Charlemagne Palestine @
NUMERO DUE
inCONTEMPORANEA - Triennale (MI) – 23.05.2008
Report by Gilly Sephira – Pics by Drex
Durante la serata del 23 Maggio 2008 la Triennale di Milano ha ospitato diverse mostre, opere d'arte, workshop, installazioni etc. il tutto accompagnato dall'aperitivo di rito.
Tra le performance cardine ci sono quelle ad opera di Semiconductor e dell'artista Charlemagne Palestine del 23 maggio.
I primi propongono una serie di tracce audiovisive.
Si parte da un universo disturbato, perturbazioni rumorose, il suono elettronico in perfetta sintonia con le immagini della massa solare con le sue macchie, i suoi vortici e lingue infuocate.
Le macchie solari si trasformano in isole e le onde incandescenti ne battono le coste, come un'illusione ottica in movimento.
La parte musicale è prettamente minimal, con linee piuttosto spezzate e suoni piccoli molto ricercati che sfociano anche in uno stile più “glitch”.
Ricreazione di un temporale elettronico, i visual scientifici scompaiono e lasciano linee grigie sparpagliate che appaiono solamente con il pulsare del cielo digitale.
Il suono si modifica diventando più legato e melodico, pulito ed ondeggiante, riverberante; morbidezza e rotondità messe in contrasto con la durezza e la violenza invasiva della geometria/colore squadrata ed imprecisa dei visual.
Rumore della cristallizzazione delle forme, figure fornicanti, ricerca di una stabilità sconosciuta.
Charlemagne Palestine si presenta con una valigia di amici e ricordi, led luminosi, un bicchiere da brandy (non vuoto) considerato dall'artista il migliore sintetizzatore, un laptop, una tastiera e soprattutto con una allegria e una serenità che sembrano venire da un altro pianeta.
Bisogna riconoscere che C.P. è uno degli artisti in campo elettronico che ha potuto vedere e vivere sulla propria pelle il passaggio dal nulla alla tecnologia più avanzata dei giorni nostri, che a noi “giovani” sembra così normale e scontata.
A volte pare che lo sviluppo tecnologico e la diminuzione da un certo punto di vista dei problemi tecnici di una performance, abbia portato alla diminuzione del contatto umano fra artista e pubblico; C.P. è ancora della vecchia scuola e cerca subito di creare questa sintonia e di accompagnare tutta la sala verso la dimensione a lui propria.
L'artista ci allieta con una lunga traccia, accompagnata da visual a rallentatore ripresi in un cimitero per animali (cimitère animalière), come lampi luminosi di ricordi che riaffiorano dalla mente.
La caratteristica principale della sua musica è l'aspetto vocale, gestito in modo particolare con movimenti di bocca lingua e faringe che permettono al suono di acquisire un timbro che ricorda canti di popolazioni aborigene e anche di emulare un suono sintetizzato assumendo sfumature metalliche.
Nel corso dell'esecuzione i bassi e le frequenze aumentano, andando verso un crescendo in cui si mischiano varie influenze, ora industriali, ora ambientali, ora field recordings, ora marziali etc.
Il caos viene esaltato nella sua manifestazione, con un proprio mantra sempre più intenso ed ipnotico.
Il lungo applauso finale interrompe la concentrazione in cui tutta la sala era caduta e basta poco per ritornare alla distratta modernità, in cui tecnologia e uomo sono sempre più compenetrati.