INTRODUZIONE
E' tempo, per quelli che intendono studiare i loro tempi, di prendere il tempo per pensare al fenomeno festivo dei raves-party, perché ciò che conviene chiamare "fenomeno techno", più che un effetto di moda, è un modo di essere nel proprio tempo, una maniera di abitare i nostri tempi. Quello che avviene è una presenza del rave, una contaminazione techno dell'epoca, che ci spinge a pensare e invita ad una sociologia del presente.
Il rave è una festa intensa che capta la presenza, compresa quella del sociologo che cerca di studiare il rave. Come osservare un rituale di partecipazione?
L'osservazione reclama la partecipazione e la partecipazione confonde e disturba l'osservazione. Il rave è come un'euforia pienamente vissuta che produce una deformazione della coscienza, questo rende l'auto-osservazione dell'euforia approssimativa. Se al fine di osservarla meglio si fa uno sforzo per impedire questa deformazione della coscienza, ciò che si osserverà non sarà più vera eccitazione, vissuta in tutta la sua ampiezza, non si riuscirà più a fare la vera esperienza del rave, non si riuscirà ad osservare il rave perché partecipare al rave vuol dire perdersi, abbandonarsi ad esso.
Gli etnologi tentano di risolvere la questione con il metodo dell'osservazione-partecipante. Io direi, da parte mia, che bisogna sapersi staccare dallo sguardo affascinato che acceca e limita la conoscenza, per arrivare a uno sguardo libero, anzi fluttuante , che autorizza una conoscenza.
Come si può dire l'indicibile del rave, questo momento in cui le parole diventano inutili? Come costruire un sapere universitario su ciò che comporta un'esperienza iniziatica, senza tradirla? Come tenere un discorso lucido sull'ebbrezza, senza andare fuori soggetto? Come mettere a distanza ciò che organizza la fusione, senza ingannare? Come misurare ciò che solleva la dismisura senza snaturarlo? Come trattare l'intrattabile oggetto rave come soggetto sociologico, quando precisamente il rave non è una sola cosa. Voglio dire che studiare il rave, pensare a ciò che succede nel rave, pensare l'esperienza festiva, non è pensare a stelle filanti e coriandoli. Bisogna pensare all'apparire per scoprire e illuminare l'apparente, non l'inverso.
Pensare al rave, arrischiarsi a pensare il rave, è avventurarsi verso l'intangibile, cercare di vedere l'invisibile, intravedere ciò che si svela e ciò che si nasconde nel rave, cercare di comprendere ciò che si svolge.
Tra riprovazione cieca e fascino accecante, si tratta di provare a rispondere -presente -, di rispondere con la presenza, alla questione della festa, alla questione del rave. Cercando di scrivere per comprendere la musica techno piuttosto che opporre ad essa il silenzio assordante dell'incomprensione.
Introdurre una sociologia del rave - intendo voler osservare l'inosservabile, voler provare l'improbabile- è in un certo senso necessario e probabilmente impossibile. Ciò consiste nell'introdursi in uno studio che prova a pensare l'impensato del sociale, impegnarsi in una sociologia che mira a questo punto cieco del sociale, una sociologia che lascia tutta la sua parte a quella che G. Bataille chiama "la parte maledetta del sociale"(1992).
Ho scelto quindi per la ricerca oggetto di questa tesi di usare il metodo dell'intervista, per l'analisi di un fenomeno in continua trasformazione e legato da uno stretto rapporto con la metropoli postmoderna, mettendo in evidenza le diverse posizioni e la natura a volte discordante dei concetti. La ricerca sul campo vuole tenere conto delle caratteristiche che risultano centrali nel determinare cosa succede ad un rave party e cosa scoprono in esso i partecipanti: in particolar modo la riflessione verte sul concetto di musica come portatrice di istanze sovversive, quali illegalità, autoproduzione, nomadismo, tribalismo e nuova socialità. L'analisi cerca una verifica delle ipotesi formulate rispetto a questi punti, tramite una serie di interviste a testimoni della scena rave del nord Italia, scelti in base alla loro relazione diretta agli argomenti trattati e alla loro esperienza sul campo, cercando di mantenere il campione il più possibile rappresentativo sia dal punto di vista anagrafico che professionale, in modo da ottenere le diverse testimonianze e posizioni e il differente valore simbolico attribuito alle situazioni dai soggetti intervistati. Di particolare interesse risultano le diverse posizioni emerse nel tempo riguardo al rave party e il valore simbolico dell'occupazione e dell'autoproduzione in tutti i campi, come rottura delle regole sistemiche e che di per se creano solidarietà e appartenenza comune.
La particolarità della situazione italiana, dove i raves hanno incontrato il fenomeno dei Centri Sociali che è tipico solo di questo paese, ha portato all'utilizzo di materiale "ad uso interno" compilato da insiders della scena e si è scelto di utilizzare di conseguenza il relativo specifico linguaggio. La ricostruzione storica e l'analisi della situazione attuale saranno affrontate con una metodologia "mista", che si basa su una serie di autori di riferimento, su vari testi anche inediti, e su interviste mirate ai protagonisti delle vicende. Le interviste sono aperte anche se guidate da una traccia generale e tendono a mettere a fuoco l'esperienza che questi soggetti interstiziali hanno avuto all'interno del rave party, in che modo agiscono e sentono proprio questo tipo di evento e come eventualmente sono cambiati nel tempo in relazione alla frequentazione di questi luoghi. Come essi percepiscono se stessi all'interno del fenomeno nomadico generato dal movimento rave e del cambiamento metropolitano, come interpretano la socialità all'interno del rave e che legame mantengono rispetto all'ideologia e alla politica che si sviluppa in queste zone temporaneamente liberate, infine quale immaginario si costruisce attorno ai raves e come pensano siano cambiati nel tempo questi "luoghi dell'illegalità" e dell' underground . La metodologia di ricerca che si è deciso di utilizzare per raccogliere i dati è l'intervista qualitativa, o intervista in profondità, che non punta quindi a confermare ipotesi precedentemente formulate ma mira a costruire delle teorie formulate in nuce dal ricercatore. Il tipo di intervista dunque è flessibile, nel senso che può modificare percorsi e obiettivi dell'analisi nel corso della ricerca stessa e consiste nella possibilità di mettere in luce le relazioni tra le persone e gli eventi, tra ciò che accade e la percezione che i soggetti hanno di questo. L'intervista è legata direttamente al testo mentre al luogo dove avviene l'intervista e al rapporto tra intervistatore e intervistato non è data rilevanza per lasciare in evidenza le parole e le sensazioni evocative che riguardano solo lo spazio e il tempo del rave, e il vissuto personale degli intervistati, nel tentativo di collezionare una pluralità di punti di vista che permettano di cogliere la complessità dell'ambito di ricerca.
Dunque che cos'è un rave party?
È un raduno di persone. Ciò che lo rende diverso da un qualsiasi raduno è che si tratta di un insieme di persone simili ma tutte diverse tra loro. Persone con un'ideologia precisa ma anche semplicemente curiosi.
Cosa lo rende diverso da una manifestazione? La presenza di musica. Ma non è come un concerto, dove si ha una divisione tra musicista/performer e ascoltatore/pubblico, nei raves non c'è questa divisione tra ribalta e retroscena. Sono tutti protagonisti.
Cosa lo rende diverso da uno street parade? Non è una festa in movimento per le strade anche se il posto è sempre diverso, non è una manifestazione di protesta, anche se è una espressione sovversiva. La ripetitività nel tipo di musica proposta, l'occupazione di un luogo per l'occasione e la rottura del concetto di tempo ordinario lo rendono estremamente singolare.
Cosa lo rende diverso da una discoteca? L'occupazione, l'autogestione dello spazio e del tempo e il fatto che il luogo dove avviene il rave è un luogo di nessuno, non soggetto a gerarchie o selezioni o ingresso a pagamento, e la musica che vi si suona è autoprodotta e autodistribuita senza concessioni alla SIAE e permessi per l'emissione di musica. Il tempo è nel rave una specie di bolla temporale; un tempo frattale, nel senso che contiene sia la durata che l'istante. Può essere rappresentato con una traiettoria a spirale.
E da un rave legale? La gratuità, il riciclo e il concetto di festa libera e senza regole, che permette di liberare le emozioni e raggiungere stati alterati di coscienza. Nessuna autorizzazione è chiesta per fare la festa, nessuno scontrino fiscale emesso per la vendita di bevande, nessuna pubblicità, solo segreto e passaparola tra ravers.
Come in un centro sociale? No nei raves la libertà è spinta all'estremo, senza controllo e nomade , dove le strutture arrivano sempre su quattro ruote, dove il denaro non c'entra e nemmeno la pubblicità, anzi, denaro e visibilità ne rovinano lo spirito. Nei centri sociali l'occupazione è permanente mentre ai raves il frequentatore diventa un perturbatore sociale e in lui avviene una spinta a cambiare modo di vita per imitazione dello stile di vita traveller, è più tipico di un modello di protesta libertario estraneo alla nostra tradizione partitica essendo più legato al tipo di protesta "per il diritto alla casa e a riprendersi la strada" che aveva luogo oltremanica.
L'economia dei raves è complessa, quasi una tecnica di sopravvivenza, in essi si ha una socialità forte e una manifestazione dionisiaca che tocca tutti i campi della vita quotidiana. Nel rave vengono messi in scena segni, simboli e corpi in movimento e in libera espressione. Nei raves si provano sensazioni di comunione, tribalismo e di stati alterati di coscienza.
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