Bää Fest @ Ortosonico - Domenica

text by Gilly_Sephira - Pics by Drex

La Domenica presenta un sound più eclettico, senza una progressione o un percorso come quella più ordinata del giorno precedente.

I primi ad esibirsi sono i Nung, un duo di Milano composto da due baldi giovani alla chitarra e alla batteria. Sensazionale e divertente, ma anche di alta concentrazione, rock, sbalzi progressivi, post progressivi e chi più ne ha più ne metta.
Questa è una di quelle performance che si osservano con il sorriso sulle labbra, con le sopracciglia che si aggrottano e con altre mille espressioni, che segnano l'impegno nel cercare di seguire la melodia, gli accordi, di tenere il ritmo che cambia da un momento all'altro in maniera totalmente fluida e naturale e a cercare di capire quale parte delle più sovrapposte è in loop e quale no. Da sottolineare quindi uso della loop station, lo definirei puntuale visto che per un secondo di mancata concentrazione si potrebbe rovinare tutto il pezzo!

Seguono a ruota due set elettroacustici ad opera di Andrea Belfi e Nicola Ratti, che rappresentano due manifestazioni diverse di un genere simile che sintetizzerei brutalmente in elettroacustica (ma tutti sappiamo che c'è sempre qualcosa oltre il nome).

Andrea Belfi, ci propone qualcosa che sembra essere il risultato di tutti gli anni di presenza sulla scena musicale, sperimentale e non, un composto di tutto ciò che è venuto in contatto con l'artista e di tutto ciò con cui l'artista è venuto in contatto (il viceversa non è da sottovalutare). Elettronica, l'uso sicuro delle percussioni visti i suoi studi ed esperienza come batterista, ma soprattutto l'improvvisazione che si compie in pezzi circolari, temi che ritornano e si tuffano sempre più in profondità ad ogni cambiamento di accordo nell'accompagnamento.
Qualcosa di estremamente curato, silenzioso, saggio, ma non impenetrabile; gli unici ingredienti per entrare e vedere il suono sono l'ascolto spontaneo senza le pretese e senza quel modo di ascoltare freddo e saccente. Errando in un paesaggio di Luna d'argento.

Nicola Ratti, sempre in territorio elettroacustico, risulta un elemento per così dire complementare al percussivo Belfi. In questa performance vince un minimalismo più dolce nel suono, grazie al timbro della chitarra e degli effetti elettrici.
Ci si trova in ambienti aperti circondati dalla vegetazione e dal rumore della natura, suoni di scrosci, versi di animali, seduti in una radura surreale; ora invece nell'ambiente casalingo più intimo, ora si torna nella sala dell'Ortosonico per cercare di afferrare le parole della sua voce…
Tutto è molto liquefatto, denso, in miniatura, rappresentazione del mondo che ci circonda, lo studio dei suoni del quotidiano e delle voci, turbinio di emozioni ed espressioni diverse.

Giuseppe Ielasi propone invece qualcosa che ancora non sono stata ancora in grado di definire, una cosa enorme, esageratamente struggente.
Si potrebbero dire le solite cose relative all'improvvisazione, alla componente integralmente elettronica, alle distorsioni, alla melodia di sottofondo che non viene mai del tutto soffocata, al finto disordine e marasma che provoca il mescolarsi di diverse frequenze, dico finto perché tutto è ordinato e si incastra ed evolve perfettamente… ma cosa si risolve descrivendo così questo set?
Capita a volte che la musica colpisca di più, pertanto c'è la necessità di parlare di quello che questa gigante onda è andata a toccare, il recondito, il ricordo, le immagini, le lacrime, la sospensione di gioia come presa di coscienza, la dissoluzione, il superamento del velo per arrivare in un territorio che non è, la musica ondeggia con tutto e oscilla, se si tengono gli occhi chiusi lo spazio si dilata… meraviglioso.

Dopo questa emozione chi poteva tranquillizzare e far rilassare se non Dean Roberts?
Avevo conosciuto solamente il lato più sperimentale di questo artista neozelandese, in “All cracked Medias”, mentre all'Ortosonico ha mostrato uno spontaneo cantautorato piacevole, con voce sommessa e incerta che non ho apprezzato in modo particolare, ma che comunque si adattava allo stile e all'espressività della musica.
Un faro puntato come fosse il protagonista assoluto di un palcoscenico, di quelli in parquet con il sipario chiuso, di quelli bordeaux spessi e voluminosi. Il bianco e le curve della chitarra risaltano sotto l'unica luce e il silenzio del pubblico che ascolta ha qualcosa di curioso.

Purtroppo la legge del lavoro e della routine settimanale hanno la meglio sul finale della serata che avrebbe dato spazio ad una ultima performance di fusione tra Roberts, Ielasi e Ratti.
Ripercorrendo per l'ultima volta lo sterrato, si riflette sull'aver vissuto un'esperienza musicale davvero completa e intelligente, con tante sfumature, tante emozioni, tanti generi.

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