TASADAY \ ECHRAN " Fine della produzione" - CSO Torchiera - p.le Cimitero Maggiore (MI), 11/02/06

Qualcuno potrà obiettare che le foto hanno un solo angolo visuale, e quella dominante blu vista altrove, un po' ripetitivo, lo so, ci riflettevo e più lo pensavo e più faceva breccia nei miei emisferi l'idea che ciò rappresenta effettivamente l'espressione della soggettività, il punto di vista personale che riflettendosi nell'immaginario comune proietta il proprio sentire in una dimensione allargata, in fondo se i report piacciono, ad alcuni, è proprio perché muovono corde che a poterle montare sulla table guitar di Xabier trascineresti tutta la città di Milano in un corteo di topi col pifferaio in testa.

E' mia abitudine perdermi ma la Drexmobile, il mio Virgilio, questa sera la strada l'ha trovata... Torchiera.. febbraio 2006, una fredda sera di un inverno che morde ancora e nemmeno vuol sapere di fuggire, Echran e Tasaday riscalderanno l'allegra stanzetta, con focolare, ceppo di legno, come una compagnia dell'anello in una locanda senz'acqua.

Echran, li amici miei atto terzo, il più riuscito a mia veduta,

partono perfetti e finiscono in un punto prestabilito, erano in tre, compagno un dvd con video che è un perfetto completamento alle sonorità gelide e misteriose di un duo che definirlo darkambient è una visione limitata della loro poetica.

Non è sufficiente un tappeto da mille e una notte senza luna per descriverli, sono necessarie strutture più spigolose e al contempo sature nei colori, contrasti di trame geometriche che vagano nella foresta dei loro simboli, un dipinto che si situa nelle fusioni fantascientifiche e cinematiche,

psicopatologiche nel recitato, terminando in una sgranatura che dissolve la forma lasciando libero il contenuto del loro suono che si impossessa di nuove immagini e le fagocita, è una musica inseguita dalle visioni destinate a perdersi in una frequenza al vertice, la dissoluzione di ogni aspettativa, non è darkambient perché non ci sono droni soporiferi che cullano, quand'anche fosse la mano della Morte che oscilla, ma minacce di repentine variazioni di filtro e di risonanza che distruggono ogni nozione di ambiente, legato a spazi fisici, in loro vi è il senso della dimensione anormale, la bimba di Stalker che spinge il bicchiere con il pensiero ne è parziale rappresentazione, il cosmo richiamato nelle immagini è il simbolo di un loro infinito personale e non di uno spazio chiuso, ambientale appunto. Il dark inoltre cova la depressione, loro cantano una devianza.

Vi è una resa degli spazi visualizzati che li trasfigura e li rende irreali, si sono dotati di immagini nella modalità che è più riuscita nella rappresentazione live dell'audio e video, la progressione sonora sovrapposta al movimento di un'immagine che cresce in metamorfosi, gli spazi rappresentati assorbono il suono e si modificano, creando trame che ne oscurano parzialmente la visione, intrappolati in un paesaggio di strutture metalliche, tessitura di ragni metallici, aracnofobia congelata.

Lasciando libero il campo a Tasaday attendo impaziente qualcosa che se me lo son perso 20 anni fa credo di poter sempre recuperare, che abbia rimosso? Dovrei scorrere le mie vecchie micro agende per verificare, tra i tanti nomi presenti, chessò, Officine Schwartz, F.A.R., Sigillum S, ci fossero pure loro, non saprei, stasera compaiono improvvisi con tute bianche, dandone a qualcuno presente nel pubblico. immortalo perciò una metà Ludmila e 100% Afeman in pieno atto partecipativo.

Dicevo compaiono Tasaday, che partendo dalle origini in una celebrazione del 25ennio non possono che riprendere legno e metallo, facendosi strada tra la folla, un punto di inizio, da quei materiali nei quali ritrovano la loro sostanza d'origine, un pezzo di storia sperimentale e industriale italiana, da Die Form a Nulla Iperreale e oltre.

Dovrei descrivere gli strumenti? Dovrei trattare di generi ed influenze? "Qual è l'essenza della tecnica?". E' per questo che affondano i critici nelle paludi della descrizione, a me interessano poco, forse qualcuno ricorda ancora il tale compianto Calovolo che scriveva sulle pagine di Rockerilla, non erano recensioni ma opere pittoriche, dipinte di parole, scrisse sui bauhaus nel 1982 ".... la nostra razionalità è come una impalcatura di bambù aggrappata alle rocce sopra gli abissi ventosi della sub-umanità. Può resistere o vacillare...Linguaggi lisergici, angeli greci e spiriti teutonici, simbolismo allucinato di Lautreamont e Potocki, urne senza ceneri e cornici senza tele; il dettaglio rivelatore è sempre quello mancante. Restano le impressioni disturbanti e torbide, il senso di straniamento che accompagna ogni brano del disco, il desiderio di poter dominare questo gruppo nebbioso e rudemente sensitivo ...", oggi mi ricordo solo di lui, o delle visioni enfatiche di padre Sorge ma qui sto smarrendo di nuovo la via.. Andiamo oltre..

Tasaday in piena forma, collaborazioni di tutto rispetto raccolte su una strada ancora piena di avventura, Paolo Cantù, Iriondo Xabier, cessati quei suoni primordiali, partono con un diretto in perfetta coincidenza e sfoderano un esordio da Krautrockband, sono post-rock e industriali, sintetizzano un primitivo post-moderno, segnano un percorso di origine al dopo la fine.

Il concerto si sviluppa secondo le tematiche citate nella presentazione, sotto riportata, le figure richiamano i visual che scorrono alle loro spalle, immagini sorde rese vive da una rappresentazione che si muove tra il naturale suono del legno e del metallo, materia prima di quella produzione che giunge al capolinea nel suo scontro finale, dove il primo è sconfitto nell'età del ferro, il secondo si contorce e si raffigura nel grido muto di mezzi arrugginiti in un deserto di carcasse. Dal metallo alla carne di animali sgozzati, dal capo spiccato in pozze di sangue, atroce fine non diversa da chi, sfidando i confini della tecnica, giace al suolo inerme di fronte al proprio primato mai sazio, quindi impossibile da raggiungere.

Dichiarazioni risolutive, inserimenti di tromba che su tutti gli strumenti è quella che meglio esprime il lamento nella musica sperimentale anni '80. E' musica che si guarda dentro e improvvisamente libera la propria compressione mediante ipercinesi, vagando in un labirinto dove il toro avanza e l'Uomo lo attende, il suo carnefice.

E mentre il mondo fuori prende altre direzioni, un Occidente senza meta attratto da insegne luminose, la Compagnia dell'anello riscaldata dal focolare, abbandonate le proprie armi, si intrattiene in chiacchiere fino a notte fonda.

Vestendo i panni della groupie aiuto gli amici Echran nelle operazioni di carico, col rischio di finire i miei giorni a fianco di un MS2000, per un baule che, aperto, si richiude improvvisamente, forse per il freddo o per il timore delle migliaia di anime in putrefazione che giacciono lì a fianco, dalle quali Echran e Tasaday potrebbero trarne futura ispirazione.



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