...continua capitolo quarto

4.4 IL RAVE COME ETEROTOPIA

Se il tempo del rave è il tempo della musica, lo spazio del rave è uno spazio "sonoro". Uno spazio che esiste solo per un periodo di tempo liberato, che può essere più o meno breve, una notte o una settimana. Uno spazio che, finito il rave, consumato il suo tempo, esiste solo nei ricordi, perché è uno spazio trasformato solo per quel dato tempo. Se si dovesse infatti tornare sul luogo del rave si troverebbe solo una zona abbandonata della città o un prato o una grotta, una cascina, cioè solo il posto spoglio di tutto quello spazio di relazioni ed emozioni di cui è composto il rave.

Il rave è quindi uno spazio liberato dal suo significato originario, una zona temporaneamente autonoma, uno spazio eterotopico.

Consideriamo i raves come spazi ludici di transito tra ambienti diversi di vita quotidiana entro cui possono compiersi i riti di passaggio descritti da Arnold Van Gennep (1981), in analogia con la funzione che da sempre la festa ha assunto nel delimitare un territorio "altro" di interazione. Come li definisce Victor Turner:

"Mondi paralleli che delimitano precisi ambiti di interazione simbolica e comunicativa all'interno di una zona di limen dove possono agire modalità e stili di vita differenti, talora opposti, a quelli della consueta scansione dei tempi e dei ruoli sociali "(Turner, 1986)

In tale cornice la mia ipotesi è che il rave si configura come una eterotopia , nell'accezione di Foucault, un luogo reale, effettivo, che costituisce una sorta di contro-luogo delineato nell'istituzione stessa della società, una specie di utopia effettivamente realizzata nella quale i luoghi reali, "tutti gli altri luoghi reali che si trovano all'interno della cultura vengono al contempo rappresentati, contestati e sovvertiti" (Foucault, 1994, pag.14). I rave si possono appunto considerare come delle vere e proprie eterotopie, secondo i criteri di definizione posti da Foucault, luoghi che sono effettivamente altro da tutti i luoghi che li riflettono e di cui parlano:

"l'eterotopia è un'antiutopia. Infatti, se l'utopia è una speranza senza luogo, l'eterotopia costituisce un'eccedenza di realizzazione. Eterotopici sono quei luoghi che non necessitano di riferimenti geografici, sono i luoghi dell'attraversamento, spazi di crisi e di condensazione di esperienza (Foucault, 1994, pag. 7).

Questa è la definizione di eterotopia che ha adottato lo stesso Foucault, in opposizione alle utopie, e che illustra già in sé come i raves possano essere letti quali modelli di luoghi eterotopici. Perché il rave è una utopia realizzata, in uno spazio-tempo dell'attraversamento, luoghi che si trovano di fuori di ogni luogo, per quanto possano essere effettivamente localizzabili, che coinvolgono completamente i soggetti in una realtà che si fonda su sé stessa nell'orizzonte urbano contemporaneo e più in generale nella modernità.

Foucault sostiene che in questi luoghi vi sia una sorta di esperienza mista, mediana come potrebbe essere quella dello specchio. Lo specchio dopotutto, è un'utopia poiché è un luogo senza luogo. Ma si tratta anche di un'eterotopia perché lo specchio esiste realmente e si sviluppa, nel luogo che occupo, una sorta di effetto di ritorno: è a partire dallo specchio che mi scopro assente nel posto in cui sono, poiché è là che mi vedo. Lo specchio funziona come eterotopia poiché rende questo posto che occupo, nel momento in cui mi guardo nel vetro, che è reale, connesso con tutto lo spazio che lo attornia ed è al contempo assolutamente irreale.

Le eterotopie, secondo Foucault, in un certo senso rimpiazzano i riti di passaggio che ancora avvengono nella nostra società e che stanno scomparendo, quali il collegio o il servizio militare o il viaggio di nozze, cioè questi luoghi di crisi che rappresentavano luoghi che non erano da nessuna parte e dove avvenivano le prime manifestazione della sessualità. Queste eterotopie di crisi possono oggi essere chiamate eterotopie di deviazione: "quelle nelle quali vengono collocati quegli individui il cui comportamento appare deviante in rapporto alla media e alle norme imposte": il rave, il free party è una deviazione, in una società come la nostra in cui l'ozio costituisce una specie di deviazione, ma è anche deviazione da tutte le regole della società e del mercato, un luogo di auto produzione e auto consumo, dove scorrono i desideri come distruzione dei tabù e le anomie come dissoluzione del nomos .

"Non esiste cultura al mondo che non produca eterotopie" afferma Foucault e "ogni eterotopia possiede un funzionamento preciso e determinato all'interno della società e la stessa eterotopia può, in base alla sincronia che possiede con la propria cultura, sviluppare un funzionamento piuttosto che un altro" ( IvI , pag.15).

Questo è il secondo principio di questa descrizione delle eterotopie, anche i raves hanno, nel corso del tempo, un rapporto diverso con la società, la quale può far funzionare in modo molto diverso un'eterotopia che esiste e che non smette di esistere. Così la società ha un rapporto con il rave a seconda del territorio e delle relative leggi, consuetudini o cultura che esistono nel posto in cui il rave ha luogo e dell'epoca in cui questo avviene. La funzione del rave nel contesto culturale che lo ha generato è quella di dare spazio all'espressione delle differenze.

Nel terzo principio, Foucault afferma che:

"l'eterotopia ha il potere di giustapporre, in un unico luogo reale, diversi spazi, diversi luoghi che sono tra loro incompatibili" (IvI, pag.16).

In base a ciò è possibile dedurre come il rave sia un luogo altamente eterotopico, dove l'individuo percepisce la grande sperimentazione di una cultura nettamente diversa da quella in cui il sistema di dominio sociale si esprime attraverso precise tipologie. All'interno del rave si realizzano una serie di luoghi che sono estranei gli uni agli altri; quali il dancefloor, , la casa, la stanza da letto, la piazza, ecc.Il rave illegale può essere percepito come la più piccola particella del mondo o anche la totalità del mondo, una sorta di eterotopia felice e universalizzante.

Il quarto principio dell'eterotopologia di Foucault ( Ivi , pag.18) pone in rilievo il rapporto fra eterotopie e eterocronie, i meccanismi di rottura del tempo tradizionale che intervengono nei contro-luoghi. Possono essere eterotopie del tempo che si accumula all'infinito, come nel caso dei musei e delle biblioteche, oppure eterotopie croniche, dove il tempo si presenta e viene vissuto nella sua dimensione più precaria come accade nelle occasioni di festa, nei raves.

"l'eterotopia si mette a funzionare a pieno quando gli uomini si trovano in una sorta di rottura assoluta col loro tempo tradizionale" (IvI, pag.16).

Nei raves tale movimento di rottura e di compressione spazio/temporale subisce una forte accelerazione e una trasformazione profonda tale da invertire i codici della tradizionale separazione giorno/notte. Si dilatano i tempi dei riti, si concentrano i tempi di celebrazione della festa. Il tempo celebrativo si è ridotto e concentrato sull' evento unico : la partecipazione a "quel" rave è vissuta come un episodio particolare, un microcosmo a sé stante di protagonismo e interazione da parte degli attori.

"Durante lo svolgimento del rave, il tempo si sgancia dai meccanismi di controllo sociale per ritrovarsi in un unico sistema "senza dimensione temporale" e, in accordo tra presente, passato e futuro, dà ai suoi fruitori la sensazione di vivere in un tempo sublime" (Del Ferraro, 2001, pag.44)

L'unicità della celebrazione si innesta però su una lunga sequenza di tempi, di spazi e di azioni che comprende l'intero arco di uno o più fine settimana. Dal sabato notte non-stop fino alla domenica notte, o fino a quando il rave non si riduce a poche persone che ballano sfinite al suono di più di centosettanta battute per minuto, passando attraverso innumerevoli luoghi e non-luoghi, dormendo dove si può (automobili, furgoni, camper, tende) si sovrappongono e si capovolgono i confini temporali e semantici fra il giorno e la notte: le ore notturne non delimitano più, i tempi della "trasgressione", anzi, tendono a connotare i "mondi d'ordine" della musica techno. Niente di nuovo sotto il sole. Le feste itineranti di Caterina de Medici duravano intere settimane, così come le feste a tema alla corte di Carlo V duravano due giorni senza pause o intervalli. E' il passaggio di questi riti dai palazzi dell'aristocrazia ai luoghi della cultura di massa a provocare scandalo.

I raves sono eterotopie che non intendono eternizzare, ma che sono assolutamente croniche, sono in relazione al tempo per ciò che esso ha di più futile, di più passeggero, di più precario, in relazione al costume della festa. Sono meravigliosi luoghi ai margini della città che si popolano di persone, camion, oggetti eterocliti, danzatori, musicisti, performers, giocolieri, bar, bancarelle, case mobili, macchine, luci, laser, tende, teloni e allestimenti. I raves assomigliano all'eterotopia cronica dei villaggi di vacanze, offrono giorni di nudità primitiva ed eterna agli abitanti delle città. L'eterotopia della festa e dell'eternità del tempo sono connesse tra loro, perché nei raves illegali:

"si abolisce il tempo, ma dopotutto è il tempo che si ritrova, è tutta la storia dell'umanità che risale alla propria sorgente come a una specie di grande sapere immediato"(Foucault, 1994, pag.19).

Il quinto principio delle eterotopie sostiene che esse:

"presuppongono sempre un sistema di apertura e di chiusura che, al contempo, le isola e le rende penetrabili ( Ivi , pag.16)".

Per le Utopie, anche quando esprimono il massimo intento iconoclasta, la visibilità pubblica è condizione stessa della loro espressione e promessa. Per le Eterotopie, invece, non conta quello che viene fatto vedere ma quello che viene vissuto, che vi si compie, che vi accade, per le eterotopie del ballo può essere il fremito di un'emozione, la magia di uno sguardo, l'immersione nell'estasi della danza. Al contrario delle utopie, per le eterotopie e per i raves la visibilità è la morte. I raves sono nascosti ma accessibili a tutti, sembrano pure e semplici aperture, ma in genere celano particolari esclusioni; tutti possono entrare in questi spazi eterotopici, ma a dire il vero non si tratta che di un illusione; si crede di entrare e si è, per il fatto stesso di entrare, esclusi. Non è possibile entrarvi veramente, o farne la vera esperienza se non si è compiuto un certo numero di gesti. Nei raves inoltre, le attività illegali si trovano al contempo rigorosamente protette e rigorosamente nascoste, tenute in disparte senza essere, tuttavia, esposte alla luce del sole. Così i flyers e le modalità di accesso al rave, pur girando nelle mani di chiunque, presuppongono la conoscenza di alcuni codici, da parte di chi vi partecipa, per poter essere letti comprensibilmente.

La soglia dello spazio ludico permette di mettere in scena la moltiplicazione dei volti di identità e richiama un altro carattere distintivo delle eterotopie: quello di

"creare uno spazio illusorio che indica come ancora più illusorio ogni spazio reale, tutti quei luoghi all'interno dei quali la vita umana è relegata" ( Ivi, pag.19),

un artificio proprio dei raves, dove le installazioni, le proiezioni di immagini, i flash luminosi ritmati, le strobo e le tante stimolazioni possono dilatare e moltiplicare all'infinito coreografie di simulazione e geometrie di dissimulazione. I raves sviluppano con lo spazio restante, la funzione di essere uno spazio altro, uno spazio reale così perfetto al punto di far apparire il primo come disordinato, maldisposto e caotico. Si tratterebbe di un'eterotopia non d'illusione ma di compensazione.

La nave è l'eterotopia che più assomiglia al rave;

"è un frammento galleggiante nello spazio, un luogo senza luogo, che vive per sé stesso, che si autodelinea e che è abbandonato, allo stesso tempo, all'infinito del mare [.] ma è anche il più grande serbatoio di immaginazione. La nave è l'eterotopia per eccellenza.Nelle civiltà senza navi, i sogni si inaridiscono, lo spionaggio sostituisce l'avventura e la polizia i corsari" ( Ivi, pag.20).

I ravers attraversano questi spazi eterotopici. Attraversare, conoscere e creare luoghi nel presente è essenzialmente un atto, o meglio, un movimento creativo. Il territorio, così come siamo stati abituati a considerarlo in relazione alle diverse discipline, ha subito un radicale mutamento. Il concetto di territorio non è più relazionabile con l'idea, la percezione, di un ambito spaziale dato, gerarchicamente strutturato e definitivamente mappato. Nell'oggi, il territorio è la posta in gioco di un movimento di trasmutazione che ha dovuto coniugare l'intreccio del luogo e del non-luogo, in definitiva l'orizzonte della terza natura, il Territorio cibernetico.

Oltre le mura dell'abitare e della sedentarizzazione, i non luoghi, gli spazi del neutro, l'abitare erratico. Ma questi luoghi, più che spazi di fuga, rappresentano l'altro volto della città e della tecnica, sono i luoghi dispersi dell'esplorazione in cui si dimora provvisoriamente, si tratta di una diversa modalità dell'abitare che paradossalmente, proprio l'odierna evoluzione della tecnica finisce con il rendere funzionali, questi luoghi per esempio sono l'ideale da colonizzare muniti di mezzi su ruote, camper e furgoni. Essere in un luogo e abitare ovunque, essere in rete, in relazione, in comunicazione con altre dimore, stili di vita, pensieri. Oggi le dimore che un tempo venivano stabilite oltre le mura si collocano nel più-che-urbano, nella dispersione della metropoli, nel suo diffondersi rizomatico si aprono le pieghe di questa nuova configurazione, luoghi limite, spazi del collasso e spazi delle insorgenze. In questi ripiegamenti, negli spazi liminari che si chiudono e si aprono nell'attuale divenire del territorio, ciò che predomina è la pallida paura, l'orrore del quotidiano soffocato dall'imperio coercitivo del dover essere. Non si tratta unicamente delle modalità del perdersi, del panico quanto del dover riconoscere l'enigma del labirinto che siamo e nel quale ci troviamo,

"un fuggiasco non si nasconde in un labirinto. Non innalza un labirinto su un luogo alto della costa, un labirinto cremisi che i marinai avvistano da lontano. Non ha bisogno di erigere un labirinto, perché l'universo già lo è" (Borges, 1959).

L'automa conosce solo i percorsi di guerra e i tracciati rituali che delimitano e accompagnano ogni suo movimento, nel labirinto egli stesso si perde. Infatti, se il labirinto è la figura che più propriamente caratterizza il divenire del territorio nell'occidente, esso stesso deve essere interpretato come una geometria frattale, intervallata da punti di torsione: i luoghi dello smarrimento. Le nuove dimore dell'erranza si collocano in questi luoghi provvisori, luoghi dell'attraverso, una geografia dei percorsi nomadi che riscattano la vita dal giogo dell'omologazione. Infatti, se le nuove strategie di potere tendono ad annientare l'insorgere e il dispiegarsi di ogni alterità, l'erranza gioca d'astuzia. In questo senso, anche il viaggio attraverso il labirinto si rende possibile grazie all'astuzia, alla capacità di perdersi e ritrovarsi, di farsi cosa, di prendersi cura. E' la vita che afferma il suo primato (Villani, 1994).

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