Nuvole d’Azoto
@ Teatro Dadà - Castelfranco Emilia (MO), 14.04.07
Report by Gilly - Pics by Gilly and Drex
È giunto di riprendere ciò che era stato cominciato il 28 luglio 2006 al Golem Festival tenutosi al Cassero di Bologna
Le sonorità divengono più mature, come se nel tempo trascorso tra le due manifestazioni sia avvenuta una trasmutazione, un’evoluzione che si mostra in nuove forme. Maturità che si nota anche nella location scelta per l’evento; non siamo nel solito club, ma in un teatro, informazione che la dice lunga riguardo all’acustica e alla condizione in cui si ascolta e si viaggia – comodamente seduti sulle poltrone rosse.
Noto, con il solito rammarico, una scarsa affluenza, forse meno di quello che mi aspettassi, ma preferisco limitarmi a pensare al fatto che sia l’Italia in sé ad essere rimasta indietro, come se avesse un filtro anti-entrata per i gruppi non troppo conosciuti.
Lo spazio temporale fra le performance è stato accompagnato dalle creazioni musicali, ideate per l'occasione, di Marco Grosso a.k.a. Ouroboros e Mirco Martelli di Neuropa, mentre i visual continuavano a susseguirsi sul velluto del sipario chiuso senza che le luci in sala venissero accese. Aspetto che denota continuità e la tenuta a bada di possibili distrazioni.
Suggestivo anche il gioco di luci che ha accompagnato tutte le performance, più regolare e monocolore con Alio Die, per farsi sempre più presente e turbolento fino a Mimetic.
Alio Die feat Zeit all’apertura (o meglio, proseguimento), illuminati da luci che sembrano svanire e riapparire lentamente, come il sole dietro le nuvole, la lampadina che funziona a tratti attaccata ad un generatore in cui ormai scarseggia il carburante; lampi e brevi albe.
I visual trasportano se con l’occhio si seguono i movimenti, forme da decifrare nella vista opaca degli occhi ormai persi nelle sonorità naturali, minimali, rituali ottenute con strumenti e oggetti diversi. Mari che si sovrappongono, una foresta senza rumori artificiali, il rumore naturale non scostante ma armonico, dolcemente ipnotico, ci si ritrova a viaggiare senza nemmeno rendersene conto. Esplorazione, un ruscello illuminato dal sole, una piccola cascata silenziosa; le pagine di un libro sfogliate dal vento, la finestra rimane aperta dalla fiducia. Alone di protezione e sorriso, come un padre che abbraccia e fa capire di non avere paura; un viaggio indietro nel tempo alla visione di fossili e forme archetipiche, un test di Roscharch non troppo vincolato da interpretazioni quadrate.
Prima volta in Italia per il tedesco Xabec, a prima vista sembrerebbe un ragazzino timido alle prese con la prima interrogazione, ma appena mette mano ai suoi strumenti questa pellicola si scioglie e non c’è più nulla da temere, senza giudizi, senza parole.
Si comincia con sonorità da realtà virtuale, minimali, loop, riverberi, spruzzate più distorte, ma è il contesto pulito che prevale. Volare fra i ghiacciai fumanti e la polvere di neve sollevata dalle folate di vento, non si sente il freddo, commozione di una tromba struggente. Si passa ad un ambiente acquatico e senza gravità, la realtà stilizzata in forme geometriche sospesa nel vuoto di una stanza bianca, sfiora il terreno senza toccarlo per essere nuovamente accelerata e spinta verso l’alto, infinitamente.
Presenza di ritmo più scandito nel terzo pezzo, il binomio calma/frenesia si fa sempre più acuto, suoni di violini sincopati, frammenti di montagne digitali e spirali. Visione cosmica del movimento dei pianeti, un rumore dolcissimo, utilizzo dadaista di archi di violino e altri oggetti, voci metalliche, illusioni ottiche.
No disco; scarica noise, risucchio apocalittico, fantasmi ciondolanti di un ospedale abbandonato, sonorità di bassi e rumore in crescendo.
Nodo alla gola sempre più stretto, speranza o solo sogno?
I suoni cominciano a diventare più pieni con i francesi Ab Ovo, capaci non solo di trasmettere emozioni tramite la musica, ma anche con la complicità, quello che si chiama lavoro di squadra in totale sintonia, accordo, amicizia – ricorda l’affiatamento presente ad esempio anche nei ¥Р¥.
Colpiscono immediatamente con ritmo incalzante e bassi penetranti, la soffice realtà virtuale lascia spazio a crescendo che escono dal minimale, che fino ad ora aveva caratterizzato le performance; voglia di alzarsi in piedi e vedere tutti muoversi in completa spontaneità, è impossibile rimanere fermi!
Si sorvolano città futuriste, tornano alla mente le creazioni di Virgilio Marchi e tutto ad un tratto ci si trova al loro interno; si viene proiettati direttamente nel cosmo silenzioso appena in tempo per una buona alba tra i corpi celesti, che non brucia la vista, ma inonda di un calore percepibile soltanto da dentro tramite spirali di carta virtuale che invadono con il proprio formicolìo.
Ci si avvicina alla visione di ciò che è continuamente manifesto, straripamento e creazione continua, ci si sente piccoli nel grandioso, meraviglia, la purezza di ciò che è, il Silenzio.
Con Mimetic si ha lo scoppio totale del ritmo e anche le luci si fanno di colori diversi, dopo una prevalenza di buio nella prima parte dell’esibizione. Si afferrano dei loop al sapore di mantra rituale e immagini proiettate che rimandano al corpo, il mezzo più potente, più vicino a quella sfera superiore, che si adatta a tutte le condizioni (con la Volontà).
Scuotersi e muoversi seguendo il disegno dettato dalla musica, spogliarsi ed essere pronti a ricevere una raffica di pallottole, pregare per riceverne ancora, per soffocare ed uccidere quella parte che non vuole sentire e non vuole vedere, che priva della percezione dell’Essenza e incatena nei limiti.
I visual sono gli stessi utilizzati al Golem, altro elemento che non significa ripetitività, ma congiunzione, ripresa di concetti ed emozioni da vedere e sentire con occhi di occhi più maturi, c’è sempre una sfumatura che non si riesce a captare; rileggere le stesse immagini e parole con una consapevolezza maggiore e suono cresciuto.
Prevale l’anima femminile che non scade nel sessuale, perché forse troppo fraintesa, sottovalutata, presa in giro per quello che non è e sempre il corpo come veicolo. Del resto non si può arrivare in altri piani senza attraversare quelli che ci stanno in mezzo e i veicoli vanno ricercati proprio intorno a noi, senza questioni di materialismi, nella Realtà.
Ancora rimbalzanti nella dimensione di una rilassatezza che dovrebbe essere naturale, si esce dalla sala per fare il giretto di rito nell’atrio e ammirare i succosissimi stand di Alio Die (della serie “lo si ammazza e si caricano le cose in macchina per poi partire a razzo”) e de La Rose Noire organizzatrice dell’evento, che ha aumentato anche gadget e materiale.
Da non tralasciare anche uno spazio tenuto da Bashira (Laura) e Salahuddin (Tiziano) chiamato Voci di Piante, a mio parere nobilissimo. Esperimenti cominciati negli USA si sono sempre più evoluti e diffusi ed è significativo il fatto che il movimento delle piante riesca ad essere rilevato e tradotto in musica che rispecchia anche una particolare scala antica utilizzata ad esempio in Grecia! La musica che penetra in tutto ciò che è manifesto come una vibrazione, mezzo di comunicazione oltre la parola per entrare in contatto con altre creature, linguaggio cosmico.
Post serata tranquillo per quei pochissimi che sono rimasti dopo l’evento; un ringraziamento a FLA e Cristiano, in arte Janes' Conference, che ci hanno deliziato con una playlist che non si sente spesso uscire dalla console nei club.
Ce ne andiamo sulle note di MGZ, la belva del condominio …
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ALTRE FOTO DI NUVOLE D'AZOTO
ALIO DIE \ XABEC
AB OVO \ MIMETIC
Presentazione:
a world of possibilities showed by
Alio Die feat Zeit
Xabec
Ab Ovo
Mimetic
e con la partecipazione di
"Voci di Piante"
NEW! suoni ed effetti speciali di
Mirco Martelli e Ouroboros (Marco Grosso)
Teatro Dadà- Piazzale Curiel 26
Castelfranco Emilia (Modena)
Italy
afterparty starting at 1 a.m.
by dj F.L.A & Janesconference
ambient-postrock-shoegaze-idm-electro
ebm-80's-wave indie-electronica
ARCI MADE CLUB
Via Vittorio Veneto, 4
41018 San Cesario sul P. (MO)
FREE ENTRANCE WITH THE TICKET OF
NUVOLE d'AZOTO Festival!!!!
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