....continua CAPITOLO PRIMO
1.5 IL SUPERAMENTO DEI CONCETTI DI TEMPO, CONFINE E FRONTIERA: la stasi atemporale, l'esplicarsi del "qui ed ora", la ripetizione.
Solo nell'avventura alcuni arrivano a conoscersi. (André Gide, Diari)
Tempo: BPM, ripetizione. Il BPM è l'unità di misura techno, si tratta di un numero di battiti emessi al minuto. Il battito è un suono breve, prodotto e pensato in vista di una ripetizione. Il suono fondamentale di tutta la musica detta "techno", la sua principale specificità e originalità. E ciò che si tratta di misurare è il suo ritorno in un periodo di tempo dato (il minuto).
Nel rave ci sono due macchine che generano BPM. La prima è la cassa ritmica. Essa è presente sia nei dischi che il DJ utilizza sui piatti quando mixa sia direttamente presente quando suona live con le sue macchine. Il battito ha una consistenza, una sonorità; per esempio può essere immediatamente identificabile come techno industriale quando si utilizzano dei suoni di macchine registrati nelle fabbriche al fine di generare un ritmo che ricorda i rumori del lavoro di fabbrica, e un certo numero di BPM caratterizza lo stile della techno nella quale si iscrivono: hardcore, molto dura e sfrenata fino a 240 BPM, la goa più mistica e più verso la trance; verso i 140-160 BPM, la techno tra i 150 e i 200 BPM.
La seconda macchina è il cuore. L'attività cardiaca può essere misurata in BPM. Parlare di BPM è adottare una definizione minimale del ritmo: distribuire una durata a intervalli uguali marcati dal ritorno di un segnale: il battito. Alcuni musicisti tendono a rompere l'uso del battito (breakbeat, dub..), ma per i DJ minimali si tratta di portare il tempo alla regolarità di un tic-tac, all'esattezza elettronica di un metronomo o di una drum-machine. Contro tutto il vissuto o la concezione moderna del tempo: non c'è coscienza intima del tempo, di scoperta nella durata di una attenzione, di un'attesa, che relativizza il tempo. Nel rave il tempo è assoluto: è quello dei BPM, quantificato, calcolato, programmato. E la techno ne fa il luogo di una comunità e di una intimità. Perché se si misura la ripetizione sonora in numero di BPM, si tratta di stabilire una cadenza. Una velocità di ripetizione nella quale il danzatore deve iscriversi, sulla quale deve regolare il suo respiro, i suoi movimenti, il suo sforzo.
Il cuore ha un'area di esercizio ottimale (80-130 bpm) entro la quale può perfettamente irrigare l'organismo. Per chi fornisce lo sforzo, si tratta di delimitare quest'area, di mantenersi dentro, di calcolare i suoi movimenti, al fine di non superare la soglia critica in cui si affaticherà inutilmente. E per il DJ, si tratta di sfruttare e gestire quest'area e queste frequenze, di catturare con la ripetizione i battiti del cuore. Perché chi balla dia lo sforzo sufficiente perché il suo cuore batta nel ritmo, nel battito, intorno per esempio ai 110-120 BPM. C'è allora un momento in cui i due battiti si raggiungono, e si sovrappongono, e in cui il rave acquisisce densità. Si stabilisce tra la drum-machine e il cuore un legame diretto, una fase. Un solo unico battito. Il battito allora non è più unicamente un suono elettronico, percepito dal fuori. Proviene allo stesso tempo dal profondo della mia intimità. C'è un battito dappertutto, dentro e fuori me. E trova un accordo, una risonanza, un eco nel corpo. Dal centro della materia gli arriva una risposta e il ritmo cardiaco gonfia il suono di ripetizione, questo fa del battito una pulsazione vitale, originale.
Ascoltare il cuore è un metodo d'ipnosi ancestrale. I monaci buddisti l'utilizzano dalla notte dei tempi: praticando esercizi di rilassamento, applicando procedure di meditazione, essi arrivano a concentrarsi sul rumore del cuore. A sentire solo il cuore, escludendo tutti gli altri elementi esteriori. A tenersi in intimità sonora. Ascoltare il cuore è anche una tecnica utilizzata dagli sciamani, che si portano in stato di ipnosi e sono così in grado, con l'aiuto di droghe, di fare delle predizioni, di diventare veggenti. Esiste un fascino della ripetizione, fascinazione che permette di escludere la coscienza, e di lasciar parlare l'organismo. O almeno qualcosa nell'organismo che batte, che funziona. Ascoltare il cuore per qualcuno può essere angosciante: "se dovesse fermarsi?", e per altri rassicurante: "qualche cosa funziona, malgrado me, al di là di me". Ma nella techno, non si tratta di ascoltare il proprio cuore, si tratta di amplificarlo. Di gonfiare il battito, nutrire il BPM, con il valore biologico che acquisisce a volte questa ripetizione. Si tratta di suono più che di musica, di un fenomeno acustico e fisico, più che della sua composizione in brani. E, convocando l'ipnosi, la ripetizione di questo suono permette di sospendere le esigenze di individualità (libertà), di socievolezza (contratto), di produttività (lavoro). Per la techno, il cuore è sempre stato un simbolo. Il battito fa emergere una comunità di organismi, una comunione nella ripetizione. La techno esalta e predica una federazione di pulsazioni.
Prendere il corpo per il cuore è delimitare e comprendere ciò che è meccanico nel corpo. Trovare la macchina, stoica, automatica, regolata, lanciata. Stabilire un corpo macchina. Una biomeccanica: una meccanica del vivente, del corpo, che si dà spesso come pulsazione. Una macchina (del suono, la drum-machine) trova un'altra macchina (il cuore). E una volta scoperta questa macchina essa diventa il motore del rave. To rave, è ballare 7 o 8 ore, non 1 o 2. Fino allo sfinimento, fino alla fine, al giorno, alla sera. Ricercare qualcosa in questo spossamento, o piuttosto esaurire qualcosa. Raggiungere nella danza un automatismo, un punto in cui il movimento si fa da solo, indipendentemente da tutta la volontà e dal pensiero. E l'ossessione dei DJ o degli organizzatori o di chi balla è il " cut ", il taglio, l'arresto, l'interruzione. La sola cosa che può fermare il rave sono le forze dell'ordine. E a volte neanche quelle. Ma quando il primo DJ comincia il suo set, passando disco su disco, il silenzio non appare mai, e il rave continua. Tra due sets, un DJ lascia sempre girare un disco sul piatto per il DJ seguente, al fine di non interrompere, di non arrestare il suono. Chi balla tenta di tenere la durata, per lui, il rave è un movimento centripeto.
Macchina: viene dal latino machina , o dal greco makhana , e designa l'assemblaggio dell'universo. Un assemblaggio di funzioni che un dio "grande orologiaio" ( Chronos , figlio di Urano , il cielo, e di Gaia, la terra) specialista del meccanismo, ha messo un giorno in moto. Un dio orologiaio e lavoratore. Gli dei si annoiavano nell'Olimpo e hanno incaricato l'operaio di creare il mondo. Egli prende a modello l'olimpo: un mondo circolare, dove niente succede che non sia già successo, votato alla ripetizione. Il demiurgo tenta allora di doppiare il cerchio, di riprodurlo identico. Ma il tentativo fallisce: non ha potuto ricreare che un cerchio instabile, in movimento, animato di un movimento fino ad allora sconosciuto che non è altro che il tempo. Il movimento circolare dell'Olimpo diviene elicoidale, il cerchio si dispone lungo un asse. Egli ha creato la terra, che funziona per la natura e con la natura, la quale funziona a sua volta per e con l'uomo, il quale funziona per e con il suo corpo. Sono macchine dentro le macchine, movimenti che reggono altri movimenti: un bioritmo, una pulsazione emessa in differenti scale (battiti per secondo, minuto, ora, anno, secolo.). Tutto questo mondo visibile non è che un tratto impercettibile nel seno della natura. E' una sfera il cui centro è ovunque, la circonferenza da nessuna parte. Esistono due infiniti: se guardo sopra di me vedo delle sfere legate ad altre sfere da leggi di gravitazione. Se guardo sotto di me vedo ugualmente delle sfere legate ad altre sfere da leggi simili. Pianeti universi e atomi, il nulla. Cicli e spirali dappertutto. Il nostro corpo è impercettibile nell'universo, impercettibile nel seno del tutto, ma è un colosso, un mondo o piuttosto un tutto di fronte alla nullità alla quale non si può arrivare. L'uomo è compreso tra due grandezze, sospeso nell'immenso, la dismisura dell'infinitamente grande e dell'infinitamente piccolo. Gli spazi della materia sono vertiginosi, smisurati. La vertigine è una reazione normale, piuttosto sana. La vertigine ricercata dai ravers è provocata dall'incostanza, noia, inquietudine dell'uomo provocata dalla sua condizione. Egli è collocato in un punto che è nominato umanità, luogo di divertimento e di illusione, dove egli è in preda alla potenza ingannevole dell'immaginazione.
Il primo personaggio del rave, colei per la quale ci si sposta, è la musica, essa anima la serata, la mette in movimento, tramite la ripetizione . La ripetizione permette di condizionare la gente. A forza di ascoltare lo stesso giro ancora e ancora, i danzatori finiscono con l'anticiparlo e per sentirsi finalmente a loro agio.
Mi è capitato di trovarmi a contatto con dei passanti, nei pressi di un rave, e ho domandato loro che tipo suono sentivano da lontano, che percezione avevano di questa festa a base di musica; questi hanno risposto che alle loro orecchie non sembrava musica, né un suono, ma un rumore sempre uguale, che sembra sempre lo stesso giro ripetuto. Infatti se il musicista limita la musica a ripetizioni molto semplici (anche se le sue costruzioni sono assemblate con molti suoni), un suono senza vita, minimale, prende subito senso. Riflessi, condizionamenti, anticipare: è tutta una categoria dell'automatico. Di ciò che funziona secondo una sequenza di azioni predeterminate. Il corpo è normato, regolato: ha un battito, emette dei BPM. Ha un ritmo, una pulsazione e la segue.
Il DJ è quello che gioca con l'inerzia del rave e del danzatore, e si confronta con i due effetti del principio di inerzia: la massa si oppone al movimento, è difficile animarla quando è a riposo, bisogna fornire uno sforzo, l'inerzia qui è utilizzata per quel che riguarda gli oggetti immobili. Quando la massa invece è in movimento, nel secondo principio di inerzia, è difficile fermarla. Essa conserva il suo movimento, lo auto-intrattiene. L'inerzia è qui utilizzata per minimizzare lo sforzo ed economizzare l'energia. Per questo, bisogna che essa non sia sottomessa ad accelerazione e decelerazione, a cambiamenti. Ha bisogno sempre dello stesso ritmo, per conservare il suo stato cinetico, che non produce il suo proprio movimento ma resta in quello che gli è stato conferito. Così si prende un ritmo naturale, si percepisce la natura come creatura, come macchina. Si tratta di utilizzare delle forze naturali per produrre energia e di trasformare l'energia in ritmo.
Esistono tradizionalmente due attitudini di fronte alla tecnica: l'ottimismo (Cartesio e la filosofia dei lumi) che vede nella scienza un progresso, e il rigetto (da Heidegger a Marcuse). Queste due attitudini riposano comunque sullo stesso postulato: ci sono da un lato delle attività umane e morali (che hanno una finalità), e dall'altro lato il piano delle tecniche, degli strumenti e delle cose che non hanno finalità. Un corpo, una natura, un universo che funziona nel vuoto. O piuttosto che funziona per niente. L'uomo si colloca istintivamente nel tempo, si dota di una storia, un presente, un divenire; si ricopre di aspirazioni, di rimorsi, contrariamente alla natura, che non conosce il tempo. La techno si inscrive su questo piano dell'inerzia. Con il BPM gli da vitalità. Lo porta a sensazione: comunità, cosmo. E ci conduce l'uomo. Il paradosso è allora che la tecnica permette di ritrovare la natura. Generalmente pensate come antagoniste, la tecnica e la natura si congiungono nella nozione di macchina, e rendono problematica la frattura dell'uomo con la natura. Eco: oikos: casa. E si tratta di annidarsi nel cuore della macchina "mondo". Di ripararcisi. Il corpo ci si ritrova, cosmico, in pulsazione. La tecnica è un partner. Si danza con lei. Il corpo si scopre in inerzia: ha bisogno solo di uno sforzo minimale al fine di conservare la stessa andatura. Ha preso il ritmo, è divenuto macchina. E il movimento del corpo e il movimento del mondo sono probabilmente solo inerzie. Materia senza pensiero ma animata.
Tempo come esplicarsi del qui ed ora . Tutto ciò che può accadere avviene adesso. Se il sociologo dovesse arrivare al rave il giorno dopo, o anche un'ora dopo la fine dello stesso, si troverebbe a dover fare l'archeologo, e si ritroverebbe nella situazione in cui egli sa bene che qualche cosa ha avuto luogo, ma dispone solo di indizi derisori per ricostituire l'intensità dell'avvenimento sopravvenuto. Solo qualche cenere dispersa, ultimi resti del consumo compiuto, a partire dai quali bisogna tentare di articolare il discorso freddo della teoria. Spesso di una meteora resta solo la traccia di un impatto sul suolo, così restano pochi elementi per testimoniare l'intensità festiva di un rave. Delle impronte sul suolo, qualche bottiglia d'acqua di plastica e qualche flyer accartocciato al suolo, forse qualche indumento perso.ci vorrà dell'immaginazione teorica per ricostituire la potenza dell'evento. Un rave non lascia più tracce di una stella cadente una sera d'estate, istante magico e fugace, appare all'improvviso per sparire altrettanto presto. Il rave non lascia tracce, e anche se le lasciasse, il sociologo non ha la vocazione di archiviare l'effimero, egli è là per studiare il rave, a partire dalle sue tracce, per pensare a queste ultime che non sono proprio delle tracce, solo segni di tracce, le ceneri di una consumazione. L'assenza di tracce del rave, è prova di qualche cosa di essenziale. Il rave è un puro presente , senza passato né avvenire, che esige la piena presenza dei partecipanti.
Il tempo della festa cancella il tempo ordinario prima di oscurarsi lui stesso al ritorno del tempo ordinario. Nello spazio del rave il tempo si allunga, si accorcia, scompare, per riapparire nel momento in cui termina la festa. "L'abisso dell'oblio separa dunque il mondo della realtà quotidiana e quello della realtà dionisiaca" (Nietzsche, 1975, pag.60). Il rave non è né la rivoluzione, né un luogo, né una cosa; esso è piuttosto un esperienza estetica e poetica sia intima che collettiva, un viaggio, un incontro, una iniziazione. Esso è anche e soprattutto un tempo per dimenticarsi e dimenticare tutto, amnesia volontaria che fabbrica l'indimenticabile, un tempo che annulla il tempo, un istante eterno, una pietra dell'edificio immenso del ricordo, fonte di reminescenze costituenti lo spessore del tempo. Il tempo ordinario è sempre un tempo vuoto, un tempo tra due feste, e noi siamo come i primitivi,
"che vivono nel ricordi di una festa e nell'attesa di un'altra, perché la festa figura per il primitivo, per la sua memoria e per il suo desiderio, il tempo delle emozioni intense e della metamorfosi del suo essere" (Caillois, 1988, pag.131)
"..ne avevo bisogno.cioè io arrivavo già al mercoledì, giovedì e dovevo uscire di casa e aspettavo la festa.[.] eravamo un gruppo, non ce la facevamo a stare da nessun altra parte se non fosse dove c'era musica techno. E' capitato che andassimo a feste orribili per il bisogno della musica..la musica era il bisogno principale.La musica era quello che ti dava tutto..il piacere di sentirla e di non riuscire a stare fermo." (Intervista a Cristina)
"Abbiamo cominciato ad esaltarci per (la tekno)lo stile, per la cosa, probabilmente era un fattore identificante, cioè noi ci identificavamo finalmente in qualcosa, quello che mi si è mosso dentro fondamentalmente è che non avevo più voglia di altro che quello, cioè lo spazio, il mio spazio vitale era solo destinato a quello, cioè io mi alzavo -tardi- e mi fiondavo fuori di casa e andavo al Sempione a beccare "la cricca" e si cominciava, cioè, si continuava, era un ciclo continuo, anche se appunto poi magari te ne tornavi a casa oppure ti facevi tre giorni in giro.Quello che ti si muoveva dentro sicuramente era aver trovato qualcosa che ti teneva vivo e ti faceva desiderare di stare coi tuoi amici in giro, e non te ne fregava niente del resto, alla fine, aspettavi il sabato perché c'era la festa però intanto non è che non facevi niente, tutta la settimana eravamo sempre in delirio continuo, era bello, sicuramente bellissimo. veramente, non riuscivo a pensare ad altro ero assorbito da sta cosa, anche se non ci trovavo una mia dimensione in quel momento, ma non me fregava neanche, cioè mi bastava quello che era, cioè, il desiderio era appagato comunque, il desiderio di qualcosa era appagato." (Intervista a Giona)
La capacità distruttiva del rave si enuclea soprattutto nella rottura del concetto di spazio/tempo. La distruzione dei ritmi della metropoli tramite il superamento in velocità delle sue battute, fino al raggiungimento della stasi atemporale di una categoria inesistente, ovvero quella del presente. Basta cavalcare solo per una volta le sue impietose casse dritte e infinite attraverso albe e tramonti per rendersene conto. In un free party il tempo è come un fiume in piena che sbatte violentemente contro massi protuberanti. Essi direzionano gli eventi in un incrocio di correnti frastagliate e opposte che creano mulinelli vorticosi. Nel punto più profondo della loro forza centrifuga si posiziona l'azione techno-sovversiva. Tutto ciò ha le potenzialità per rompere i ritmi impostati dal sistema economico dominante della metropoli postmoderna - che deficita di spazi pubblici destinati ad una socialità altra rispetto a quella basata sui rapporti di produzione - con anse che rompono i tempi e gli spazi del potere.
".sicuramente senza l'esperienza rave ora per me tutto sarebbe stato totalmente diverso. non tanto per quell'anno e mezzo in cui ho vissuto sul furgone..ma proprio tutto il mio modo di pensare e le priorità che ho dato per tanto tempo a delle cose.alle quali adesso non do più.sono alla ricerca di qualcos'altro." (Intervista a Cristina)
"Vedi la nostra vita si basa sulla libertà e sull'essere liberi e fare quello che vogliamo e come vogliamo farlo senza che un'altra persona ci dica come dobbiamo farlo. [.] molta gente ha dei legami. Cose che ti tirano indietro e non ti puoi muovere perché non le puoi lasciare, e pensi di non poterle lasciare perché ne hai bisogno. Molta gente è abituata al riscaldamento centralizzato o all'acqua dai rubinetti. Ma non è mica più difficile, vado alla prima fontana con una tanica e ho la mia acqua. Una candela per la luce, una stufetta per bruciare la legna e ci posso anche cucinare. E' tutto quello che mi serve, una canna per stasera, il mio letto, ho i miei strumenti, i miei dischi, vestiti.
Ho tutto quello che mi serve. Ho una macchina, ci vado in giro, suono per strada, ho i soldi per la benzina... E' semplicemente vivere sul baricentro della vita. Sono abituato a non avere molti soldi in tasca, ma, a che mi servono? Faccio un po' di shopping, cerco un paio di canne, una bottiglia di vino. Per stasera sono contento! Non ci vuole poi molto per farmi contento. Ed è lo stesso per gli altri, sentiamo le stesse cose, seguiamo gli stessi fili.
Questa è una cosa che fa incazzare gli sbirri o la gente perbene. Ti vedono in quelle che nelle loro teste sono "pessime condizioni " eppure siamo felici.
Perché noi facciamo solo quello che abbiamo voglia di fare. lo voglio viaggiare, vedere il mondo, e si fa così. Soddisfazione, ecco come si chiama. libertà. (Intervista a Chris - Total resistance (15)
(15) Intervista a Chris dei Total Resistance, tratta da "Psychoattiva - vita e cultura psichedelica" n°2,
Anche se nel rave le dimensioni temporali precedenti non vengono abolite ma sospese, i ravers seguendo un ritmo proprio e che non è imposto da altri, condividono la loro temporalità personale e creano un evento collettivo. Io vedo in questa rottura del concetto di spazio e tempo la capacità contestativi e distruttiva del rave. Ogni confine sembra smembrato e lo straordinario si espande all'ordinario. Provando uno sradicamento del vissuto; lo squilibrio che Bey chiama nomadismo psichico, è più facile liberarsi dei valori- àncora di una cultura imposta per viaggiare senza attrito attraverso i mondi di esperienza più variegati.
".ho visto una alternativa.goduriosa!.Alla vita monotona che ti avevano insegnato a vivere. Io per esempio stavo studiando, per imparare a far qualcosa per poi farlo (nb.trovare un lavoro).non che le feste te lo precludano ma quando ho visto l'alternativa mi sono detta: "a me cosa importa di continuare a studiare", [.] Avevo scoperto che non dovevo stare in un posto per forza, a pagare l'affitto, la bolletta e lavorare." (Intervista a Cristina)
Nel rave si ha una percezione distorta del tempo ordinario ma anche una diversa organizzazione del tempo, che è autogestito e vissuto più in armonia coi ritmi umani e in situazioni di comunità, ciò costringe a ripensare le basi stesse di un sistema che impone di vivere il tempo a proprio modo, seguendo determinate imposizioni e norme sociali.
"..sono arrivati gli Spiral Tribe, e questo ha cambiato molte cose, comunque..si è creata questa situazione appunto.l'aspetto delle tribe, l'aspetto dei sound system nomadi, questo aspetto ha creato un suo filone che poi ha dato luogo a quello che adesso è un fenomeno grosso, che ti cambia anche un po'. [.] Sicuramente ha avuto un peso nelle mie scelte in generale, magari nelle scelte in cui: da essere 100% lavoro e completamente dedicato a quello sono passato a scelte che mi consentivano di dedicarmi anche ad altro. I party quindi mi hanno cambiato perché comunque mi hanno arricchito, cioè anche organizzare, mettere su un party -tu sai bene- è come fare una convention, o fare un tour musicale, cioè alla fine impari dei mestieri, cioè ti devi responsabilizzare, e comunque le cose le devi fare. (Intervista a Stek)
"Ho messo via qualche soldo e ho comprato il furgone, e da quel giorno non ho più speso niente e tutto quello che mi serviva era per mangiare..e per la benzina. E ho vissuto un periodo di rapporti personali.sempre... Il furgone ti slega completamente dalle radici.probabilmente la techno è stato il momento, la relazione.in quel momento c'è stata la techno che mi ha potuto dare questo, se fossi nata vent'anni prima magari non era la techno..è lo scoprire che c'è un'alternativa..proprio. l'alternativa." (Intervista a Cristina)
Nel rave invece la fruizione del tempo libero riesce a far dimenticare gli orologi del tempo di schiavitù del lavoro, durante lo svolgimento della festa, una stasi atemporale circonda tutti e tutto e solo i battiti della musica scandiscono il tempo, che non è più lo stesso tempo scandito dagli orari quotidiani (sveglia, colazione, pranzo, cena, lavoro, studio, riposo, sabato, lunedì), ma un tempo interiore, che non è misurato ma vissuto. Qui non esistono né passato, né futuro, esiste un solo tempo, il presente, scandito dalla musica, e un suolo luogo; qui ed ora.
Tempo come confine, frontiera. Un rave è un'avventura da vivere con differenti aspettative e gradi di intensità. Già Simmel (1986), aveva definito l'avventura come un corpo estraneo nella nostra esistenza, ma congiunto in qualche modo al suo centro : l'avventura è una parte della nostra esistenza che si collega alle altre parti poste prima e dopo di lei. Anche se per una via insolita e molto indiretta, l'esser fuori è una forma dell'esser dentro, l'avventura guadagna con facilità i colori del sogno. Secondo Simmel, un avvenimento diviene un'avventura quando ha un inizio e una fine ben definiti e realizza qualcosa che abbia una qualche rilevanza; nella dimensione dell'avventura agiscono sia azioni di conquista che comportamenti di abbandono, proprio come nel rapporto d'amore. L'aspetto più importante dell'avventura è dato dal fatto che essa si configura come una forma che deve essere vissuta , mentre il contenuto è meno qualificante, i significati si creano attraverso stati d'animo in un clima di interazione empatica più volte verificato nei raves.
Il concetto di avventura implica anche la possibilità del rischio e dell'azzardo, che Goffman (1969) collega invece alla sfera dell'azione. Mi pare più appropriato il modello interpretativo secondo cui le istituzioni usano l'argomento del rischio per avere un controllo sull'incerto comportamento umano, per rafforzare le norme e per facilitare la coordinazione; in sostanza attraverso la definizione sociale del rischio, si stabiliscono i confini della morale dominante. Il comportamento rischioso segna dunque il limite tra ciò che è lecito culturalmente fare e ciò che non lo è; analizzandolo si potrebbero scoprire scelte valoriali del sistema sociale. I raves vengono associati a molti fattori di rischio (alcol, sostanze, condotte sessuali, illegalità) e lo stesso sfondamento dei confini temporali all'interno della colonizzazione della notte è letto in chiave trasgressiva. L'aura del pericolo assume una valenza ambivalente tra il fascino del proibito e la conferma della norma; gli spazi e i luoghi di infrazione delle regole tendono ad essere ben definiti e circoscritti nel contesto di una trasgressione puramente simbolica e rituale. La dimensione del rischio ha una marcata capacità attrattiva. Un tempo al rischio erano collegate valutazioni negative, oggi non è più un disvalore. La disponibilità o curiosità nei confronti del comportamento rischioso preesistono e formano un canovaccio propedeutico alla scelta di un luogo o di una pratica ritenuti adeguati allo scopo.
".Quello per me era un percorso di andare verso quello che non capivo, perché comunque mi affascinava tantissimo e quindi anche il fatto che fosse estremo, illegale e tutto quanto era una cosa che mi stimolava perché io lo vedevo così: c'era qualcosa che non mi piaceva nel mondo in generale, diciamo, in me anche, forse, comunque nel rapporto che avevo con le persone in generale. Io vivo a Milano, una città fredda dove il rapporto con le persone è misero e ridotto veramente a poche forme di comunicazione stereotipate e quindi invece alle feste mi sono ritrovato che avevo un altro linguaggio, io mi sono reso conto che io ero tutt'altro di quello che mi insegnavano. Non era vero che esisteva solo il bene, non era vero che esisteva qualcosa che in assoluto poteva essere considerato bene, era sempre qualche cosa che era contornato dal resto, diciamo che mi sono avvicinato a quello che mi era stato insegnato essere il male, era quello a cui dovevo stare attento perché "lì ci sono i drogati, lì c'è buio, lì ci sono i pericoli perché lì c'è il capannone con i buchi".insomma c'erano tutte quelle cose che facevano paura, allora io ho vinto questa paura e non solo, ho visto che lì, in realtà, proprio per il fatto che ne hanno paura tutti ho trovato un posticino dove invece io stavo da dio. Stavo da dio perché riuscivo a essere me stesso e stavo al di là di queste regole, ero al di fuori di queste regole." (Intervista ad A034).
Non è il Rave in sé a proporsi come "fiera degli eccessi", Ma sono i differenti tipi di investimento dei frequentatori a ricercare gli spazi più adatti per vivere il proprio sogno di avventura fino a inseguire le emozioni estreme per andare oltre i limiti, come avviene anche nella pratica di alcuni sport.
I giovani mettono in luce un atteggiamento di maggiore franchezza e di minore autocensura, all'interno di un sistema sociale che non offre più alcuna garanzia di lavoro e protezione. Per le nuove generazioni la vita stessa si propone come un'incognita e un rischio che si cerca di affrontare con molti timori e incertezze. La crisi dei valori è la "diagnosi dell'ovvio"; per i giovani determinati valori non esistono più, perché sono già dentro a una prospettiva di grande cambiamento. La loro esigenza prima è la difesa dall'angoscia. Per questo a volte sviluppano il bisogno di comunità e un attitudine alla fuga proteso verso la fuoriuscita dalle routine quotidiane e verso l'esplorazione di altri mondi sconosciuti.
"La cosa più assurda che mi ha lasciato sono le domande, adesso io ogni tanto mi dico: "ma cosa sto facendo, cosa voglio, ma chi sono?".in quel periodo invece volevo quello, l'ho avuto, e l'ho fatto.era "semplice vivere" ed "era già tutto" alla fine, anche perché comunque era un'avventura, tra l'altro." (Intervista a Cristina)
All'interno del variegato arcipelago giovanile si è accentuata la tendenza alla presentificazione temporale, e il tempo dell'occasione tende ad assumere una centralità inedita, assoluta e autoreferenziale, all'interno di un involucro sociale sempre più esile e atomizzato. Il "presente" assorbito in tutta la sua intensità e profondità, la puntualità del Kairos -il tempo dell'occasione - contrapposto alla linearità cumulativa del Chronos .
Le principali motivazioni della ricerca di divertimento risiedono nella propensione ludica che contiene il desiderio di evasione, di avventura, di rottura dalla monotonia quotidiana per vivere spazi differenti e significativi di esperienza. Il significato etimologico del termine "intrattenimemento" discende dal francese "entretenir", tenere dentro, creare una soglia, uno spazio di transito tra ambiti diversi di vita quotidiana entro cui possono compiersi riti di passaggio . Secondo Van Gennep (1981) la prima parte del rito di passaggio tende a separare determinati gruppi di persone dalla vita quotidiana, collocandoli in una sorta di limbo che rimarca un tempo di sospensione tra il tempo e le attività del prima e il tempo e le attività del poi, una soglia tra il vivere sacro e il vivere profano. Lo spazio ludico diventa il luogo privilegiato di produzione e rappresentazione simbolica all'interno di una zona di limen che consente di giocare modalità e stili di vita differenti e opposti a quelli della tradizionale scansione routinaria di ruoli e di tempi. Il regno del possibile dove estrinsecare, con libertà e senza vincoli di scelte irreversibili, le molte potenzialità dell'immaginazione e della fantasia. In tale prospettiva, lo spazio del rave si può collocare su un orizzonte più iperreale che irreale . E' in questo senso che l'estensione del campo esperienziale si rivolge più alla categoria della intensità che non a quella della quantità : per molti aspetti si potrebbe parlare di esperienze di flusso laddove con questo termine si intende la sensazione olistica che interviene in uno stato di coinvolgimento totale.
".delle prime feste mi ricordo che era collettivo l'andarci, prepararci, anche se io ero abbastanza comunque, forse un po' solipsista nell'intuire la situazione, nel fruire della situazione, cioè mi piaceva star da sola, viaggiarmela da sola, e non ero neanche l'unica, cioè era abbastanza condivisa come cosa, comunque più tollerata e approvata, più di adesso, cioè tu potevi andare alle feste proprio a viaggiare e non a chiacchierare e non a guardare cosa fanno gli altri né come si sono vestiti, cioè alla fine una volta era più forte l'espressione del voler uscire no? ..dagli schemi, dalla propria psicologia, dalla tua forma, dal tuo essere." (Intervista a Eleonora).
Ma tale esperienza è anche temporalmente e spazialmente definita, la sperimentazione e l'immersione si concentrano entro il perimetro di particolari cornici, il rapporto tra il "dentro" e il "fuori" del soggetto e della sua pratica sociale disegna molte possibili configurazioni di transiti più che di approdi , di giochi di identità e di possibilità più che di appartenenze totalizzanti e univoche (Torti, 1997b). La performance del ballo all'interno del rave può essere letta come e un'attività riflessiva nel cui ambito agiscono un insieme di io, intesi sia come area di aggregazione collettiva sia come espressione della pluralizzazione delle componenti dell'identità individuale. Una specie di stanza degli specchi dove performance di svago e attività di vita sociale si riflettono e interagiscono per co-fondersi in nuovi modelli di identità e comunicazione.
".il party secondo me è un messaggio, è una cosa fortissima, è proprio una riappropriazione della città, quindi è sia una cosa fisica, urbana e sociale, per dare un messaggio forte. Si può dire che la gente viene contaminata nel senso che è costretta ad aprire gli occhi su certe realtà, perché le feste cosa ti fanno.penso che il bello dei party di una volta è anche stato che era una cosa, non per pochi, ma che erano in pochi a sentire questa appartenenza, mentre ora più questa cosa si allarga, più perde la sua carica rivoluzionaria. [.] Io avevo bisogno di qualcosa di nuovo, l'ho avuto, ho fatto delle esperienze esagerate, proprio sia di tipo sociale, quindi di rapporti con le persone, sia anche di tipo extrasensoriale, cose che non avevo mai provato, proprio, lì veramente, ai party, io che sono una persona agnostica totale,e materialista, ho iniziato a credere nell'energia, cioè in nessuna forma di religione o di chissà quale dio o divinità straniera però, in una forma di energia, e ho cominciato a credere che esiste veramente qualcosa di soprannaturale nel mondo, negli uomini." (Intervista a Paolo).
".più bello ancora era quando ognuno andava per i cavoli suoi però poi lì ci si trovava tutti quanti ovunque.e l'empatia era ancora più forte quando vedevi che tutte le persone intorno a te erano i tuoi amici ed erano tutti esaltati.eh..ho passato le mattine più belle della storia devo dire." (intervista a Cristina)