... continua capitolo secondo
2.3 LE TRIBES: dai travellers ai ravers, il neo-tribalismo
"Il BBS (1) è un accampamento di guerriglieri ontologici: colpire e fuggire, mantenere l'intera tribù in movimento, anche se si tratta solo di dati nella rete... Viaggiatori psichici spinti dal desiderio o dalla curiosità, non legati a nessun particolare tempo o luogo in cerca di diversità e avventura... Questi nomadi tracciano loro percorsi con strane stelle, che possono essere luminosi gruppi di dati... Ma perché il BBS raggiunga il pieno potenziale, deve divenire meno una questione di combustione spontanea e più di "isole nella rete ". Hakim Bey, 1993
(1): BBS e' un'abbreviazione che sta per Bulletin Board System, letteralmente significa Sistema Bacheca Bollettini. Inizialmente infatti i BBS nascono come bacheche telematiche sulle quali poter leggere e scrivere messaggi od avvisi, è un sistema telematico, ad accesso telefonico, tramite il quale i membri si possono scambiare messaggi di posta elettronica, partecipare a gruppi di discussione e scaricare files. Con le nuove tecnologie informatiche però i BBS si sono evoluti, ed ora chi accede ad un BBS vi può trovare non solo messaggi ma anche archivi di documentazione e ricche librerie di programmi di qualsiasi tipo. Da un punto di vista fisico, una BBS (``Bulletin Board System'', all'incirca "sistema [elettronico] di bacheca porta-avvisi'') è costituita da un computer non presidiato, governato da un apposito programma che, attraverso un modem, risponde alle chiamate esterne. Da un punto di vista funzionale, invece, la BBS è una sorta di banca per lo scambio di informazioni. Nati come sistemi locali, i BBS si sono nel tempo integrati con le reti internet, i siatemi FTP e altri servizi globali.La BBS qui è assunta a simbolo della comunità virtuale libera.
«In Inghilterra stanno nascendo da poco come feti maligni del seme sparso da gruppi di ravers i quali hanno tagliato tutti i ponti con l'appartenenza territoriale riunendosi in "tribes" vivendo in movimento su furgoni e camion per seminare vibrazioni libertarie di technodisordine attraverso l'Europa e oltre. Questo ha permesso la creazione di più scene diverse nella formazione di travellers e ravers».
Questo passo, tratto da Aritmie Cronotopiche (Alter8, 1996), spiega la nascita delle tribes. Le tribes sono gruppi di ravers che hanno deciso di dedicare la loro vita alla diffusione del techno disordine: traspare una concezione comune a chi conosce il fenomeno ovvero una precisa consapevolezza di completa eguaglianza alla base degli attori partecipanti al rave. Le tribes non sono composte da techno- guru o da maestri spirituali ma semplicemente da raver intraprendenti. Raver e DJ sono entrambi protagonisti della scena. I raver non avrebbero senso di esistere se non ci fossero questi gruppi di DJ a fomentare il techno disordine, a propagare il virus della techno. Le techno-tribe, allo stesso modo, non esisterebbe se non ci fossero gli utenti a rendere viva la scena.
Le tribes sono costituite da "gipsy della modernità" che si spostano continuamente per portare a termine la loro missione. Sono la faccia pubblica del movimento. Sono coloro che impersonificano i "nomadi psichici" postulati da Bey o gli abitanti della New- Babylon di Constant. Il nomadismo psichico è definibile come
«abbandono dalle appartenenze familiari, nazionali, geografiche, di gruppo politico, di identità rigorosamente intese come appartenenza esclusiva in senso ideologico, alla ricerca di nuove possibilità nella costruzione dei rapporti umani e nei confronti del potere» (Bey, 1993, pag.5).
Entrare a far parte di una tribe non è frutto di un'imposizione sociale, non è risultato dell'emarginazione sociale, non è dettato dalla necessità: è frutto di una scelta che, a seconda delle opinioni, diventa un atto di pubblica utilità. I membri delle tribe sono i nuovi gitani che preferiscono la vita comunitaria e la peregrinazione all'accettazione del comune modo di vivere. I furgoni diventano case e scuole, "ristoranti", negozi, uffici o solamente contenitori di strumenti musicali. Le feste diventano raduni in cui la comunità si ricostituisce. Nella società postmoderna si pensa che il lavoro debba rendere liberi e non schiavi. La piccola imprenditoria è la regola. Il computer consente di mantenere in vita la rete . Si parla di network-attitude.
".siccome il discorso è che al rave non è che c'è tanta distinzione tra il musicista e il pubblico, alla fine, no? Quindi ho conosciuto di persona tutti quelli che facevano i rave, mi ci sono trovato bene e tutto quanto e mi hanno insegnato un po' a suonare pure, e poi mi sono ritrovato con gli amici, che erano un gruppo di ravers che andava alle feste, e abbiamo detto: "perché non facciamo pure noi un sound?". E così abbiamo "accucchiato" i soldi, e ci siamo comprati le prime casse, poi abbiamo iniziato ad affittare il sound, per le prime feste avevamo comprato che ne so: 2-3000 watt.[.] Abbiamo comprato quest'impianto, poi a poco a poco, niente, abbiamo iniziato ad affittare l'impianto da Jay dei mutoid che ci ha dato un sacco una mano le prime feste, ci affittava l'impianto a quattro soldi, così abbiamo potuto fare un po' di lire pure noi per farci il nostro impianto. E poi col tempo la tribe si è espansa, abbiamo iniziato costruirci le casse, e così sono passati un poco di anni e niente. alla fine sai cos'è? Che siamo stati uno dei primi gruppi tekno in Italia, a fare la techno, a fare questa musica, con gli Ols-tad, c'erano prima gli Olstad e poi ci siamo stati noi...". (Intervista a Luciano)
La tecnologia e la sperimentazione vanno di pari passo col recupero di ciò che già esiste mentre il modello di vita sembra essere semplicemente un residuo dei tempi passati. Il tribalismo è un rifugio nel passato che mal si concilia con il balzo nel terzo millennio. Il recupero del passato ha un valore solo quando lo si interiorizza per superarlo, non per arenarvisi. La tribù è una realtà fondamentalmente chiusa, ripiegata su sé stessa, sorretta da regole e rituali. Quello che invece si è formato nell'ambito delle tribes e dei raggruppamenti di ravers è una rete di comunità aperte, fluide, flessibili, in cui uomini e idee possono muoversi secondo il principio dei vasi comunicanti, in perpetua osmosi tra il dentro e il fuori. Qualcosa che assomiglia maggiormente al concetto di enclave, di kibbutz postmoderno e multietnico.
"Il rave non è un fenomeno così noto, anche se si sta massificando piano piano, appunto con tutti lati negativi della cosa, però è ancora comunque una cosa underground.tipo: tutti lo sanno però in realta' è una cosa tipo per sentito dire in un certo senso. In realtà la gente che lo fa veramente anche se molti sono anche insospettabili, in realtà hanno un forte senso di appartenenza e ci si riconosce in qualche modo: "ah, tu vai ai rave", ci si dice, "ah, ok", allora capisci quella cosa che pochi capiscono e che ai più sembra solo un rumore fastidioso. Ed invece è tutto un mondo di riti, di emozioni, sensazioni, cose così, si vive una solidarietà un po' più.è chiaramente un fenomeno un po' tribale, cioè comunque c'è una forte ispirazione in tutto ciò e quindi di appartenenza, dunque di solidarietà verso il gruppo e quindi di condivisione delle cose e poi voglio dire è un fenomeno migrante perché si va a Torino, si va a Bologna, si va a Roma, si va in Francia, in Olanda, Svizzera, in Spagna.e ci si ritrova.no? Sparsi per il mondo, e quindi hai la forte sensazione di far parte di una comunità comunque." (Intervista a Stek)
Fondamentale nell'esame di questa particolare categoria di individui, risulta essere il nome: tribe =tribù. Cosa è una tribù? In antropologia, questo termine contrassegna un tipo di unità sociale determinata, in possesso di una relativa omogeneità culturale e linguistica. Ancora più rilevante è il fattore territoriale. Il termine tribù non sottende una unità territoriale, perché, non è raro trovare sottogruppi facenti parte di una tribù, stanziate in aree relativamente lontane l'una dall'altra. Il territorio delle tribes e dei raver stessi supera i confini nazionali, generalmente le tribes non conoscono o dimenticano, intenzionalmente, il riguardo dovuto alle appartenenze nazionali.
"I TMS sono formati da - mo' di fissi - di membri originari proprio che l'abbiamo formata siamo rimasti 5 o 6, fissi, ma la tribe non ha un'origine geografica: ci siamo accucchiati a Bologna. Quello c'è da dire, che ci siamo messi insieme a Bologna, cioè si dice che la TMS è un sound di Bologna, però non è che il sound è di Bologna in verità, perché nessuno è di Bologna, manco uno. Non c'è una distinzione geografica nelle tribes, il rave non è italiano anche se in Italia i raves sono diversi però hai visto pure sabato scorso a Lecce no? Stavamo là in pineta ma potevamo stare ovunque. in verità. Tutti insieme. " (Intervista a Luciano)
Lo stile di vita dei nomadi tradizionali è ormai pressoché scomparso ma può rivelarsi ancora un'utile fonte di ispirazione e riflessione. La cultura rave crea nuovi nomadi, recupera i valori dell'erranza tradizionale per integrarli nella complessità del presente, dove le esigenze del vivere si mescolano all'uso sempre più massiccio e irrinunciabile delle nuove tecnologie.
L'unità di base dell'organizzazione sociale fra le popolazioni nomadi tradizionali era il clan familiare allargato. Più gruppi di questo tipo collegati gli uni agli altri da un principio, danno vita a una tribù, al concetto classico di tribù. Altra cosa sono quelle forme di aggregazione sociale quali le tribes formate da ravers (riscontrabili soprattutto nelle periferie urbane) che danno vita a "fenomeni di tribalizzazione". Sicuramente la perdita dei punti di riferimento istituzionali (la famiglia, il partito, la scuola, la professione, lo status) e la conseguente disgregazione sociale portano i singoli individui a ricercare il perduto senso di identità nel senso di appartenenza a un gruppo, a una tribù. Le occasioni di contatto sono le più disparate, le nuove tribù sono tante e multiformi, nascono e muoiono nell'arco di un mattino. Si aderisce all'una o all'altra per una comunanza d'intenti o di interessi, non per qualche obbligo sociale: luogo di provenienza, status, razza, età, non sono più i criteri determinanti per far parte di un gruppo o per formarlo. Stiamo passando da una società d'appartenenza a una società d'adesione. Tra le tribù di ieri e di oggi, i raver che si costituiscono in tribù si muovono come "nomadi globali", e tendenzialmente si spingono oltre. Quello che i raver ricercano è una rete di comunità aperte, che vada oltre la realtà fondamentalmente chiusa della tribù, comunità aperte, flessibili, in cui uomini e idee possano muoversi secondo il principio dei vasi comunicanti, in perfetta osmosi tra il dentro e il fuori. Si ritorna quasi al concetto di enclave , di kibbutz postmoderno e multietnico.
Certo anche queste cittadelle dovranno poggiare su un complesso di regole da tutti accettate; ma l'organizzazione (amministrativa) di una comunità non ha nulla a che fare col libero scambio delle idee e dei saperi, non impedisce al singolo di organizzarsi la vita a piacimento, secondo il proprio credo religioso, le proprie usanze, gli interessi e le affinità elettive del momento. Da qui emerge una sorta di tolleranza generalizzata, in cui si accetta di coabitare con l'altro nella misura in cui quest'altro non intende imporre i suoi propri valori. Inoltre, in una comunità di membri auto-responsabilizzati, liberi di aderire alle sue regole o di andarsene altrove, anche le leggi (amministrative o consuetudinarie) possono venire messe in discussione. Persino la fisica, con la geometrie dei frattali e la teoria del caos ha accettato di mettere in discussione le sue leggi assolute.
"Forse il rave è la T.A.Z., nasce e muore continuamente, ed è quello che i fatti hanno dimostrato che è; io pensavo che al rave la gente si svincolasse da certe dinamiche, e comunque lo fa ma che poi ne avesse dei benefici anche dopo, dopo che è finita la festa. Invece non so fino a che punto. cioè sicuramente ti cambia il rave, sicuramente hai una visione più liberatoria e libera della vita, che ti porti dietro, però non lo so, io credo che nasca e muoia." (Intervista a Raffaella).
Abbiamo, dunque, da un lato un processo di tribalizzazione comunque destinato a espandersi nel prossimo futuro: la crisi delle forme tradizionali di aggregazione e di identificazione sociale è inarrestabile; la tribù per tanto è l'unità di appartenenza minima a cui può oggi aspirare il singolo. Dall'altro si sta configurando una rete internazionale di comunità nomadi (enclaves) che potrebbe funzionare da cuscinetto mediatore e catalizzatore tra varie tribù. Sul piano politico le enclaves fanno parte della nazione che le ospita, ma sotto ogni altro profilo sono Permanent Autonomous Zones (2) che appartengono a tutto il mondo. Movendosi dinamicamente tra locale e globale, i nomadi del duemila rendono così visibile la nuova frontiera.
(2): Hakim Bey, techno-anarchico militante, ha portato oltre la sua di idea di TAZ arrivando a parlare di PAZ, cioè di realtà ben più stabili e concrete delle precedenti cittadelle più effimere nella loro essenza ma libere da ogni forma di autoritarismo e di costrizione burocratica.
Linguaggio musicale da un lato; la techno, sintetica e significativa per la sua sola essenza strumentale, abbatte le frontiere tra generi musicali (3) e si avvicina ai suoni delle culture non occidentali, basate sull'armonia e sul ritmo e non sulla melodia e linguaggio verbale, dall'altro, non hanno una precisa connotazione nazionale.
(3): La musica è per lo più strumentale: il significato dei suoni è generale, è cosmopolita, è internazionale. Sotto questo aspetto solo la musica classica e quella jazz hanno assunto le stesse caratteristiche di internazionalità raggiunte dalla techno. Non esiste un testo che sia passibile di interpretazioni ambigue dovute alle difficoltà di comprensione della lingua. Tutti gli altri generi musicali non possiedono la stessa capacità di sortire su tutti i fruitori lo stesso effetto. La techno parla un linguaggio universale. Paesi diversi, culture diverse ma stesso consumo, stessa lingua, stessi vocaboli.
«La comunione tra individui che danno e ricevono il rave è massima. I grandi gruppi di persone che vengono uniti da questi generi di musica- scrive Alvin Toffler- stanno creando una sorta di comunità telepatica, un legame che, si spera, sarà talmente forte da inserire il potere della visione all'interno della società» (Toffler, 1987).
Hanno un significato unico indipendentemente dai confini tanto da dimostrare la perfetta internazionalità del virus techno: tutto il mondo occidentale è stato "infettato". La mitologia legata alla nascita del movimento rave secondo cui questi raver stanchi della mercificazione del tempo libero decisero di creare un'alternativa liberata dai canoni del divertimento-pensiero preconfezionato non solo fa parte del patrimonio comune ma li rende anche forti della tradizione. Essi stessi sono la rappresentazione vivente dell'alternativa: alla fuga nell'Altrove contrappongono una missione, la volontà di cambiare la società esistente. L'azione da loro portata avanti, non è diretta, è trasversale. Serve a insinuare il dubbio che sia possibile una vita non omologata: mettere in piedi un'utopia sembra essere più facile che lottare per diffonderla. La tribe incarna la possibilità di sopravvivere pur astraendosi da questa «civiltà mediatica omologante, lobotomizzante, autoritaria e violenta»(Macarone Palmieri, 1999), la tribù sfugge l'omologazione, marcando la differenza, la libertà individuale e l'identità. Gli elementi aggreganti della tribù sono di tipo ideologico, politico, empatico e musicale. L' interesse si riflette nella profondità dell'esperienza, in una dimensione di vita con forte valore politico-ideologico. Mark Harrison, degli Spiral Tribe, intervistato da Simon Reynolds disse:
«Ci manteniamo nell'illegalità perché solo al di fuori della legge esiste una vita reale che vale la pena di vivere.[.] I rave sono fatti da gente che si costruisce la propria realtà» (Reynolds, 1998, pag.192).
La questione dell'illegalità è molto sentita dalle tribes come se, il vivere nell'illegalità, fosse una scelta ideologica, politica. I componenti delle tribes sono artefici del loro destino e vivono oltre la legge. "Sono fuorilegge, non criminali, perché i criminali sono vittime mentre i fuorilegge rifiutano l'essere vittimizzati" (Tom Robbins (4). In un certo senso loro vivono una nuova socialità, aspirano a un ritorno alla reale natura della società, intesa come il recupero dei rapporti espressivi a discapito dei rapporti strumentali, cioè ad una società che privilegia i rapporti empatici ed in senso turneriano nella prospettiva di una communitas , che oltrepassa l'aspetto utilitaristico e funzionalistico che prevale nell'economia circostante, vale a dire un'aggregazione tra le persone più simile ad una comunità piuttosto che ad una società. Si può forse parlare di una socialità naturale dove la comunicazione, verbale e non verbale, costituisce un lungo filamento che lega gli individui tra loro.
(4): Robbins, Articolo Introduttivo tratto dalla E-zine Cobalt. http://cobalt.freetekno.org/Intro.html .
(5): L'aspetto interessante nei fenomeni di liminalità è la mescolanza di umiltà e sacralità, di omogeneità e solidarietà che essi offrono. In questi riti ci appare un "momento dentro il tempo e al di fuori del tempo", dentro e fuori la struttura sociale secolare. E' come se vi fossero due modelli principali per i rapporti tra gli esseri umani, modelli che si affiancano e si alternano. Il primo è quello della società come sistema strutturato , differenziato e spesso gerarchico di posizioni politico-giuridico-economiche, con molti tipi di valutazioni, che separano gli uomini in termini di "più" o di "meno". Il secondo, che emerge nel periodo liminale, è quello della società come communitas , comunità o anche comunione non strutturata e relativamente indifferenziata di individui uguali. La communitas emerge là dove non è la struttura sociale. Comunità è il non essere più fianco a fianco di una moltitudine di persone ma l'essere l'uno con l'altro. La comunità è là dove si fa evento la comunità. La natura della communitas è spontanea, immediata, concreta, ed è contrapposta alla natura retta da norme, istituzionalizzata, astratta della struttura sociale. L'esasperazione della struttura può condurre a manifestazioni patologiche di communitas al di fuori o contro "la legge". (Turner, 1972, pag.141)
Il termine "natura", ricorrente nello studio della cultura rave, sembra avere un significato controverso se accostato alla tecnologia dei rave: natura vuol dire ritorno al primitivo, ancestrale, e sembra essere in contraddizione con la techno, mentre invece quest'ultima è primitiva per la ripetitività incalzante dei suoni che la contraddistinguono e perché crea suggestioni che sanno d'antico. Non possono essere ignorati i bagliori metallici presenti che possono avere lo stesso sapore di un cantiere in attività: il rumore dei martelli pneumatici non ha niente a che vedere con uno stadio di vita primitivo, ma evoca un futuro immaginifico di commistione tra natura della società e tecnologia. Questo concetto è illustrato meglio da Raffaella Del Ferraro quando analizza il credo mistico degli Spiral Tribe, dice:
"Come molti gruppi millenari, gli Spiral Tribe combinano alcune teorie cospiratorie (quella di Manson, degli Illuminati, ecc..) alle fantasie utopiche di un ritorno ad un paradiso perduto e, insieme a tutto il movimento dei free party, richiamano le profezie e le opere visionarie di Hakim Bey, soprattutto in riferimento a "Chaos: the Broadsheets of Ontological Anarchism"(1993) e a "T.A.Z."(1993).
In queste opere, Bey auspica la rinascita di una nuova "cultura festale" basata intorno al "jubilee concept" e all'"edonismo spirituale". La sua visione di un "paleolitismo psichico" basato sull'"High-Tech" è ripreso dagli Spiral Tribe, i quali parlano di un " ritorno alla natura " e alla " Terra-Tecnica ": solo la tecnologia sarà in grado di sbloccare l'energia primaria della Madre terra (Del Ferraro, 2001). Aztek, un DJ degli Spirals, dichiarerà sulla rivista "eternity":
[.] La sensazione è quella di sentirsi parte della terra e di ricevere da essa un segnale della sua energia" (cit. in S.Reynolds, 1998, p.138)".
Sempre Del Ferraro sostiene che i raves rivisitano il passato e le sopravvivenze tribali che faticano a rimanere a galla nel tempo presente della globalizzazione. Nel tessuto postmoderno della città, i ravers attuano una sperimentazione trans - culturale che si esplica in un rinnovamento incessante dei loro simboli identitari e che incorpora tradizioni aborigene, in maniera non convenzionale ma, rivisitate in una prospettiva cyber-futurista. In uno scenario di "sincretismo culturale" (Canevacci, 1995) i ravers praticano una continua attività di contaminazione culturale:
" piercing , tatuaggi, espansioni lobali, danze, performances con il fuoco, con i bastoni, con i diablo, dreadlocks, piedi nudi, ecc., uniti come teneri amanti a catene, metalli, bulloni, spikes, oggetti e vestiti militari, sculture cyber , ecc.."(Del Ferraro, 2001)
"I simboli partecipano, in quanto depositari della tradizione e della memoria sociale, alle trasformazioni e le rappresentano divenendo protagonisti del processo non solo rituale ma sociale"(Turner, 1986, pag.13)
Turner infatti mostra come i simboli, intesi come sistemi dinamici socio-culturali, acquistano e perdono significato, appaiono e scompaiono, per riapparire in altri tipi e contesti di rituale. Officianti liminali, i ravers, dunque sono persone dell'ubiquità che, attraverso un'azione ricontestualizzante, contaminano nello spazio metropolitano, funzioni socio-culturali di paesi e tempi diversi. Essi così facendo, rappresentano la fluida comunicazione tra culture diverse e l'eterogeneità multi temporale che viene esplicata per mezzo dell'utilizzo di immagini, costumi ed usanze non appartenenti alla cultura occidentale. Massimo Ilardi, parla di tribalismo sostenendo che esso:
"persiste nelle società moderne, e fa da sfondo al nuovo sistema di relazioni sociali che si strutturano nell'organizzazione della propria esistenza in un contesto fisico differente dal villaggio, come quello delle nuove forme urbane di raggruppamento" (Ilardi,1990, pag.48).
Il tribalismo nei raves illegali non può essere, però, giustificato semplicemente come residuo di un passato tribale non ancora morto, ma piuttosto deve essere considerato alla luce di un processo di ibridazione culturale e di costituzione identitaria, messo in atto nel sistema sociale urbano.
"Cultura cyber e cultura tribale, passato e futuro, si intessono nelle pratiche dei raves, le une con le altre, ottenendo un'ubiquità che si stabilisce nel loro tessuto comunicativo. Le culture perdono la relazione esclusiva con un territorio, ma guadagnano in comunicazione e conoscenza". (Del Ferraro, 2001)
Per mezzo del suo tribalismo ed i simboli con cui lo esprime, il rave illegale svolge così un'attività di continua ricontestualizzazione e sperimentazione di nuovi linguaggi. In tale prospettiva i ravers diventano "persone liminali"; "gente della soglia", come definisce Turner coloro che agiscono nei riti di transizione, perché eludono e sfuggono al sistema classificatorio normalmente stabilito dalle situazioni o posizioni nello spazio culturale (Turner, 1972, pag.46). Il tribalismo nei raves è un forte simbolo di critica agli usi e ai costumi della società contemporanea, ed è una buona rappresentazione di come, attraverso il gioco delle reciprocità e delle contaminazioni, i protagonisti della scena diventino crocevia di messaggi segnici.
Insieme al tribalismo, avviene nei raves, la decostruzione delle categorie sociali: ogni carattere identitario, etnico o spirituale viene messo alla deriva per far ballare insieme, gli uni accanto agli altri, ragazzi di ideologia politica ed appartenenza sociale diversa. Ognuno è ciò che vuole mostrare che sia e, nulla può turbare la libertà dei singoli fruitori. Emerge così nei raves, una forma di etnomagnetismo, come tendenza giovanile a cercare habitat più espansivi e disinibiti (Torti, 1995).
Turner, a tale proposito, parla di un mondo, quello della struttura, in cui una serie di maschere nasconde gli individui tra di loro e un altro, quello della communitas , in cui le maschere sono strappate e compare il vero sé:
"gli uomini hanno un reale bisogno di togliersi di tanto in tanto la maschera, il velo, gli ornamenti e le insegne del proprio stato" (Turner, 1972, pag.34)
In " Distanza dal ruolo ", invece, Goffman sostiene che:
"il problema dell'identità non sorge in opposizione al bagaglio sociale, ma in virtù di esso. E' possibile distanziarci dall'immagine del self implicita nell'esecuzione di un ruolo solo perché abbiamo a disposizione altri ruoli" (cit.in Giglioli, 1984, pag. 411).
E nel gioco degli opposti , implicito ad ogni situazione rave, si riscontano entrambe le posizioni qui esposte: da una parte , infatti, ognuno è libero di mostrarsi per quello che è, ma dall'altra è investito da nuovi ruoli, peculiari all'ambiente dei raves.
"come delle identità in navigazione che approdano in diversi porti, le identità dei ravers abbattono le frontiere identitarie e rendono visibili caratteri altrimenti nascosti nelle complessità sotterranee della metropoli"(Del Ferraro, 2001).
La ricerca di una forma di vita comunitaria come quella prospettata dalle tribe, deve essere contemperata con la socialità estrema dell'ultimo millennio. L'essere inseriti in una realtà globale, in un network assoluto, mette in luce notevoli dissonanze esistenti con l'auspicata vita comunitaria, con l'auspicato "stato di natura". Si abita ormai un mondo diventato società globale a causa (o grazie alla) dell'informatizzazione. Le tribes si fanno portatrici di un cambiamento, le tribe sono il modello e il simbolo di questo movimento. Se per molti utenti, il rave risulta essere solo come «l'ultima fase dell'etica del "vivere per il week-end" tipica delle classi subalterne» (Reynolds, 1998, pag.192) è anche vero che talvolta i partecipanti ai raves hanno una sorta di illuminazione e abbandonano il lavoro e la loro tranquilla routine, iniziando a viaggiare e ad assumere uno stile di vita con ritmi di vita più umani, con maggiore dedizione/attenzione al perseguimento del proprio benessere.
".mi sono detta: "ma perché devo fare così?" Ho messo via qualche soldo e ho comprato il furgone, e da quel giorno non ho più speso niente e tutto quello che mi serviva era per mangiare..e per la benzina. E ho vissuto un periodo di rapporti personali.sempre..se poi vivi in strada e non ti chiudi mai tra quattro mura e ti isoli, sei sempre in strada, ti può succedere qualsiasi cosa e tu sei sul marciapiede, sotto un albero o sulla spiaggia, in un luogo in cui potrebbe arrivare chiunque in qualsiasi momento. E quindi ti vivi tutto un mondo di rapporti interpersonali." [.] Sono andata in montagna, alle terme..molto spesso, al mare.alle feste, si.ci sono andata a qualche festa.ma poi mi era cambiato tutto..per una serie di eventi.
Però io il furgone l'avevo preso e avevo fatto bene.anzi.vorrei averlo adesso, adesso non sarei qui ma al mare in un posto dove fa caldo. Per cui dici, questa vita posso farla in qualsiasi parte del mondo..qui fa freddo, vado a farlo in un posto al caldo.così quando, di pomeriggio voglio leggere un libro, apro la porta e sono sulla spiaggia." (Intervista a Cristina)
Una buona parte di essi si limita a cogliere aspetti marginali del messaggio: nuovi ed estremi gusti musicali, uno stile di abbigliamento punkastro , oltraggioso del costume. Le tribe propongono, in veste di ribelli a tempo pieno, una nuova Weltanschauung a chi abbia già la volontà di riceverla. In questo caso si può parlare di set favorevole, ovvero dell'ambiente fisico e personale, pronto all'accettazione di nuovi e diversi stimoli, dai più ritenuti come devianti.
Qual è il reale merito delle tribe? Nonostante vivano controtempo, rendono possibile il raduno . Il raduno è il momento in cui la comunità, che sembra avere un'affinità emotiva (che sopravvive, si riproduce e si amplifica nel mondo virtuale), si ricostituisce e diffonde il suo messaggio. Le tribes non sono solo fautrici di una nuova socialità ma sono portatrici del messaggio di vita alternativo che può essere interiorizzato dai raver.
".Ma pure tra sound, hai visto: non è che c'è la festa del sound, o il rave solo di quel sound, si dice che è la festa dei tekno mobil squad perché c'è il suono dei tekno mobil squad, ma solo perché i TMS hanno fatto la festa, cioè hanno messo l'impianto, hanno avuto l'idea di fare la festa quel sabato, ma alla fine è sempre la festa di tutti, in tutti i sound girano sempre musicisti di vari sound system diversi, no? E' sempre mischiata la cosa. E le dinamiche tra tribes sono dinamiche d'amicizia, fondamentalmente. C'è un rispetto tra sound, per il sound in sé e per sé, e poi ci sono dinamiche d'amicizia perché ci conosciamo tutti di persona. E ci ribecchiamo in giro. La gente gira e ti ribecchi, poi chi c'è e ha i dischi e sa suonare, viene a suonare". (Intervista a Luciano)
Essendo loro stesse contraddittorie propagatrici "del virus techno" l'ambiguità si riproduce nei fruitori-adepti che, recepiscono il "messaggio" e lo applicano a più e diversi livelli, nella loro esistenza. Comportamenti devianti riescono così a convivere facilmente con comportamenti perfettamente integrati. Ribellione e integrazione conforme sono così diffuse da non innescare nemmeno un processo di frammentazione dell'identità.
"I TMS oggi esistono ancora, ci sono diverse persone che gravitano intorno a noi, un sound è sempre aperto ad altra gente, a nuova gente. La tribe non è mai una cosa chiusa, non è il gruppo con il bassista, il chitarrista, il cantante, il batterista, è una cosa sempre aperta a tanta gente, perciò mano a mano che si va avanti arriva altra gente che porta nuova energia alla cosa, e il gruppo va avanti. [.] in tutti i movimenti ci deve essere il ricambio, altrimenti non si cresce più è normale. Infatti è fico, molti dicono: "ah, adesso c'è la ketamina, e tutti i rave adesso fanno schifo".chi te l'ha detto, arriva la gente nuova e si prende bene, non pensare che il ragazzino di diciotto anni come arriva alle feste dice: "oh, che paranoia", ma che! Quello non ci crede a dove sta, è contento, non ci crede proprio, poi sei tu che gli dai l'esempio che gli fai vedere che c'è la ketamina, perché io non gliel'ho fatto mai vedere che c'era la ketamina a un pischello di diciotto anni.
Allora, hai capito che ti voglio dire? Secondo me bisogna che i ravers e le tribes assumano una responsabilità educativa, che c'è, perché io a diciotto anni sono arrivato ai raves, ho visto quello che facevano loro e li ho imitati, perché proprio è umano che tu arrivi in una situazione e se ti piace, cerchi di imitare quelli che la fanno da anni. Perché ti va bene com'è, se ti è piaciuta, no? E allora se tu gli dai un esempio positivo alla gente e gli dici che la festa è bella vibra, ed è divertimento, la gente si piglierà sempre bene, se tu gli fai vedere solo la bruttura allora la gente si prende le brutture, e aumenterà queste brutture. Perché poi, vedi ogni anno nasce un sound nuovo, comunque, c'è riciclo no?, hai visto i Latitanz, poi ci sono stati i baresi (Altered Beats), poi l'anno prossimo ci sarà un altro sound, di certo o no? In Francia ne stanno uscendo come i funghi di sound." (Intervista a Luciano)
Le tribes nascono con il rave. I loro componenti esistono pubblicamente solo in quanto ne fanno parte. L'individuo, membro della tribe, sembra essere tutt'uno col gruppo e ancora di più con l'attività a lui prescritta. I ravers, che giungendo ad un rave li osservano, non sono interessati a ciò che i membri delle tribe fanno, terminato il rave. Il raver non è interessato ai gossip che li riguardano o ad avere la loro maglietta, il loro autografo. Non è interessato a sapere le loro abitudini alimentari o comportamentali come accade con la "idealizzazione" delle varie rock e pop-star. Il raver non è un fan e i DJ, VJ, tecnici del suono e delle luci membri di una tribe, non sono delle star. Ciò che più conta è che i membri sembrano rivestire ruoli paritari. Dall'esame delle interviste ai protagonisti del movimento rave inglese raccolte da Lowe e Shaw, appare evidente come nessuno si senta leader, guida carismatica del movimento di cui fa parte.
"WE ARE ALL ON THE SAME FUCKIN' DANCEFLOOR, MATE". Siamo tutti sullo stesso dancefloor. Siamo tutti uguali sul dancefloor, nelle nostre molteplici differenze. Balliamo tutti lo stesso sound. (Macarone Palmieri, 2002).
Dice, Spider, del Circus Normal (6), uno dei più grandi sound- system inglesi, per spiegare l'accanimento della polizia inglese nei suoi confronti:
"Non possono immaginare niente che non abbia una struttura verticistica e dei capi. I traveller non hanno un leader, ma siccome il Circus Normal è molto in vista, credono che io lo sia" (Lowe, Shaw, 1996, pag.102)
(6): "Lo scopo del Circuì Normal è di fornire un ambiente per la creatività espressa sotto qualsiasi forma. Noi mettiamo a disposizione i generatori, l'elettricità, l'impianto e un tetto, così chiunque voglia fare qualcosa lo può fare: gruppi musicali, artisti di circo."
Sempre a Reynolds si deve la considerazione sulla completa uguaglianza dei membri delle tribe: «la linea del gruppo- sostiene riferendosi agli Spiral Tribe da lui intervistati- prevede l'assoluta assenza di gerarchie». Non esiste nemmeno un'organizzazione superiore che coordini le varie tribe, anche se la vastità del fenomeno lo farebbe pensare, e all'interno delle stesse, non esistono gerarchie, guru e discepoli, leader e assoggettati. L'importante è che tutti si assoggettino alla "linea del gruppo", al progetto. In rete, sono presenti dei documenti dettate dalle varie tribe che sembrano dei "manifesti programmatici" degli specifici sound system. A volte questa sorta di codice impedisce invece alle persone di entrare a far parte del sound system per scegliere invece un tipo di legame più svincolato:
"Lo scopo del Circuì Normal è di fornire un ambiente per la creatività espressa sotto qualsiasi forma. Noi mettiamo a disposizione i generatori, l'elettricità, l'impianto e un tetto, così chiunque voglia fare qualcosa lo può fare: gruppi musicali, artisti di circo."
".a livello personale, la molla mi è scattata non tanto per, ad esempio, essere in una tribe, perché essere in una tribe non è nella mia filosofia, perché comunque la filosofia delle tribes tanto bella sia, così, è comunque ghettizzante, perché comunque loro, la tribe, è una tribù, mi piace, io posso essere d'accordo con tutte le loro idee però comunque è molto chiusa, perché all'interno ci sono comunque delle regole, per cui cioè io vado in vacanza con loro, sono miei amici, però non mi mettere mai in una tribe: io sono molto individualista [.] Li ho seguiti ma a livello che mi facevo le vacanze, gli anni prima le facevo coi Mutoid, e quegli anni lì me le sono fatte con gli Spiral (e con i Mutoid comunque), però io proprio li seguivo musicalmente, potevo dire per esempio: posso mollare tutto un anno e andare in giro con loro, però la cosa non mi interessava più di tanto perché comunque c'erano delle cose nella filosofia nelle tribe che non mi interessavano. Cioè preferisco la filosofia della TAZ e basta, perché la filosofia della tribe in sé mi sembra un po' troppo ghettizzante per me, io sono troppo io individualista, non riuscirei a stare dietro a certe cose [.] Intendo il fatto che è un gruppo chiuso, che devono interagire tra loro e vivere insieme a stretto contatto e io non ce la farei, forse perché sono sempre stata abituata a far da sola, a vivere sola, e quindi avere i miei spazi e fare quello che volevo. Cioè.. voglio farmi un viaggio, posso stare con te un mese due mesi, magari ci sto anche dentro, però poi non so, sono troppo abituata a star da sola, e sono gelosa delle mie cose, dei miei spazi, e stando in giro come loro sei sempre con qualcuno, non hai i tuoi spazi, hai le tue cose che sono le cose di tutti." (Intervista a Betty)
Nel quadro dell'analisi sociologica, sembra che i flussi comunicativi nei raves riflettano il gioco di costante andirivieni tra massificazione e microgruppi, delineato da Michael Maffesoli alla fine degli anni ottanta a proposito delle nuove forme di tribalismo della società contemporanea (Maffesoli, 1988, pag.14) dove appunto prevale una comunicazione di tipo empatico, volta a creare reticoli interattivi che permettono alle persone di conoscersi l'una con l'altra. La comunicazione empatica si sviluppa attraverso una successione di ambientazioni, di atmosfere, di emozioni e il reticolo si presenta come un'architettura che vale per gli elementi che la compongono e permane soltanto in funzione del grado di stabilità dell'aggregazione. Soprattutto nella sfera del tempo libero, i costumi odierni teatralizzano due degli elementi più importanti del postmoderno: l'interesse del presente (il qui ed ora) e il simbolismo (ciò che mi unisce all'altro, ad altri).
La Spiral Tribe ha assurto a simbolo la spirale e il numero 23, poiché la Spiral, più di ogni altra tribe si ispira a delle «congerie di credenze mistiche» (Reynolds, 1998, pag.191). A queste credenze appartiene la credenza della superiorità del numero 23: non solo somma della doppia coppia di cromosomi che compongono il solenoide del DNA, ma numero ricorrente nella storia del sound system, a partire dalle leggendarie origini (il 23 maggio lasciarono Londra per il free festival di Castelmorton). La spirale fa parte della simbologia del gruppo. È presente anche sul loro manifesto.
«E' "Spiral". Non c'è un vero inizio.- dice Mark, portavoce del gruppo - Forse il giorno più importante è stato quando portammo il sound system fuori da Londra. [.] Non fu una decisione conscia, le decisioni non fanno parte di questo processo. Evidentemente, era il momento giusto. Il momento è sempre manifesto.» (Lowe, Shaw, 1996, pag.104)
Nel manifesto degli Spiral Tribe leggiamo: "è nostro obiettivo motivare positivamente la gente" e ancora "è tempo di svegliare il pianeta". Il loro scopo è, inoltre, quello "di ispirare la gente dei paesi in cui sono passati a continuare da dove loro hanno lasciato". Questi slogan sono stati per lungo tempo dei punti di riferimento per raver e nuovi sound system in quanto articolano, anche se in maniera velatamente demagogica, la "missione-azione" di questi gruppi. L'alone mistico delle credenze alla base del movimento insieme a queste affermazioni programmatiche conferiscono più credibilità al tutto. Più importante è il riferimento alla crescita. "L'unica via percorribile è quella della crescita". La crescita risulta essere necessaria per la sopravvivenza del rave. Senza la crescita il movimento sarebbe condannato alla scomparsa. Senza tribe, del resto, il movimento non avrebbe ragione di esistere. Le tribes fomentano la partecipazione.
SPIRAL TRIBE
UNITED FORCES OF TEKNO
THE ONLY WAY FORWARD IS TO GROW.
THE ONLY WAY TO GROW IS TO EXPAND BEYOND THE BOUNDARIES OF WHAT
WE KNOW INTO UNCHARTED AREAS OF THE UNKNOWN.
THE UNKNOWN BEING THE ONLY SOURCE OF NEW KNOWLEDGE.
OUR LIFE SUPPORT SYSTEMS ON THIS PLANET ARE ORGANIC.
TO REGENERATE CELL WALLS, DIVIDE & MULTIPLY.
OLD BARRIERS FALL AWAY, ANCIENT PILLARS CRUMBLE & NEW STRUCTURES
STAND UP IN THEIR TURN.
ONE GENERATION GIVES BIRTH TO THE NEXT.
THE OLD GIVES LIFE TO THE NEW.
WE LIVE IN THE EVER TRANSITIONAL MOMENT CONNECTING PAST THROUGH
PRESENT TO FUTURE.
IT IS OUR MISSION TO DISCOVER THE EVER CHANGING HORIZON.
TO CONTINUALLY RE-ESTABLISH NEW PARAMETERS & TO EXPLORE & SECURE
EACH NEW LEVEL AS WE FIND IT.
IT IS OUR PURPOSE TO DESTROY THE INERTIA THAT HAS BEEN RESPONSIBLE FOR
THE DEMISE OF THE LIFE FORCE ON OUR PLANET.
IT IS OUR AIM TO POSITIVELY MOTIVATE THE PEOPLE & THE NATION.
IT IS TIME TO WAKE THE PLANET UP!
THE ADVANCE PARTY, USING STATE OF THE ART DIGITAL TECHNOLOGY
COMBINED WITH THE ORGANIC LIFE SYSTEM DELIVERS A MASSIVE JOLT TO
HUMAN SENSORY CIRCUITS, PROVIDING THE EXTRA ENERGY INPUT NEEDED TO
MAKE THE QUANTUM LEAP FROM TERRESTRIAL TO EXTRA-
TERRESTRIAL CONSCIOUSNESS.
SPIRAL TRIBE ARE HITTING ENGLAND AND THE WORLD BY STORM. THE GROWTH OF THE SPIRAL TRIBE HAS BEEN ASTONISHING. THEY ARE THE LARGEST AND MOST INFLUENTIAL OF ALL THE TECHNO SOUNDSYSTEMS.
THEY ARE A COLLECTIVE OF PEOPLE WHO HAVE BEEN HOLDING MOSTLY FREE PARTY`S OUTDOORS, IN DERELICT BUILDINGS AND WAREHOUSES ALMOST EVERY WEEKEND FOR THE PAST 5 YEARS. PARTY`S HAVE BEEN HELD ALL OVER ENGLAND, HOLLAND, FRANCE, SPAIN, BERLIN, CECH REP, VIENNA AND ARE COURENTLY TOURING ITALY. INSPIRING MANY PEOPLE TO CONTINUE WHERE THEY LEFT OFF.
(Spiral Tribe -Techno Terra-)
Le tribes o i sound system eseguono quindi il richiamo a partecipare al rave, quest'ultimo è solo un evento ; il "free party" è il risultato di una sinergia tra tribes, o gruppi di persone che lo organizzano, non necessariamente travellers, e i marginali squatters e i ravers, che hanno un gusto pronunciato per i piaceri illeciti e la musica tonante, espressione di una rivolta: la techno "underground", entro la quale l'estremismo musicale si chiama "hardcore" e si caratterizza per un suono sporco e delle ritmiche aggressive e ossessionanti, riluttante globalmente al linguaggio e indirizzata unicamente all'individuo, rendendo impossibile una intersoggettività passante per la comunicazione verbale. Non si producono all'interno delle feste fenomeni di starificazione dei DJ, la festa essendo qui organizzata da un sound system che è una comunità, una tribù, e che quindi permette al raver di sentirsi più facilmente incluso e in contatto.
"Io vado a suonare perché mi piace stare al rave. Mi piace suonare la tekno e non mi piace suonare nei club, non mi piace suonare in discoteca. E per uno che suona, al rave, tre quarti della festa se li vive in mezzo, facendo la festa, e poi va a suonare, perciò è uno del pubblico quello che suona, solo che è arrivato due o tre ore prima degli altri, e ha montato l'impianto. A livello di sensazioni io la prima volta che sono andato a suonare a un party ho detto: "ma chissà mo' se mi emoziono" e invece è andato tutto bene e mi sono preso troppo bene, è una bella storia perché tu, proprio, te l'ho detto: da che stai lì che stai ballando e stai "in fotta" con la gente, ad un certo punto dici: "beh, mo' vado, monto e vado a suonare". Poi è una passione no? La musica. Cioè per me è proprio una passione, la devo fare. Andare a suonare davanti alla gente non mi ha mai creato problemi ai rave, proprio per sto fatto: perché tu non è che suoni DAVANTI alla gente, proprio, tu suoni IN MEZZO alla gente. E' proprio diverso, non ce n'è. Poi mi sono trovato, per esempio, qualche volta a suonare al club sul palco, e a quel punto va beh, non lo so, quest'impatto con la gente, non è che sia.mi ha dato pure fastidio certe volte suonare sul palco. Non che mi imbarazzava o mi creava tensione perché alla fine se là suoni ti pigli bene, però, non lo so, a me piace che il musicista sta in mezzo alla gente, che non ci sia sta divisione, io e voi. Non mi piace per niente." (Intervista a Luciano)
L'assenza del confine-palcoscenico determina la mancanza di quella linea spaziale che distingue tra attore e spettatore: le due identità sono fuse assieme e il rituale, "è la vita stessa che recita e, per un certo tempo, la recita si trasforma in vita autentica" (Bachtin, 1979, pag.11).