Il mio paese di Daniele Vicari - BUR ed. - DVD + Libro, 113 min. 2007 - 162 pag. 21,50€
Questo dvd giunge un po' per caso, acquistato per indagarne il contenuto relativo al declino dell'industria moderna, una potenziale fonte di immagini di contorno alla “cultura industriale” di derivazione musicale o di interesse per esploratori urbani armati di fotocamera. Le aree industriali, dismesse, qui sono invece una scenografia sulla quale si proiettano sovrapposte le nostre speranze e la nostra rovina.
Un viaggio compiuto dallo stesso regista, stimolato dall'opera del documentarista Joris Ivens che al termine degli anni Cinquanta raccontava del miracolo economico, delle speranze e dei dolori dei migranti nostri e l'industrializzazione nascente, nel film "L'Italia non è un paese povero". Erano gli anni Cinquanta, i grandi industriali investivano risorse sul terreno distrutto dalla guerra. Tra questi, alla guida dell'ENI, Enrico Mattei che commissionava ad Ivens un lavoro di presentazione per questa ricostruzione, propaganda per l'industria petrolchimica che offriva posti di lavoro, con un conto dell'oste che giunge oggi sulle nostre tavole in termini ambientali.
Daniele Vicari è un giovane regista, classe '67, nato a Castel di Tora (RI), che ha rivolto l'occhio digitale al nostro presente per un confronto con il passato, inquadrando la realtà industriale italiana che nell'attuale crisi del suo "post" rischia di precipitare a paese che arranca dietro l'alta velocità del contemporaneo. Di fronte ai segnali di distruzione, di abbandono dei luoghi ma soprattutto dell'inettitudine di chi ci rappresenta, Vicari parla con il linguaggio del cinema e svolge una riflessione su queste trasformazioni.
Il percorso contrario, rispetto ad Ivens, parte da Gela, terra di abusivismo, degrado ambientale, dove vive un vano desiderio che i siti industriali del petrolchimico in lenta dismissione non subiscano un colpo fatale, trascinando l'economia del Sud sull'orlo del baratro.
Il viaggio porta a Nord, in parallelo a spaccati di viaggio sulla linea di bus Trapani-Colonia, una sorta di migranti in prima classe rispetto ai disperati delle carrette sul mare, passando dalla Basilicata, da Roma, da Prato, per finire sulle ampie vedute del polo di Porto Marghera, con le sue cattedrali arruginite e con quanto rimane produttivo.
Abbiamo perso molto, moltissimo, non tutto, di questa grande industria, abbiamo perso soprattutto la percezione della direzione di un mondo che sembra andare contemporaneamente avanti e indietro. In questo viaggio Vicari intende indagare anche nicchie che si muovono in controcorrente rispetto al lento declino più comunemente pensato. In queste frange di economia in equilibrio precario, per miopi scelte economiche e politiche, operano imprenditori e centri di ricerca che intendono investire nei prodotti tipici, nelle celle a combustione, nella riconversione, prima che tutto vada definitivamente perduto.
Al dvd fa compagnia un libretto di rapida lettura con un'ampia intervista al regista e contributi dei collaboratori, lo sceneggiatore, il montatore, persino Massimo Zamboni, il quale offre per la terza volta il proprio sostegno musicale a un'opera di Vicari.
Per sottolineare l'approccio sociale di Vicari è presente un sito web, "il mio paese 2.0", creato per dare visibilità ad un documentario collettivo, secondo principi "Creative Commons", composto da lavori di ciascuno che voglia contribuirvi.
Tra le righe troviamo la dimostrazione di come i mostri nazionali del dopoguerra abbiano lavorato a lungo per il controllo delle nostre opinioni; il carrozzone della Rai censurò il documentario di Ivens nel '60, anno della prevista messa in onda, perchè presentava una realtà scomoda ai dirigenti. Si rischiò persino la distruzione del suo lavoro; la vicenda del documentario di Ivens, salvato dalle grinfie della censura italiana, giunge a noi grazie a copie di esportazione per seconde vie, anche per mano di un allora giovane Tinto Brass.
Queste immagini, per coloro che erano costretti ad abbandonare le proprie terre per lavoro, sarebbero state un lusso non concesso. Quegli uomini erano carne per alimentare e sedare la fame infinita dell'industria nascente ed i cani da guardia dell'informazione vigilavano attenti per condurci in un oscuro percorso ben pianificato.
Vecchie e nuove storie riemergono.
Il mio paese 2.0 su The Blog TV