CAPITOLO PRIMO

TEMPO

1.1 LA MUSICA

La storia si allunga, i protagonisti crescono in numero e qualità, le definizioni crollano.in tutti i sensi: ricostruire i dettagli e le ramificazioni del fenomeno dei rave illegali è opera sempre più impegnativa, provo a farlo attraverso un background dalle tinte eterogenee e intossicanti, ricercando significati e variabili tra i canali più oscuri della percezione, tra le eredità e le contaminazioni musicali, culturali ed estetiche che hanno contribuito a costruire un patchwork unico e in continuo mutamento. Perché data la natura nomade e sovversiva di questo argomento, è molto difficile tracciare una vera e propria storia cronologica e geografica fluida.

In principio era il verbo

Il pilastro del rave è prima di tutto la musica, una pulsazione sempre uguale, sempre diversa, il ritmo della musica techno è diviso in battute di quattro quarti, che costituiscono un ritmo ripetitivo denominato dai raver "cassa dritta".

"La musica ha una importanza assoluta nelle cerimonie in cui è suonata. E' un mezzo potente per trattenere l'anima vitale, che è presente non solo nell'uomo, ma in qualsiasi oggetto della natura: dalla pietra all'animale, dalla pianta al fiume, dalla foresta alla montagna. La parola, il suono, il soffio magico. Parola, suono e soffio tornano di continuo in tutte le mitologie, quali elementi fondamentali di vita. <<In principio era il verbo>> dice Giovanni. Il Dio della Genesi soffiò in faccia all'uomo-fango (<<un soffio di vita, e l'uomo fu fatto in anima vivente>>). Il Logos dei Greci era la legge divina dell'universo o Dio stesso. L' "Om" degli Yoghi orientali è il suono cosmico della armonia superiore. Ovunque e in qualsiasi tempo questo potere della parola, del suono o dell'alito magico (assimilabili in un solo principio) sta alla radice d'ogni pratica religiosa e magica" (Page - Pyres, 1999).

Lo spazio del rave è prima uno spazio sonoro, quando si arriva ad un rave, prima ancora di vedere qualcosa si sente il martellamento caratteristico della techno. Musica da danza senza concessione, la techno non si ascolta, si balla. Più che un invito, la techno è ingiunzione a ballare. Entrare in un rave è entrare nella danza, un ballo maratona che dura più giorni. La musica ci conduce, ci porta con sé, ma chi conduce la musica? Se si risale alla fonte del torrente musicale, si scopre discreto, in disparte, il DJ.

1.2 LA TECHNO

Uscito dall'ambiente delle discoteche, il DJ techno che officia nei raves non fa che prolungare il gesto trasgressivo e fondatore dei primi DJ techno i quali stanchi di mettere musica vollero fare musica, a partire dalla musica degli altri, fare musica con uno strumento che non è uno strumento. Questo atto, contemporaneamente detournamento (1) dei dischi e deviazione dei piatti (giradischi), consisteva nel fare man bassa sui dischi, nel mettere le mani sul vinile, nel fare finalmente ciò che tutti si proibiscono formalmente di fare.

Il DJ techno spinge lontano questa logica d'appropriazione di brani musicali di altri e del loro sviamento, è ciò che si chiama (ri)-mixaggio. Non si tratta più semplicemente di segnare col proprio stile l'incatenamento dei brani tra loro, ma nel quadro del rave, di trattare i pezzi musicali come materiale sonoro quasi-grezzo, fornendo la materia prima del mix, i pezzi si diluiscono in un flusso musicale strutturato attorno ad una ritmica forte. Il DJ techno inventa una sorta di patchwork musicale costituito partendo da differenti pezzi al fine di produrre un suono adatto al rave, adatto al ballo. L'ultima finalità rimane invariabilmente il rave, la musica techno non vale che nel rave, il tempo del rave.

(1) Dal francese: "Detournement": indica il furto di pezzi artistici dal loro contesto e il loro dirottamento in contesti di propria invenzione.

Queste pratiche hanno per conseguenza di confutare la possibilità di un recupero della musica techno per l'industria culturale. Il suo recupero commerciale potrebbe operarsi solo con una deformazione contro natura della techno per inserirla nel formato del mercato (con un artista e un brano chiaramente identificati). Il DJ techno è un bulimico del suono, corre senza respiro dietro a nuovi suoni, alla ricerca di nuovi dischi per mixare, come un pittore cercherebbe instancabilmente dei nuovi colori per dipingere. I dischi da mixare di cui si nutre, sono dei prodotti grezzi essi stessi prodotti da DJ techno.

Ma bisogna fare attenzione anche ai "tecnici" della techno, a chi fa techno attraverso un live-set, ai "compositori" della techno e alle loro "strane macchine", perché si tratta di macchine più che strumenti, per provare ad esaminare le condizioni di possibilità tecnologica a partire dalle quali si elabora la musica techno, o per dirlo in altro modo: come lo sviluppo tecnologico contemporaneo determina direttamente la natura della musica techno.

E' necessario chiedersi in cosa la techno stravolge la nostra concezione della musica per capire che gli stravolgimenti maggiori dei principi musicali sono molto anteriori alla musica techno, datano fine anni sessanta, notoriamente con la musica elettronica, della quale la techno sembra essere un prolungamento, un risultato. Eredità e contaminazioni della techno non sono meno importanti del suo apporto innovativo e saranno affrontate nei paragrafi seguenti.

"Ciò che è nuovo nella techno, più che il processo tecnologico di composizione/produzione musicale in sé, è l'uso sistematico e rivendicativo che essa ne fa, la musica techno mette in primo piano il fatto di manipolare il suono" (Hampartzoumian, 1999, p.45).

La musica techno è una musica senza scrittura, eco contemporanea di una vecchia tradizione orale della musica. La musica techno produce dei suoni a partire da due fonti: il campionatore (2) e il sintetizzatore, è inadatto chiamarli strumenti, parliamo di macchine.

Il sintetizzatore ha lo status (il ruolo) di generatore di suoni insoliti, il campionatore permette di isolare un suono dal suo contesto e di sottometterlo a multiple manipolazioni.

Cosa resta della musica una volta spogliata della partitura e degli strumenti? Resta il suono, l'oggetto sonoro nudo. Composto non più a partire da note astratte, ma a partire dal suono concreto. Sentire un suono e non lo strumento da cui proviene il suono suppone una rottura con il nostro modo corrente di percepire la musica. Ciò che fa la forza della musica techno rispetto alla musica classica/colta, e ciò che la rende interessante sociologicamente, è il fatto di aver saputo, non solo, inventare una nuova musica, ma anche simultaneamente le nuove condizioni di ricezione di questa musica, una musica incredibile e un quadro rituale festivo inedito. La musica techno inventa il rave quanto (tanto che) essa s'inventa durante il rave. Le caratteristiche invariabili della musica techno (ripetizione, citazione, campionamento e artificiosità) sono alcuni degli aspetti che fanno parte della postmodernità. Infatti l'interesse sociologico allo studio dei raves consiste nel pensare all'inserimento completo dei raves nella loro epoca, e nel descrivere l'oggetto all'interno della sua realtà sociale. Il rave inventa una nuova forma di rituale festivo, la techno inventa una nuova forma musicale. Lo sbocciare della techno avviene in un momento di considerevole aumento delle performances del materiale musicale. Il livello di sviluppo tecnologico è dunque una condizione necessaria all'apparizione di questo genere di musica, esso segna anche una nuova modalità d'approccio alla tecnica, un nuovo rapporto con la tecnologia, radicandosi nell'uso e nella pratica tecnologica.

(2) Il campionatore è un apparecchio di registrazione a sistema digitale che permette di prelevare campioni di suoni e di modificarne l'altezza, la durata, e il timbro e che può essere utilizzato come mezzo di creazione sonora e musicale. Nella techno è anche molto usato il sintetizzatore, apparecchio elettronico destinato alla creazione di suoni complessi a partire da oscillazioni elettriche semplici. Il passaggio dalla sintesi analogica a quella digitale, e in particolare l'introduzione massiccia di tecniche come la sintesi in modulazione di frequenza e soprattutto il campionamento, hanno consentito di esplorare regioni timbriche che vanno dal rumore al suono degli strumenti tradizionali, aprendo nuove possibilità espressive. (F. Fabbri, 1996, pp.184-185).

1.3 LA TECHNE (La nuova visione)

Derrick May, figura faro della musica techno di Detroit, città di un gigantesco naufragio post-industriale e luogo fondatore per la musica techno, insiste abbondantemente, sul punto di ancoraggio tra l'apparizione della musica techno e l'ambiente economico-sociale.

La musica techno pone la questione della tecnica, una tematica lungamente trascurata dalla tradizione filosofica, diciamo che dopo Platone, il quale ha distinto tra sapere teorico e sapere pratico, la tecnica si è trovata screditata. Con la modernità, nella complessità dei moduli espressivi contemporanei, la tecnica si trova riabilitata, il progetto cartesiano di dominazione della natura si realizza nella e per la tecnica. Malgrado questa rivalutazione, la tecnica resta sottomessa al sapere teorico, essa non ne è che l'applicazione. Solo recentemente appare il concetto di tecnoscienza, il solo capace di rendere conto della complessità delle interazioni tra scienza e tecnica. Esistono generalmente due posizioni sulla tecnica: un discorso technofobo sospettoso che il progetto tecnico mascheri la fine dell'uomo e un discorso technofilo che esalta la tecnica come una via di realizzazione della nostra umanità. Entrambe le posizioni esprimono una tensione strutturante per la nostra civilizzazione, per il nostro progresso. Perché la tecnologia è vista sia in una luce positiva sia negativa, ed è proprio questa attitudine che esprime la tensione strutturante nella cultura occidentale.

Questo tormento tra una cultura simbolico-artistica e una cultura tecnico-scientifica, tra "istruiti incolti e colti ignoranti"(Hampartzoumian, 1999, pag.47), è spesso percepito come una mutilazione culturale fondamentale. S. Hampartzoumian cita Heidegger nel suo articolo; egli è la massima referenza di tutto il pensiero sulla tecnica. L'essenza della tecnica, ci dice, non è precisamente una questione tecnica; bisognerà estrarsi dal quadro tecnico che tende a chiudere il nostro pensiero, evacuare la visione strumentale della tecnica, per poter veramente pensare l'essenza della tecnica. Allo stessa modo, l'idea della neutralità della tecnica non è che un effetto dell'ideologia tecnica, mirante a neutralizzare tutti i tentativi di comprensione di questa.

L'essenza della tecnica è fondamentalmente metafisica, essa determina un certo tipo di rapporto col mondo. Il formidabile spiegamento della tecnica nella modernità è il segno della realizzazione del progetto d'emancipazione dei Lumi, apologia del Fare e dell' Agire a discapito della questione dell' Essere . Questo concetto è assorbito non solo dalla musica del rave ma anche dagli attori del rave.

"Alle feste ci è venuta la voglia di fare.la voglia di, tutti insieme, FARE." (Intervista a Cristina)

La musica techno per i ravers non è solo una conseguenza della sofisticazione tecnologica della musica, essa è anche e soprattutto una postura estetico-poetica che segna un nuovo modo di essere di fronte alla tecnica. La tecnica mette a disposizione dei ravers la possibilità di fare, di vivere in modo alternativo, di viaggiare, di trasportare la strumentazione ovunque per creare eventi musicali, di suonare, di FARE tutto ciò che si vuole.

".E la vita mi è cambiata di brutto: il rave mi ha cambiato la vita completamente, ho potuto frequentare il paradosso sempre, e ho vissuto delle storie veramente allucinanti con delle persone, mi è sempre piaciuto tanto il lato artigianale delle cose, tipo cose fatte insieme, o comunque che tu fai qualcosa con qualcuno, questa è una delle cose che mi piacciono più nella vita: riuscire a fare qualcosa con qualcuno, tipo becchi uno, pensi a una cosa e la fai. Bellissimo!!.[.] Quello che è tempo perso ora è il fatto che ha preso più importanza il parlare della cosa,e a me non piace quello: l'ecumenismo della cosa, nel senso;, bisognerebbe guardarsi un attimo in faccia, e decidere cosa fare, tipo facciamo questo facciamo quello facciamo quell'altro, e sei sicuro che comunque sei con gente che l'ha scelto di fare, perché è bello farlo insieme. A me la cosa della family mi aveva conquistato per quello, perché alla fine, veramente a me piace fare cose con altre persone. La creatività: fare le cose, proprio, con altre persone. Alle feste ci sono anche le persone che vanno solo a ballare, e anch'io ballo di brutto, e ci sono persone che non hanno questa spinta creativa . " (Intervista a BBS)

L'essenza della tecnica dissimulata nella materialità concreta della tecnica si tradisce nelle parole, le quali attraverso i differenti slittamenti e variazioni di senso, tradiscono il movimento di una cultura. La parola greca Techne, designa originariamente un sapere contenuto nel Fare, un pro-dotto (3) poetico. Con la modernità, la parola si spoglia del suo senso primario e non designerà altro che una produzione, nel senso di pro-vocazione (4). L'efficacia cieca ed accecante della tecnica secondo Heidegger si fonda su un mondo privato dell'essere, un mondo oggettivato senza soggetto. Heidegger non ferma il suo processo contro la tecnica con una condanna tronca, ma ci ricorda l'ambiguità primordiale della tecnica e rilancia la riflessione riallacciandosi alla questione dell'essere, specialmente attraverso l'arte. E' esattamente in questo allacciamento che interviene la musica techno, è questa la cerniera cui bisogna pensare, il cardine su cui riflettere.

(3) Il gioco di parole è una traduzione dal francese: pro-duction, dal suffisso -ducte = dotto, (con)dotto, quindi il significato è: "condotto per" oppure pro-condotto nel senso di "fatto-per" o "per-fare".
(4) la vocazione a FARE a discapito dell'essere e dell'apparire.

La techno è questa forma d'arte che ci distoglie e ci libera dalla tecnica a partire dalla tecnica, essa è il legame che libera, distaccamento che unisce: ecco la complessità del processo creativo all'opera nella techno. Le parole che designano la festa: rave (delirare, uscire dal solco) e techno (tecnica/o) sono due termini che provengono etimologicamente dal lessico del mondo del lavoro.

Le macchine da musica della techno somigliano alle macchine da guerra delle quali parla G. Deleuze (Deleuze - Guattari,1993, p. 639); non sono adottate secondo l'uso per il quale sono programmate ma per quello che si può eventualmente trarne, poiché esse possono adattarsi alle aspettative imprevedibili dei loro utilizzatori, sono questi ultimi che ne inventano il vero utilizzo. Queste macchine, la cui funzione è stravolta, servono anche a stravolgere e deformare il suono.

Il campionamento, che è una pratica sistematica nella produzione musicale techno, corrisponde, artisticamente parlando, al Ready-made di M.Duchamp. Il Ready-made , "oggetto usuale promosso alla dignità d'oggetto d'arte per semplice scelta dell'artista" (Duchamp, 1938), consiste in un semplice spostamento, che piazza l'oggetto fuori-soggetto, questa decontestualizzazione/ricontestualizzazione fa pensare. Il gesto iconoclasta di M. Duchamp non rimette in causa la società, facendo di un oggetto industriale un oggetto d'arte unico, non dice niente ma in questo niente ragiona tutto il nichilismo della società di produzione/consumo. Duchamp scopre il meccanismo dell'appropriazione, egli trova nella macchina la bellezza fredda che stava ricercando. Il Ready-made descrive bene la pratica del campionamento, generalizzata dall'estetica techno.

In effetti, la techno declina in tutti i sensi, sia nella musicalità sia nell'immaginario techno, questo procedimento artistico, arte dello stravolgimento: brani di musica, dialoghi, slogans, loghi di grandi marche, pittogrammi..Tutto è buono per parodiare l'industria della comunicazione. Non si tratta di rifiutare il mondo ma di tenerlo a distanza, di introdurre uno scarto. C'è dunque una corrispondenza possibile tra il rapporto libero alla tecnica che propone Heidegger e il gesto emancipatore di M. Duchamp che ci liberava della tecnica, dopo la tecnica.

Questa corrispondenza si può chiarire facendo un paragone tra techno e pop-art: entrambe non sono ciarliere, entrambe non si auto teorizzano come molti altri movimenti artistici, ma lasciano esprimere i commenti più contraddittori; esaltazione consumistica o critica sociale che siano. Al di là della sua figura rassicurante la pop-art diffonde un dubbio sulla realtà sociale, puntandone l'evidenza delle immagini e degli oggetti familiari, la pop-art intorbida e offusca l'evidenza di questa familiarità. Ci piazza in posizione meta-immaginaria, suscita una inquietante estraneità.

La techno, così come la pop-art, non è né fuori, né contro la società del consumo, entrambe ne sono una critica interna. Ripetendo meccanicamente il meccanismo della produzione, ne svelano il nichilismo, la capacità di negare la soggettività e l'originalità, per dissolvere tutto nella (ri)produzione dell'uguale, dello stesso, del simulacro. Contro i processi di standardizzazione, la pop-art e la techno rivelano in qualche modo l'originalità della copia stessa, e la sua insuperabile artificiosità al limite. E' una doppia denuncia, quella della creazione artistica, sovvertendo il modello dell'opera d'arte, e quello della produzione industriale, rivelando l'essenza della tecnica.

Il pericolo è che in ogni momento tutto possa annullarsi e trasformarsi nel suo contrario (in effetti, la pop-art è merce che diventa opera, e l'opera può in ogni momento trasformarsi in merce culturale), quindi il rischio che colpisce i raves è la loro mercificazione. Per evitarlo è necessario che lo sguardo attivo di chi guarda riesca ad attivare la potenzialità emancipatrice dell'opera, senza la quale l'opera si andrebbe solo ad aggiungere all'accumulo delle cose. Libera e provvisoria la tecnica conserva sempre la sua ambiguità primordiale, al tempo stesso alienante e liberatrice.

L'unica soluzione alla "soppressione e realizzazione" dell'arte, dice Hakim Bey (5), giace nell'emergere delle zone temporaneamente autonome, nei luoghi temporaneamente occupati dove si svolge il rave. La TAZ come il rave è l'unico possibile luogo e tempo per l'accadere dell'arte, per il puro piacere del gioco creativo, e come tangibile contributo alle forze che permettono alla TAZ di aggregarsi e manifestarsi.

(5) Maestro di sufi, è uno dei più interessanti esponenti delle controculture americane degli anni ottanta. Ha lavorato come poeta nel nord dell'India, espulso per ragioni politiche, vive in un albergo a Chinatown e in una roulotte in una palude del New Jersey. Non appare mai in pubblico. Le sue teorie appaiono in Italia nel 1993, quando la deriva commerciale dei primi organizzatori di rave scivola nella moda dell'house delle discoteche e una parte degli amanti della techno e dei raves incontra gli attivisti della controcultura italiana e da questo incontro nasce il rave "dei centri sociali". Questo accostamento e la diffusione delle teorie di Hakim Bey, agevola la politicizzazione, questa volta di sinistra, di una parte del movimento italiano. Il suo testo: T.A.Z. zone temporaneamente autonome, diventa il manifesto dell'occupazione e dell'appropriazione temporanea di spazi e del pensiero nomadico e libertario.

"L'Arte nel mondo dell'arte è diventata una merce; ma più profondamente di ciò si trova il problema della ri-presentazione stessa, e il rifiuto di tutta la mediazione . Nelle TAZ l'arte come merce sarà semplicemente divenuta impossibile; sarà invece una condizione di vita. La mediazione è più difficile da superare, ma la rimozione di tutte le barriere tra artisti e "utenti" dell'arte tenderà verso una condizione nella quale l'artista non è un tipo speciale di persona, ma ogni persona è un tipo speciale di artista"(Bey, 1991, pag.47).

"La TAZ come il rave è un'arte della vita in continua ascesa, selvaggia ma gentile, un seduttore, non un violentatore, un contrabbandiere piuttosto che un pirata sanguinario, un danzatore" (Bey, 1991, pag. 51 ) .

Seguendo in un certo modo l'impresa della pop-art, ho voluto dire che la techno, senza rivendicarsi come avanguardia e neppure senza alcun progetto, sembra prolungare il "lavoro di scavo" ingaggiato dalla pop-art. Quindi non è strano ritrovare nella sua estetica dei principi caratteristici (ripetizione, campionamento, ecc.) che sono in coincidenza con l'estetica techno.

La techno e i raves sono indissociabilmente legati, non ci sono raves senza techno, e non c'è techno senza rave. Attraverso una riflessione sulla musica techno, ho voluto descrivere la modificazione del nostro rapporto alla tecnica. Lo sviluppo tecnologico non appare più interamente destinato all'accrescimento della potenza, esso serve anche ad esaltare il sentimento arcaico della comunità. La tecnica non è più appresa come lo strumento di una più grande dominazione del mondo ma come lo strumento di un diverso gradimento del mondo, e di una sua migliore comprensione.

Il rave è un luogo dove è ben mostrato il passaggio di una società moderna a una società postmoderna; dalla società della produzione e del consumo ad una società dell'"uso", del desiderio e dell'appropriazione. Con un movimento al contrario rispetto all'evoluzione e al progresso si ripensa all'uso della tecnologia in chiave umana e la si usa per soddisfare il desiderio di festa, di comunità, di ritorno alle origini. Hampartzoumian riprende il concetto del passaggio da una società moderna ad una società postmoderna utilizzando come paragone il mito di Esiodo come passaggio da una società di tipo prometeico ad una società di tipo epimeteico.

Il mito di Prometeo può esserci utile per chiarire un concetto che usiamo abitualmente, quello di "tecnica". La storia di Prometeo ci è narrata da tre autori antichi: Esiodo, Eschilo e Platone. La figura di Prometeo è associata all'origine della civiltà, della industria umana, alla conquista da parte dell'uomo di un potere di usare della natura per sopperire alle proprie mancanze e necessità, agli inizi del progresso tecnico dell'uomo. Prometeo si presenta come l'inventore delle arti e delle scienze umane: il calcolo, la scrittura, la medicina, l'uso del bronzo, del ferro e dei metalli preziosi. La versione del mito fornita da Platone nel "Protagora" narra di un inizio in cui gli Dei generano i mortali nelle profondità della terra e assegnano a Prometeo ed Epimeteo il compito di distribuire le facoltà a ciascuna razza in modo conveniente. Epimeteo si cimenta da solo nella ripartizione: ad alcune razze fornisce la forza, ma non la velocità, che dà invece alle razze più deboli; ad alcune assegna armi di difesa e di offesa, alle razze inermi dona invece altre facoltà di difesa come la capacità di nascondersi sotto terra o di fuggire grazie alle ali.fa in modo che si difendano dalle intemperie con peli e pelli, assegna cibi differenti per ciascuna, chi si nutre di radici, chi di frutti, chi di altre razze, e fa si che le razze-prede abbiano prole numerosa, perché non si estinguano.insomma equilibra tutte le facoltà distribuendole con accortezza, in modo che ogni specie possa provvedere a se stessa. Ma Epimeteo esaurisce con gli animali tutte le facoltà quando ancora rimane la razza umana da sistemare. Allora Prometeo, vedendo che l'uomo è nudo, scalzo, scoperto e indifeso, non sapendo come salvarlo ruba ad Efesto e ad Atena la loro sapienza tecnica e il fuoco e ne fa dono all'uomo. Da questa conoscenza tecnica vengono all'uomo le sue risorse per vivere; dalla sapienza che era stata degli Dei l'uomo può rimediare e sopperire alla sua completa nudità e inabilità originaria. Nella tecnica l'uomo, essere "incompiuto" per natura, incontra un elemento con cui compiersi. Fabbricando utensili ossia diventando tools-making-man , contribuisce a liberarsi dal regno della necessità per accedere a quello della libertà.

Se la tecnica ci appare antica quanto l'uomo, un'esplicazione dell'essenza umana senza di cui difficilmente egli si sarebbe salvato entro il cosmo (questo sia detto con la mente rivolta alle non sempre felici teorie antitecnologiche), sono palpabili i timori verso la tecnologia: da quello legato all'eccesso di ordine e di controllo sociale ad opera delle tecnocrazie, alla recente paura per i rischi di caos emergenti dalla manipolazione della vita, al disagio per la complessificazione del vivere, promozione di un mutamento continuo e dunque civiltà senza radici; abbandono del passato e distruzione delle tradizioni; inquietudine; eccesso di proiezione verso il futuro; declino della capacità di riflessione; massificazione e livellamento; volontà di potenza che può esplicarsi nel controllo totale; squilibrio tra l'abbondanza dei mezzi e la povertà degli scopi.

Da questo punto di vista si può distinguere la figura dell' homo faber , che rappresenta la tecnica premoderna, dall' homo tecnologicus che è la figura della tecno-scienza moderna. Con l' homo faber la capacità dell'uomo di indurre trasformazioni nella natura è limitata. Il fare tecnico dell'uomo non incide sulle strutture e sui meccanismi profondi della natura: i suoi effetti sono a breve termine e facilmente assorbibili da essa, la quale non è intaccata nella sua integrità e nella sua necessità. Con l' homo technologicus le cose cambiano. Esso "è qualcosa di più e di diverso dall' homo faber ." Egli nasce con il mondo moderno e realizza quel doppio processo di scientificizzazione della tecnica e di tecnicizzazione della scienza che è diventata la grande istituzione moderna chiamata "tecnoscienza". Ciò gli consente di incidere in profondità sulla struttura della natura e sulla sua integrità, aumentando di gran lunga la sua capacità di indurre trasformazioni sul pianeta. In una parola, possiamo dire che la tecnologia è divenuta l'ambiente dell'uomo attuale, il nostro habitat. Potremmo dire di più e seguire Heidegger quando afferma che la tecnica è diventata il destino dell'uomo: essa non è più innocente. Essa conquista la propria autonomia e tende ad egemonizzare i fini e le attività dell'uomo.

Mentre la tecnica sa fare ma raramente sa il perché (padroneggia il know-how, non il know-why), la tecnologia sa fare e ne conosce le ragioni: è un saper fare certo, consapevole di sé e di quanto opera. L'uso della tecnologia nei rave è diverso: tecnologia si, ma usata, ricostruita, distorta, sperimentata ad uso e consumo del piacere empatico dell'uomo e del soddisfacimento dei suoi naturali desideri.

Poiché nel mito è contenuto qualcosa di più del suo senso immediato, non è difficile scorgervi il riferimento ad un rischio per l'uomo: questi, appropriandosi di ciò che appartiene agli dei e che egli ruba, si inoltra in una condizione instabile (il rapimento del fuoco costa a Prometeo una condanna eterna). Nel mito è già forse contenuto il concetto che la tecnica è intrinsecamente suscettibile di essere impiegata per il bene e per il male, se non è regolata da qualcosa di superiore. Nella continuazione del mito si narra che gli uomini iniziarono a combattersi e a recarsi offesa, finché Zeus dovette inviare Hermes a dotarli di virtù civili quali il pudore e la giustizia affinché si radunassero in città e vivessero in pace: l'omaggio alla necessità dell'etica non è da poco.

Hampartzoumian reinterpreta il mito di Esiodo, riabilitando la figura di Epimeteo che viene comparata con la techno all'interno della società. Epimeteo è sempre stato adombrato dal fratello Prometeo, il fratello maggiore più famoso e trionfante, ma Epimeteo gli è profondamente legato; è il fratello minore che trova le falle e le può colmare, perché ha il potere della meditazione e dell'attenzione alla vita. Prometeo nonostante la sua forza, è un personaggio attivo prigioniero dell'azione spogliata di sensibilità, cieco alla bellezza del mondo. Al contrario Epimeteo malgrado la sua debolezza, è un personaggio portato alla meditazione, capace della più grande attenzione alle cose e alla loro bellezza. L'uno ha le qualità che mancano all'altro, la loro riconciliazione appare impossibile anche se necessaria ( Hampartzoumian, 1999, pag. 51).

Nei miti greci si sintetizzano e trovano significato le prime percezioni che l'uomo, essere contraddittorio fra natura e società, ha di se stesso; e i sogni, i deliri, gli incubi, le speranze, i timori e le visioni dell'umanità occidentale.

Prometeo, rubò agli dei il fuoco e la sapienza tecnica e ne fece dono agli uomini. Prometeo riesce così a dare all'uomo una sua modalità specifica di sopravvivenza che non è "naturale"; è fuori dai meccanismi della natura. Diversamente dagli altri animali, l'uomo può, infatti, sopravvivere grazie alla sua capacità di costruire strumenti con il fuoco e la sapienza tecnica. Le risorse fondamentali dell'uomo per la sua sopravvivenza diventano in tal modo artificiali. La nuova dimensione della sua vita diviene culturale. Prometeo rende così possibile all'uomo l'autonomia dai meccanismi della natura e per questo è castigato da Zeus. Ma il fatto di avere lasciato le modalità istintive e i meccanismi naturali di sopravvivenza può costituire per l'uomo un potenziale problema. Forse l'errore-dimenticanza di Epimeteo è l'ambiguo presagio di un potenziale pericolo. Ed Epimeteo, nella sua ambivalenza, rappresenta la nostalgia di un impossibile ritorno alla natura. Il Prometeo è ormai scatenato, e può esprimere la sua incoercibile e illimitata istanza modificatrice e dominatrice del mondo. Gli effetti spaziali e temporali delle azioni umane hanno raggiunto dimensioni e dinamicità impensate. Il potere umano di trasformazione della natura ha superato ogni limite locale. Facciamo cose che hanno effetti della durata di secoli; operiamo in una parte del mondo e vediamo le conseguenze del nostro operare dalle altre parti. Questo è un aspetto poco sottolineato della globalizzazione. Ed Epimeteo? Fosse appena più noto potrebbe diventare il 'santo protettore' delle istanze più radicali, cosi come Prometeo è stato il simbolo dell'uomo che incide sulla natura e la utilizza a suo favore.

Nell'associazione tra Epimeteo e il rave però dobbiamo tralasciare le istanze ecologiche per arrivare a pensare alla cultura rave come a un'altra faccia della globalizzazione, una cultura all'interno della quale e prima che altrove avviene il passaggio dalla società moderna alla società postmoderna, una cultura che "sposta il concetto di rete, inteso come relazioni tra singoli promoter, krew, posse, tribe, etichette indipendenti, radio libere/pirata, free party people, su un piano connettivo neo mediale tramite convergenza o attraversamento di sistemi di comunicazione a tecnologia digitale, dall'editoria elettronica alla comunicazione in tempo reale tramite chatroom, newsgroup, mailing list, website, netradio, webcasting video, tecnologia w.a.p. e via discorrendo" (Macarone Palmieri, 2002).

Il movimento rave che si preparava a "conquistare" il mondo in maniera sottile, rimanendo nell'underground, rifiutando la spettacolarizzazione riflette quindi le stesse caratteristiche dello strumento di cui si avvale, ovvero la musica techno e tutte le sue sottoripartizioni. Considerare la musica techno anche solo come una musica di sintesi che si avvale di tracce e suoni già prodotti e li mette insieme (sintesi, dal greco syntithénai , porre insieme) distorcendoli, modificandoli, dandogli un nuovo corpo, permette di comprenderne le contraddizioni. Allo stesso modo il rave non ha la pretesa di aver creato qualcosa, bensì di aver ridato corpo a tutto ciò che era il passato, rimescolando in un patchwork sia il culto della natura hippy che il nichilismo e l'eccesso tipico del punk, manifestando il proprio dissenso sul presente, rifiutando il mito della produttività lavorativa esasperata e del meccanismo guadagno - consumo (Denti, 2001).

Cultura tra le culture, idioma tra gli idiomi, linguaggio tra i linguaggi il movimento rave, vivendo una cultura del frammento attraverso il rimescolamento totale di tutto ciò che è stato controcultura, dalla nascita delle culture giovanili occidentali prepolitiche ai movimenti postpolitici contemporanei, rappresenta, dal punto di vista socio-antropologico, l'avvento dell'età postmoderna.

"Il fenomeno techno libertario nega ogni radice identitaria autorappresentandosi in configurazioni caotiche, in un gioco di richiami controculturali che esprime intrecci di un nomadismo psichico (6) [.]"(Macarone Palmieri, 2002).

(6) Hakim Bey in TAZ (1993): Vitale nel delineare la realtà della TAZ è il concetto di NOMADISMO PSICHICO (o cosmopolitismo senza radici), o nomadismo urbano; è una visione del mondo post-ideologica, multi prospettica, capace di muoversi "sradicatamente" dalla filosofia al mito tribale, dalla scienza naturale al taoismo, capace per la prima volta di vedere ogni sfaccettatura o una vista di un altro mondo completamente diverso. Una visione ottenuta abitando un'epoca in cui la velocità e il "feticismo della merce" hanno creato una tirannica falsa unità culturale che tende a levare tutta la diversità e individualità culturale, cosicché "un posto vale l'altro". Questo paradosso crea "zingari", viaggiatori psichici spinti dal desiderio o dalla curiosità, vagabondi con poche lealtà (di fatto sleali verso il "progetto europeo" che ha perduto tutta la sua vitalità e incanto) non legati a nessun particolare tempo o luogo, in cerca di diversità e avventura.Questa descrizione copre non solo artisti e intellettuali, ma anche lavoratori migranti, rifugiati, senza casa, turisti, la cultura del camper e della casa mobile, anche gente che viaggia via rete ma magari non lascia mai la propria stanza. Include tutti noi che viviamo attraverso le nostre auto, le nostre vacanze, le nostre TV, libri, film, telefoni, cambi di lavoro, cambi di stile di vita, religioni, diete ecc.
Nomadismo psichico come tattica; quella che Deleuze e Guattari chiamano metaforicamente "la macchina bellica", sposta il paradosso da uno stato passivo a uno attivo e forse anche "violento". Le ultime agonie della "morte di dio" sono andate avanti per così tanto tempo - in forma di capitalismo, fascismo e comunismo, che c'è ancora molta distruzione creativa da essere eseguita [.] Questi nomadi praticano la razzia, sono corsari, sono virus; hanno bisogno e voglia di TAZ, campi di tende nere sotto le stelle del deserto, interzone, oasi fortificate nascoste lungo carovaniere segrete, parti di giungla e di pianure "liberate", aree proibite, mercati neri e bazar sotterranei. Questi nomadi tracciano loro percorsi con strane stelle, che possono essere luminosi gruppi di dati nel cyberspazio, o forse allucinazioni o rave parties.

E' l'abolizione della memoria e la negazione del futuro. E' il non più e il non ancora. E' la condizione sociale che caratterizza il tempo presente, di sospensione tra ciò che non è più - cioè l'epoca in cui il conflitto era più chiaro, i processi sociali leggibili, la collocazione degli attori sul palcoscenico della storia certa - e ciò che non è ancora; cioè la sensazione di vuoto, di nulla che sta oltre, di no future , di accettazione della tarda modernità senza voler più incidere nel suo divenire. Gli attori del rave scavano nel non ancora , che sembra essere caratterizzato da un eterno presente, un tempo di sospensione, ove stanno tanto le possibilità per capire la società che viene quanto le forme del conflitto per incidere sul suo divenire. Viviamo il presente come tempo unico, caratterizzato dal déjà vu . L'impressione di qualcosa di già visto come simulacro di un passato e stereotipo di un futuro non atteso, come se lo avessimo già vissuto. Il presente come attesa di un futuro scompare per divenire a sua volta un futuro anteriore che si presenta come un già vissuto, un già sentito che vivremo. Questa è la dimensione del tempo che sta nel non ancora , il presente come unica cifra per leggere passato e futuro. Le opportunità del presente fanno della memoria un inutile pensare alla scarsità e, del futuro, un tempo ove non vi è nulla da attendersi di più di quello che oggi si può ottenere, non esistendo altro modello di produzione di opportunità se non quello dato (Bonomi, 1996).

E' la "technoanomia per delinquenza giovanile". "Le gerarchie si ribaltano e i centri di potere si perdono nell'azione periferizzante degli "information dancers" i quali, a loro volta, si muovono tra le rughe della società dello spettacolo ammuffito creando stroboscopie di zone autonome nelle disfunzioni urbanistico-architettoniche della gigalopoli/occidente". (Macarone Palmieri, 2002)

La techno ha riempito il buco lasciato dal punk anche nel riflusso dell'ideologia no future , è una musica relativamente semplice da creare, e che tutti possono suonare, in questo senso assomiglia al punk, e tralasciando gli entusiasmi iniziali, la techno è meno negativa del punk e più matta, però nel retro della medaglia, si può scorgere nella techno l'aspetto distruttivo del punk. Questo atteggiamento distruttivo è rimasto lo stesso che nel punk anche nei riferimenti alla droga ma soprattutto nel suo abuso, "ovviamente in una società dell'accumulo e del consumo globale, facilmente l'uso si trasforma in abuso e l'abuso in morte e distruzione" (Macarone Palmieri, 2002).

Certo, ora la musica è più dura, l'ipnosi ritmica si spinge alle conseguenze estreme ma l'atmosfera e le aspirazioni sono le medesime del punk. La techno è quella che i rumoristi berlinesi Einsturzende Neubauten definivano "la musica folk delle nostre città". Soprattutto la "tecnologia in ogni casa" ha stravolto il rapporto con l'industria. "La techno è musica folk" (Lowe-Shaw, 1993) diceva anche Mark Spiral (7), ovvero espressione immediata della gente per la gente.

(7) Componente degli Spiral Tribe. Gruppo passato alla storia per essere il primo sound system che portò il rave nei festival. I sound systems non sono organizzazioni formali, sono soltanto liberi gruppi di persone che si occupano dell'organizzazione dei rave. Ogni componente degli Spiral Tribe, così come ogni persona che fa parte di ogni altra Tribe, antepone il suo nome a quello della tribe in cui si identifica.

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