Festival della Filosofia @ Carpi , 15.09.07

Text by Gilly Sephira - Pics by Drex

Come l'anno precedente facciamo rotta su Carpi , che si presenta poco più povera di eventi ed installazioni (la trovata di riempire gli spazi vuoti con le creazioni firmate MWC era stata davvero geniale). Carenza registrata non solo nelle strade e nelle piazze, ma anche allo spazio giovani Mac'è, che per metà rimane chiuso ed oscurato.

Lo spazio adibito alle lezioni in Piazza Martiri è già per i tre quarti occupato, i fotografi vagabondano nell'attesa che il relatore si faccia vivo e salga sul palco e l'ombra comincia a scendere nella piazza e sugli edifici, con un cielo di velluto sempre più blu.

Umberto Galimberti , dopo essere stato presentato da una zelante professoressa di filosofia seduta al suo fianco, comincia a sviluppare la propria relazione Dal sapere simbolico al sapere tecnologico , nel cui titolo si evince anche la tematica fondamentale del festival, ovvero il Sapere .

Il Sapere è introdotto non solo come ricerca della verità, ma soprattutto come difesa contro ciò che è imprevedibile e di conseguenza come mezzo di controllo. Si ha molta paura di ciò che non rientra nel sapere, si cerca pertanto di conoscere affinché le cose divengano prevedibili.

Una delle varie forme di conoscenza è il Simbolo , che etimologicamente significa mettere insieme, connettere. Esso è generato da percezione, psiche e immaginazione soggettive, che siano di una sola persona o di una cultura intera.

Si tende a mettere la ragione da sola sul piedistallo, ma questa non è tutto e se è possibile accordarsi con essa non è possibile farlo con i simboli, poiché per raggiungere questa ultima situazione è necessario intendersi su un piano prerazionale su cui si capisce la simbolica dell'altro.

E' possibile arrivare a condividere qualcosa anche con i popoli che fanno percorsi diversi poiché esistono delle basi antropologiche comuni agli esseri umani: gli sguardi, le persone (uscire dall'individualismo per rendersi conto che gli altri non sono che noi), i bisogni.

D'altra parte però non ci si può nemmeno fossilizzare sulla convinzione che esista a tutti i costi una forza conciliatrice, bisogna accettare il contrasto e il dissidio, come quello tra l'emozione e la razionalità.

L'individualismo sfrenato è anche causa della totale perdita della fiducia nell'altra persona, la fiducia nella capacità umana di curarsi (filosofia cura dell'anima), pertanto c'è una tendenza a psicologizzare e a buttarsi nelle braccia della scienza e del mediatore chimico.

A questo punto entra in campo la scienza, che non si ferma a contemplare o a catturare le costanti, ma si basa su ipotesi che vengono sperimentate e che, in caso positivo, vengono prese come leggi. In questo ambito la mente decide cosa è natura e cosa no, la ragione diventa legislatrice.

Il progetto scientifico è parte di ciò che viene definita Tecnica , che è sia un insieme di strumenti, sia un restringimento del sapere a ciò che è estremamente razionale. Non c'è spreco, sovrabbondanza, i mezzi sono proporzionati ai fini e tutto viene economicizzato ed essenzializzato. L'economia però conserva ancora un po' di umanità nella passione per il denaro.

Da qui si arriva alla Macchina , qualcosa privo di emozioni, passioni, malattie, umori, qualcosa che disciplina l'incalcolabilità, che dà efficienza produttiva (perfetta anche agli occhi di Platone, il quale diceva che per costruire un sapere assoluto era necessario eliminare ogni tipo di simbolo, ogni tipo di soggettività, eliminare il corpo che non è un buon informatore, i numeri, le idee, la psiche, i sensi).

La Tecnica è un punto focale senza la quale la società occidentale cadrebbe a pezzi; persino le singole identità vengono stabilite dal riconoscimento degli apparati tecnici, a discapito della conoscenza di sé che viene persa, dimenticata. Si è costretti a vivere in una schizofrenia funzionale: per cinque giorni la settimana nel mondo della tecnica e il resto del tempo in quello della vita, due mondi in totale antitesi.

L'essere umano ha bisogno di curarsi, un modo fra tutti è stato, ed è, quello cristiano che sopprime la precedente grecità e garantisce l'immortalità, conferisce un senso al tempo che diventa pertanto storia di un disegno di salvezza che si attua e che presuppone una negativizzazione dell'essere umano.

Tutto nel cristianesimo ha un senso, anche il dolore; nella filosofia invece bisogna ricercare la Misura della vita, indotta dalla consapevolezza della mortalità (l'uomo per i greci era il mortale). Conoscere sé stessi e la propria Virtù per realizzarsi e arrivare alla Felicità.

Si esce dalla dimensione filosofica del sapere per entrare in una più attuale attraverso il percorso di un maestro come è stato quello di Alberto Manzi . La mostra intitolata Non è mai troppo tardi, Alberto Manzi storia di un maestro, era visitabile all'interno della Loggia e Sala dei Mori di Palazzo dei Pio. Un maestro che però ha fatto la sua opera non solo nelle scuole, ma anche attraverso i media radio e televisione (a mio parere da confrontare riflettendo con la televisione di oggi dove il congiuntivo è una delle tante dimenticanze), nelle missioni nei paesi del terzo mondo, in carcere, tramite libri per bambini.

Nella mostra è esposto tutto ciò che riguarda l'attività svolta da questa persona includendo anche oggetti personali, compiti e pagelle firmate, le varie copie nelle varie lingue dei libri che ha scritto, bozze, fotografie etc.

La sera il ritrovo è nuovamente allo Spazio Giovani Mac'è e il testimone musicale viene scambiato attraverso due performance davvero intense.

I primi sono Corrado Nuccini e Jukka Reverberi , entrambi chitarristi e voci del gruppo italiano Giardini di Mirò, propongono " Access Denied" Rivelazione o distruzione . Il titolo potrebbe ricordare l'avviso che compare sullo schermo di un terminale quando si erra una password o uno user ID, quindi il tentativo di penetrare qualcosa senza avere i mezzi per farlo; o meglio, possedere i mezzi, ma non rendersene conto e averli dimenticati (a mio parere la condizione della quasi totalità dell'umanità).

Le sonorità sono come folate di venti diversi che si incrociano e sembrano formare scie di luce dai colori pastello veloci come stelle cadenti, i solchi larghi quanto strade che rimbombano e vibrano in uno spazio vuoto. Voci che vengono campionate e manipolate fino a diventare nastri infiniti, accordi che persistono per svariati secondi che mutano con un nodo alla gola che non fa passare il respiro.

Immagini circolari e fortemente colorate o bianche accompagnano il tutto, anche i momenti in cui questo "accesso negato" porta alla crisi più profonda.

Segue la proiezione di un DVD di William Basinski , che avrebbe fatto la sua apparizione in carne ed ossa due ore dopo per presentare il suo lavoro The Disintegration Loops .

Il nome della creazione dice già tutto, loop costanti che si ripetono per minuti e ore, ma che danno la sensazione di essere nuovi ogni volta; una costruzione musicale che non si conclude e si crea nell'ascoltatore quel voler sentire ancora, quel voler che non finisca mai e che il loop si ripeta un'altra volta. Cresce dentro un'energia davvero potente; la frenesia del mondo circostante si placa nell'aura del visual calmo e drammatico nello stesso momento. Un fumo lento i quali bordi si muovono nell'aria e al tocco di un vento immaginario, proveniente da una catastrofe che sembra lontana mentre si ascolta.

Da fumo a superficie acquatica, di quelle in cui il sole batte costantemente e scintilla come una morbida punta di laser, ininterrottamente. Punto di luce, punto di buio si alternano in continuazione.

Un mare Solaris che non permette alla mente di materializzare il pensiero, ma di provare sensazioni energetiche fortissime, di concentrarsi con gli occhi chiusi per sentirsi leggeri, di muovere il corpo senza nemmeno rendersene conto tanto diventa inconsistente.

Si ritorna al triste mondo della mente ad uno stato di coscienza limitato e ossessivamente pensieroso.

Festival della Filosofia

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