, in un certo senso, e abbraccia sia quelli che hanno fatto questo passo e quindi sono le tribe e quelli che arrivano coi furgoni e cose del genere, ma consente anche a chi semplicemente si sfoga nei weekend, in qualche modo di continuare a seguirlo e di continuare a farne parte. Ti permette comunque anche.e soprattutto in teoria dovrebbe permetterlo nella massima misura. perché dovrebbe essere proprio il posto dove si abbattono completamente quelle che sono le aree, le fasce, le tribù, le appartenenze e tutto quanto, e in questa TAZ di liberazione liberata conta solo la musica, il ballare, l'espandersi e il rapportarsi.dovrebbe essere un momento così. che poi si siano create anche delle sclerotizzazioni in qualche senso, che hanno riportato anche nel rave delle logiche che invece avrebbero dovuto restarne fuori, beh, questo succede quando i fenomeni in qualche modo si gonfiano o comunque dilagano, c'è una sorta di impoverimento, però, tu ben sai, c'è anche una grande discussione comunque anche su questi temi dagli stessi che sentono queste cose." (Intervista a Stek)

Difficile definire uno modello, un campione del raver. Chi partecipa assiduamente a questi eventi ha un'età imprecisata tra i 15 e i 50 anni. È il figlio occhialuto dei vicini di casa dall'aspetto pulito e la mania del computer. È la ragazza della porta accanto con i dreadlocks con la passione per la techno e che, nel tempo libero, si esercita per diventare una DJ. È il ricercatore universitario impegnato attivamente nei centri sociali. È l'apprendista elettrauto tatuato e pieno di piercing che lavora dal meccanico in fondo alla strada, è il web designer della casa di fronte, è il traveller in continuo movimento per il mondo, ma soprattutto è colui che non si definisce tale. Nessuno dirà mai "sono un raver": non si è raver, semplicemente si va alle feste, o si va agli illegali. Raver e clubber sono due espressioni coniate dai mass-media. Sono solo l'ultimo tentativo di semplificare dei comportamenti "affibbiandogli" un'etichetta, prontamente rifiutata dai personaggi direttamente coinvolti.

".secondo me sono tutti attirati dal fatto che questo tipo di gente(membri delle tribe/sound system) FA LA FESTA, è lì che allora si crea il sistema gerarchico, è così che il DJ diventa "fico", e poi via dicendo fino all'ultimo gradino, dove ci sono quelli che vendono le magliette e che stanno al bar.no? E' così che si forma un sistema gerarchico. E' per questo che la gente viene attratta da loro: perché stanno organizzando una festa. La gerarchia si crea dal momento in cui ci sono le tribes e la gente considera le tribes "fiche" perché organizzano la festa.[.] tutto poi riporta alla festa: perché gli zingari non sono così tanto stimati.[.] Perché usare una classificazione per i ravers? A me non piace classificare la gente, ne tanto meno usare tipologie. Come fai a classificare un raver? Un raver è qualsiasi persona, perché può essere l'avvocato, il notaio come può essere il pischello che non fa niente nella vita e che si ammazza di canne dalla mattina alla sera, non puoi fare classificazioni, l'unica distinzione è tra organizzatori della festa e partecipanti, questi ultimi però non sono utenti perché l'utente è uno che recepisce e basta, invece il raver sta lì cioè partecipa alla festa, cioè senza raver non ci sarebbe festa. Però il raver è chiunque, può essere mio padre, che vuole venire a una festa. Per me raver è chi partecipa, ma anche chi organizza le feste. Non è che chi organizza la festa non è raver. Io mi sento molto traveller eppure le feste non le organizzo[.] Loro hanno un tipo di vita diversa dai partecipanti al rave, ma sono ravers come noi, come quelli che in settimana lavorano. Semplicemente se hai un altro tipo di entrata economica non ti viene certo in mente di fare altri lavori. Però comunque dietro c'è tutto un discorso dell'abolizione dello stile lavorativo, e credo che questo sentano gli organizzatori delle feste". (Intervista a Raffaella)

E le tribes? Le tribes sono gruppi di ravers che hanno deciso di mettersi insieme e di vivere l'esperienza di gruppo e in gruppo, i membri delle tribes non sono persone diverse dagli altri ravers, sono persone semplicemente più coinvolte in questo movimento, la scelta di entrare in una tribe a volte presuppone anche il cambiamento dello stile di vita, divenendo più o meno travellers, ma a volte no, esistono tribes che conducono una vita molto più stanziale di altre.

".noi siamo sempre stati bene o male in Italia, poi siamo andati qualche volta in Spagna però così; viaggi estivi, di due o tre mesi, come TMS. Di noi nessuno ha la casa, solo io ce l'ho, e forse la Maria Pia, e basta. Tutti gli altri vivono sui camion però stiamo di base al Livello57 (un centro sociale di Bologna), ci appoggiamo sempre agli squat, prima stavamo in cascina a Milano, prima ancora avevamo una casa che avevamo affittato, prima di farci i camion, poi ci siamo fatti i camion e siamo andati in cascina, e poi dopo Milano siamo ritornati a Bologna al livello che ci ha aperto le porte. Quindi c'è la base sempre però gli altri hanno la casa nei camion, mica hanno l'appartamento, e poi addirittura ti dico che adesso, mentre prima avevamo uno o due camion e li usavamo a casa e impianto, ora invece abbiamo ognuno il suo camion e poi abbiamo il camion per il trasporto, proprio, perciò è proprio diventata, che adesso praticamente quelli sono quasi tutti case, e uno, quello lì scoperto, dai, è quello con l'impianto. All'inizio abbiamo fatto sempre così, che fai?, che sei in tanti allora ti dividi le casse, ci sono venti casse, te ne prendi tre casse a testa, su ogni camion." (Intervista a Luciano).

L'unica vera differenza, se dovessimo scegliere di dare una categoria sociologica ai partecipanti per definire le differenze tra gli attori del rave, quindi sta nella maggiore o minore partecipazione al "movimento", e quindi tra organizzatori e partecipanti. Ad una estremità troviamo i ravers più operosi e attivi nell'organizzare le feste: le tribes, all'altra estremità mettiamo i ravers "del sabato sera", o chiamiamoli pure "adepti dello sballo", cioè le persone che frequentano questi luoghi con una modalità di consumo simile alla discoteca. Tra i due poli però esistono una infinità di categorie di partecipanti alle feste, tanto che la caratteristica principale dei ravers è la molteplicità o pluralità. All'interno del continuum tra un polo e l'altro, vicino alle tribe possiamo includere per esempio le persone che che danno loro una mano pur non facendone parte ufficialmente, oppure chi si occupa della distribuzione dei dischi, ma i tipi di fruitori del rave sono talmente vari e disparati che non ritengo opportuno creare delle categorie, dei ruoli o degli status quando proprio questo genere di cose si è cercato di abolire all'interno della scena.

"E' che chi fa il rave porta l'impianto e mette la musica e chi partecipa se la balla, però alla fine dei conti sono tutte e due parti della stessa storia, perché non puoi fare raves senza la gente: senza i ravers, e non puoi fare i raves senza il sound system.". (Intervista a Luciano).

Victor Turner, ne "il processo rituale" (Turner, 1972, pag.112) , sostiene che gli attributi della liminalità o delle persone liminali (persone limite) sono necessariamente ambigui, poiché questa condizione e queste persone sfuggono o scivolano tra le maglie della rete classificatoria che normalmente colloca stati e posizioni nello spazio culturale. Gli esseri liminali non sono né da una parte né dall'altra; stanno in uno spazio intermedio tra le posizioni assegnate e distribuite dalla legge, dal costume, dalle convenzioni e dal cerimoniale. In quanto tali, l'ambiguità e l'indeterminatezza dei loro attributi trovano espressione in una ricca varietà di simboli nelle numerose società che ritualizzano le transizioni sociali e culturali. La transizione diventa una condizione permanente.

Uno degli aspetti del rave è il fatto che all'interno di essi si può sperimentare e mettere in atto l'abolizione della società delle classi, perché vi partecipa sia lo studente che il muratore come l'ingegnere o il designer, e dei ruoli, le gerarchie sono eliminate o trasformate creando tessuti di vissuto caotico al ritmo della musica e della danza.

"In teoria, dovrebbe essere proprio il posto dove si abbattono completamente quelle che sono le aree, le fasce, le tribù, le appartenenze e tutto quanto, e in questa TAZ di liberazione liberata conta solo la musica, il ballare, l'espandersi e il rapportarsi.dovrebbe essere un momento così." (Intervista a Stek)

Questa dopotutto è una caratteristica tipica del rituale e della cerimonia durkheimiana, in ogni rituale, anche quello del tifo calcistico per esempio, si tende ad abbandonare ogni appartenenza che si ha nella vita quotidiana per condividere altri tipi di appartenenza durante il cerimoniale. Nel rave il suono definisce lo spazio delle relazioni muovendo pensieri e corpi. Si può constatare però che la maggioranza dei ravers sono in una posizione sociale incerta (è il caso di chi ha una professione libera, spesso creativi, o impiegati nelle net-professioni, o di chi fa lavori provvisori, precari) oppure sono in piena costruzione (è il caso degli studenti che non hanno ancora una identità socio professionale, o di chi si sta appena avviando al lavoro). Alcuni sembrano attribuire alla festa un carattere unicamente ricreativo mentre altri vi trovano una strategia di "riconversione sociale discendente". Il free party può dunque essere considerato come uno spazio sociale nel quale ogni partecipante si costruisce una identità e adotta un ruolo definito in funzione della maniera in cui ne è coinvolto.

"Con le feste ti campi di impianto, ti campi di camion, ti stai ad alzare qualche soldo, chi non fa business campa con quello, quindi o business, o feste, bar, cose così, oppure coi dischi, pure prendi qualche soldo quando fai i dischi, fai un po' di cassette, le magliette, il merchandising, ma lo sai che sempre quelle sono le cose, alla fine, però nessuno campa in verità solo coi dischi, chi è sto musicista che può farlo, forse Simon (ex Spiral) che camperà coi dischi forse. No? Forse. Come fai? Perché anche se vendi mille copie, non è che fai tanti soldi. Cioè alla fine fai il musicista indipendente, però mica tutti fanno business, non è vero che tutti fanno business. Eh? E' una cazzata, molta gente è senza una lira e campa con le feste, e con quello che fa. C'è pure qualcuno che fa qualche lavoretto provvisorio e non dimenticare che Inghilterra e in Francia ci sta l'assistenza sociale e tutti prendono l'assistenza sociale, ragazzi! Hai capito, in Italia non c'è l'assistenza sociale, in Francia e Inghilterra tu quelle seicento settecento mila lire al mese di base ce le hai, per mangiare e per bere. Poi è normale, i vizi te li paghi con altre cose, però una base tu ce l'hai comunque. E comunque non è vero perché quando tu fai una festa è anche un bel business, se tu la sai fare la festa e la fai grossa, già di cassa, anche se fai una sottoscrizione da 5000 lire, da due euro, e fai pagare le birre e le cose a prezzo politico tu comunque qualche milione lo alzi, se tu non hai grosse spese; se l'impianto già l'hai pagato, arrivato a un certo punto è normale che i soldi vanno a guadagno. Vanno a guadagno e servono a campare alla tribe, che sono sempre una ventina di persone almeno. Quindi anche se hai guadagnato 5 milioni, che sono? .sono 500 mila lire a testa al massimo, e ti fai due settimane. poi l'hai visto com'è. Certe volte tu le feste le fai per il piacere di fare la festa." (Intervista a Luciano)

I differenti modi di coinvolgimento possono essere per esempio quello del festaiolo, la cui introduzione consiste nell'imparare una savoir-faire particolare e rispettare un certo numero di valori e pratiche. L'acquisizione di questo "ruolo" richiede un certo grado di implicazione e identificazione agli eventi. Il ruolo del "turista" che non sembra essere alla ricerca di un ruolo particolare e sembra frequentare questi luoghi piuttosto con uno spirito ricreativo. Ma tra i ravers in generale esiste una moltitudine di ruoli tali quello del commerciante, del pusher, dell'intrattenitore di amici, del viaggiatore, dell'organizzatore, del DJ, del partecipante abituale, dell'amico del DJ, del disegnatore di teli, del venditore di dischi, del commerciante di abbigliamento o di gioielli, del tecnico del suono, del sound system (gruppo di individui intorno ad un materiale di sonorizzazione e che viene a montare l'impianto nelle feste selvagge e nei teknival). Ognuno ha quindi la possibilità di esistere e di evolversi in questa "scena sociale", e avere il sentimento di appartenere a una comunità della quale i fondamenti si basano su una ideologia particolare.

"Hai presente T.A.Z.? Cioè ogni festa che viene fatta e riesce, è una zona che rimane a sé, tu quando ti ci inserisci la puoi prendere in diecimila modi, io all'inizio me la sono presa nel modo che mi veniva, poi riuscendo a capire un attimo le cose e conoscendo un po' di gente arrivo al punto di poter dire: per me la festa è importante perché si crea una situazione che altrimenti non si riesce a creare. E poi non è che deve rimanere là in quell'ambito e basta, si può creare anche in un altro luogo e modo, però alla fine la cosa bella è che, rispetto anche chi può usufruirne e basta; se tu a una festa vai e sai che ci metti il tuo: io tante volte non so se l'hai visto, mi metto a dipingere (graffiti) faccio le mie bazze su e giù, faccio qualche tag, prendendomi bene riesco a ricordarmi quello che ho messo io in una festa. In una festa non è che vuol dire che sei là e non pensi a niente e ti diverti e basta, sei là che se riesci ti prendi bene e crei qualcosa." (Intervista a Miro)

Cosa accomuna individui così diversi? Forse la volontà di evadere, di capire, di conoscere qualcosa di nuovo, di partecipare al raduno/rave ma non come fan . Il raver cioè non è (ancora) identificabile come acquirente da strategie di mercato. Il fan appunto, come affezionato dell'artista o di un determinato genere musicale, è in primo luogo un'acquirente di dischi. La techno e tutte le sottoetichette rappresentano un settore in controtendenza del mercato discografico. Mentre si è ormai da tempo imposto il CD come supporto - formato privilegiato, i mix di musica techno vengono venduti prevalentemente in vinile; questi non sono facilmente reperibili perché il numero di copie stampate è piuttosto basso in quanto costituiscono un "esclusivo" strumento di lavoro per i DJ's, i quali anche quando sono essi stessi produttori di musica, devono fondamentalmente lavorare dal vivo per esprimersi al meglio. La produzione di musica è legata al contesto del rave, situazione riproducibile all'infinito anche a livello immaginativo: ciò che conta é l'immediatezza dell'efficacia ritmica delle tracce sonore, anche per le versioni più estreme e rumoriste di techno. La cassa della batteria elettronica è l'elemento di continuità, il perno di questa musica.


FORMER PIONEERS IN NANOBEAT DEVELOPMENT AND CREATING MUSIC FOR THE MOMENT , WE AT THE AUDIOTRIX PRODUCTION LOUNGE NOW FEEL THE NEED TO PRESERVE OUR AURIC WORKS FOR FUTURE GENERATIONS AND MAKE IT AVAILABLE
FOR ALIEN NATIONS.

WE ARE THEREFORE RESEARCHING METHODS OF ENCAPSULATING AND PROJECTING THESE AUDIOTRIX
CANISTERS INTO THE UNKNOWN.

SIMILAR CAPSULES WILL BE VACUUM SEALED AND DIISTRIBUTED WORLDWIDE FOR CHOSEN INDIVIDUALS TO SAFEGUARD FOR THE FUTURE TO BE REDISCOVERED THOUSANDS OF YEARS
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Figura 1 : manifesto dell'etichetta indipendente Audiotrix, creata da Ixindamix, una DJ ex membro degli Spiral Tribe.

In secondo luogo il raver non è uno spettatore, non è assimilabile allo spettatore del concerto; il rave rappresenta il superamento della performance "live", la quale prevede la presenza di uno o più protagonisti sul palco e di un pubblico che si gusta l'esecuzione.

L'esecuzione musicale assume durante il rave valenze del tutto diverse, il DJ manipola musica registrata, di solito la consolle è molto più "nascosta" rispetto al palco, la folla non si è radunata per guardare verso l'esecutore musicale, semmai per guardarsi, quindi per farsi guardare. Tradizionalmente la canzone è costruita formalmente attorno al testo, assegnando così un ruolo predominante alla comunicazione verbale. La parola ha assunto invece nel rave sempre più valore di puro suono: la tecnologia elettronica permette di ricreare, di campionare, di decontestualizzare la voce umana e nella techno la parola è andata progressivamente scomparendo, favorendo lo sviluppo di modalità comunicative meno facilmente definibili. Nel 1990 in un pezzo prodotto a Londra (" Maggie's last party", Very Important Minister ) uno degli ultimi sproloqui come ministro in carica di Margareth Thachter contro gli acid-parties veniva campionato, spezzato, ripetuto diventando un eccitante sproloquio a favore delle feste illegali. La condivisione dell'eccitazione (determinata dalla prestazione dei musicisti) tipica della situazione del concerto si trasforma nel rave in un moltiplicarsi esponenziale di inputs, di stimoli che si riproducono; ognuno è protagonista ricevendo e trasmettendo energia.

"E poi la musica tekno è tutto un viaggione, tutto un discorso dall'inizio alla fine, che tu crei, e poi è molto condizionato appunto dalla gente, perché a seconda della gente che c'è e della vibra c'è al party parte la musica e la festa, cioè è tutta una cosa.è una spirale, perché la musica dipende dalla gente, la vibra dipende dalla musica, la gente dipende dalla musica.no? E' una spirale, se c'è brutta gente è difficile che venga bene, perché c'è bella musica ma è un brutto party, e viceversa se c'è brutta musica e bella gente è un brutto party. E' tutto un dare e ricevere." (Intervista a Luciano)

In questo contesto la musica finisce per costituire un sottofondo. Musica di sottofondo che esplode, musica creatrice di immaginari irreali, portatrice di immagini, capace di lasciare un maggiore margine creativo alla fantasia del corpo e della mente di chi ascolta, aiutato dal supporto di uno spazio sonoro. Le colonne sonore dei films, degli spots pubblicitari televisivi e radiofonici, i motivetti elettronici dei videogames, la musica ( muzak ) per ascensori, per supermercati, per piscine e quant'altro, hanno un referente obbligato: servono ad accompagnare un prodotto commerciabile o un momento che rientra nella gestione dell' attività produttiva (la stessa new age che sembra fatta apposta per liberi professionisti giovanili e stressati). Affrontare la valutazione dei margini residui di creatività artistica è un'altra questione, comunque credo che la colonna sonora di un film è tanto più evocativa quanto meno è vincolata alle immagini, agendo cioè parallelamente, in contrappunto rispetto ad esse.

"In realtà non sento il bisogno di mettere il mio nome sul disco per venderlo se ritengo che sia della buona tekno. E poi mi piace lasciare che sia la gente ad indovinare. In questo momento siamo impegnati nel progetto di ricerca Nanobeat in cui stiamo usando una combinazione di tecnologia musicale ed esperimenti scientifici per creare nuove sonorità con impronta biologica, il Nanobeat, appunto. Se volete saperne di più visitate il nostro sito o comprate il disco "The psychedelic soundlabz". Il titolo del disco deriva dai primi esperimenti in laboratorio in cui abbiamo improvvisato questi pezzi". (Intervista a Ixi, musicista donna legata agli Spiral Tribe, realizzata da MasterBlaster. (2)

(2): intervista a Ixy.

Il riciclaggio , la frammentazione di questi suoni, dall'avvento del campionatore e ancora prima delle tecniche di "taglia e cuci" con i giradischi e i mixer, dà loro nuova vita: se accostati a rumori ambientali e appoggiati sopra una scansione ritmica predominante nella sua costanza, operano in maniera più sotterranea, creando effetti di feedback emotivo spesso subliminale. Tutti i suoni sono utilizzabili. La diffusione di tecnologia, anche quella più "bassa", costituisce un'occasione di vendetta contro le labels detentrici del mercato musicale, e un occasione di espressione per il raver intraprendente. Il riciclaggio dunque qui assume carattere politico. Tutto nel rave è imperniato sul concetto di distorsione e re-cycle. La techno è un laboratorio di sperimentazione tanto potente da rompere finalmente tutte le definizioni dei pennivendoli musicali. e la sua capacità distruttiva si enuclea soprattutto nella rottura del concetto di spazio/tempo.

"Era infatti da una critica al sistema consumistico e ad una logica di mercato che il rave nasceva come centro propulsore di una nuova forma di contestazione. Situato agli antipodi dei procedimenti di produzione, di merci prodotte all'interno delle fabbriche tardo capitalistiche, le feste illegali, attraverso l'attuazione delle TAZ e di forme comunicative sperimentali, rappresentarono fenomeni sociali di guerriglia urbana del tutto inusuali e che fanno della gioia un crimine contro lo stato" (Del Ferraro, 2001)

Anche se, adesso che il fenomeno si è allargato a dismisura la tecnologia in uso al rave e la sua accessibilità rischia di portare alla proliferazione impulsiva di molti sound system che, spinti dall'effervescenza a volte dimenticano i presupposti e i valori essenziali, per lanciarsi in iniziative che risultano squallide imitazioni di un modello di rave che si crede debba essere il tipo standard, ma che invece impoverisce lo spirito di liberazione peculiare di queste feste rave e non presta attenzione, non gratifica e soprattutto non è rivolto all'ascoltatore, come invece dovrebbe essere.

"Adesso è impossibile, se non complicatissimo che la realtà delle feste si possa sviluppare, per il semplice motivo che ormai la festa è stata standardizzata, per cui tu ormai, non ragioni per l'obiettivo che hai ma ragioni per un prodotto che proponi, cioè in realtà ormai c'è un canone di musica che deve essere suonata alla festa, c'è un canone di situazione e di ambientazione della festa, con tutte le sfumature del caso, ma uno che è estraneo a questo ambiente non le vede. [.] Per cui non c'è più la ricerca: una situazione in cui tu, il tuo obiettivo è la realizzazione di una certa opera, come può essere quella acustica, dell'impianto montato in un certo modo, o della musica suonata di un certo tipo, come può essere della performance fatta in un certo modo e dell'allestimento costruito in un certo modo.non hai più quello come obiettivo [.] la spinta, la motivazione del singolo individuo che ti porta a creare questa situazione. Nel momento in cui questa cade, e quello a cui il gruppo, nel caso specifico le tribes -tribes fra virgolette perché non ci sono più tribes- [..] ormai il gruppo di persone non punta più a degli sviluppi individuali, anche artistici, ma punta in realtà a proporre un prodotto, a proporre una cosa standardizzata (per il semplice motivo che ci vivono con questa cosa), nel senso: vivendoci, loro hanno bisogno di ricreare una certa situazione, perché sono entrati in un sistema, per cui la loro fonte di sostegno e la loro fonte di guadagno è la festa, l'evento. L'evento non è più fine a se stesso ma è finalizzato a portare avanti una certa cosa come può essere anche semplicemente doversi riparare l'impianto per farlo suonare alla festa dopo, cioè tralasciando il fatto del dover campare e mangiare tutti i giorni e se mi spacco un dente andare dal dentista.[.]

Noi adesso proponiamo una cosa che può fare chiunque, tant'è che uno dei problemi dell'ambiente qual è: quello che chiunque mette giù quattro casse per terra suona e fa una festa, e si è perso il gusto appunto del particolare, della festa, della ricerca o dello stile, cioè creare una bella situazione. [.] Questo è attaccamento a delle strutture, loro non stanno più suonando per il gusto di suonare perché gli piace l'hip hop o la tekno, loro stanno suonando perché vogliono fare la festa.

Io quando mi sono slegato un po' nell'ultimo periodo dalle feste ho riscoperto il gusto di suonare perché voglio suonare, voglio la ricerca del suono, se a livello individuale non c'è questa cosa tu non la respirerai mai di nuovo in una festa, non la ritirerai mai più su una festa nel rispetto del concetto che abbiamo noi di festa.da una situazione di TAZ come era all'inizio, perché all'inizio era così, perché chi faceva i party non è che nella vita faceva i party, no, erano dei travellers ma ogni tanto mettevano giù quattro casse e facevano una festa, anzi, di solito coincideva con dei festival vedi teknival che si fanno negli equinozi o solstizi.

Da questa situazione col tempo, con tutti questi meccanismi e tutte queste influenze e mal interpretazioni di principi [.] si è passati da una situazione di TAZ in cui la gente faceva quello, puntava alla TAZ, puntava all'evento, puntava alla situazione, siamo passati alla situazione di un gruppo di persone che presenta un prodotto, un gruppo di persone che non vive la situazione come una TAZ vera e propria, ma vive o tenta di vivere in una situazione di TAZ costante che è di per sé impossibile, nel senso che è una contraddizione.

E così il perpetuarsi delle feste negli stessi posti di settimana in settimana hanno portato alla caduta di determinati principi, all'abbandono e addirittura al rifiuto di questi, perché una volta c'era una sorta di ricerca del benessere dell'individuo. Comunque al centro, il discorso è che al centro c'era l'individuo, cioè tu dovevi stare bene, dovevi stare bene tutti assieme, e dovevi stare bene a creare una certa situazione. Così è stato per le feste finché si è mantenuta una situazione di TAZ, finché non si è inseguita una situazione costante, quando è diventata una ricerca di un modo di vivere con in più la perdita di tutti questi principi e di tutta questa centralità dell'individuo e del piacere individuale è diventato una sorta di presa di posizione nei confronti di determinate situazioni, è stata una sorta di.cioè si è cristallizzato in una sua posizione l'ambiente delle feste, le persone più che altro, in alcune persone legate all'ambiente delle feste e si è creata una situazione statica, cioè una situazione in cui tu cercavi costantemente di riproporre una determinata situazione. (una sorta di moda) . (Intervista a Krack01)

Il rave rappresenta a suo modo la realizzazione di ipotesi di ricerche da lungo tempo sperimentate. Mentre i compositori del passato intendevano comunicare un determinata impressione estetica, e per farlo miravano alla chiarezza, subordinando il dettaglio alla melodia e al ritmo di ampio movimento, con un apporto accuratamente sfumato tra certezze e ambiguità, gli autori d'avanguardia preferiscono la saturazione e la prolissità dei fenomeni musicali con la finalità di cancellare le proprie tracce e quindi di creare quello che può essere definito un effetto magico. Questa musica va percepita istantaneamente in uno stato di shock creato da alterazioni rapide o in stati quasi onirici creati dall'estensione apparentemente senza fine di schemi pressoché identici che si ripetono costantemente. La musica deve circondare costantemente l'ascoltatore, eliminando così il divario convenzionale tra emittente e destinatario. Alcuni ritengono che il suo effetto sia migliore nella musica registrata, con gli alti livelli sonori e gli altoparlanti di alta qualità impiegati, che estendono (e talvolta trasformano) le posizioni e la distribuzione dei suoni. L'ascoltatore è dunque materialmente immerso nel suono. Non è neppure richiesta un'attenzione esclusiva: il compositore spera di creare una nuova comunità, forse un nuovo mondo, e non di trasmettere informazioni specifiche.

L'etimologia del termine "rave" deriva dall'inglese to rave (farneticare, delirare) e anche dal francese antico raver, rever (vagabondare, delirare, sognare) che efficacemente connota lo spirito comunitario e di fusione di queste feste (Torti, 1997, pagg.38-43). Rave significa quindi delirio, o estasi. L'estasi, l'uscire fuori dal sé , dalla propria stasi (dal greco ékstasis), termine che per molte tradizioni filosofiche e religiose indica lo stato di comunione trascendentale raggiunto col divino. Ma la comunione nel rave è in realtà di ordine terreno, sociale: condivisione di uno stato psichico, solidarietà empatica, aiutata dall'ecstasy, fra i partecipanti alla danza, perdita della propria individualità verso una sorta di condividualità: consapevolezza di essere già "gli altri", comunismo della psiche. Non a caso il sostantivo rave, nato per designare uno stato psichico individuale, abbia finito per identificare un evento pubblico (Natella-Tinari,1996, pag.7) .

"Il rave, attraverso l'esperienza dell'ebbrezza collettiva, crea un annullamento temporaneo delle identità e dei ruoli consolidati, suggerendo la necessità di una loro ridefinizione" (Pol G, in Natella, Tinari, 1996).

Si delinea una nuova dimensione della socialità e della musica, del tempo e dello spazio, del lavoro e della vita quotidiana; si profilano nuove attitudini al neotribalismo e al nomadismo psichico. "L'idea è puntare sulla deindividualizzazione, che non vuol dire annullare la propria personalità, ma uscire dal contesto, cercare per quanto possibile di liberarsi dalle sovrastrutture accumulate. Sorridere, provare comunanza o comunione, con chi è lì con te. Si balla come durante un rito di comunione tribale"(Bagozzi, 1996, p.114).

Nel cuore della festa si ricrea il legame sociale. All'interno di una folla eterogenea la festa fa rinascere un accordo, una solidarietà, un valore comune. Essa si oppone all'indifferenza della massa, all'esperienza quotidiana della solitudine dell'uomo che si nega fino a non esistere più. Certamente il rave in quanto evento non farà rinascere la comunità, perché il rave è solo il rituale del raduno, ma permette alle tribes e a tutti i fruitori del rave di sentirsi di nuovo vivi. I ravers non hanno un dio comune, sono soli nel loro delirio , soli nella loro trance anche se essa è collettiva. Ma le loro esperienze sono abbastanza vicine da sentirsi insieme, in accordo, da poter scambiarsi, essere presenti gli uni agli altri, senza parlare, durante la festa.

Se guardiamo i raves dall'esterno, con gli occhi di una persona che per la prima volta guarda il fenomeno esteriormente, l'esperienza appare individuale, e sembra riflettere la nostra epoca, senza comunicazione; si dice anche che i ravers non hanno ideologie, che la loro festa è priva di senso. Ma la rivolta più sottile si esprime anche attraverso il rifiuto del linguaggio stesso. In questo ritorno alla "festa-transe" si esprime la contestazione di una cultura che poggia su delle ideologie alle quali nessuno crede più. L'universo del discorso è rimpiazzato da quello delle vibrazioni e del ballo. La festa - atto gratuito - si oppone al culto del "produttivo". Sfugge al razionalismo, riallaccia con il sacro selvaggio un'essenza, e nello stesso tempo riconcilia l'uomo col suo ambiente industriale, tecnologico morto. La festa abolisce la rotture tra vivente e artificiale. Nei suoi spazi re-incantati il raver sente di esistere una nuova volta (Fontaine, Fontana, 1996).

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