FENNESZ + PANSONIC @ FARE FESTIVAL - Castello Visconteo (PV), 03/06/06

by Drex e Gilly/Sephira

Terra di nessuno dove sapori storici si fondono con altri più moderni e tecnologici; siamo ospitati nel ventre esattamente fra le due trincee, in una troviamo macchine, casse, circuiti elettrici, nell'altra i muri con mattoni a vista e gli archi del castello.

Siamo seduti nell'attesa dello scontro fra epoche, mi sembra di essere Alex in prigione nella sala cinematografica, l'unica differenza è che lo spettacolo me lo guardo volentieri senza bisogno di marchingegni che mi tengono aperte le palpebre, collirio.e di sicuro il risultato non sarà un disgusto per la musica, ma un amore triplicato.

Fennesz il glitch lo avrà forse murato vivo, Fennesz si troverebbe oggi più a suo agio nel garage dei Velvet Underground mentre cambiano le valvole ai loro amplificatori. Il suo sembra un aggiornamento delle interminabili saghe psichedeliche basate su Amplificazione, feedback, distorsioni, fuzz, verrebbe da recuperare la parola Post.. ma Post implica qualcosa che viene dopo ma se recupera un Post già accaduto di che Post stiamo parlando? Già citato in "Post Rock e dintorni" con "Hotel paral.lel, una pietra miliare ma era il '97; in "Scultori di Suono" è osannato, con giusta causa, una colonna fondante del glitch, a cui ridona calore ma Fennesz intrattiene ora il pubblico con una formula che di peculiare ha solo il generatore di rumore che non è bianco o rosa ma è l'intramontabile chitarra elettrica. E così il loop, la dilatazione, il suono saturo, distorto, ci ha preparato al Post Fennesz, i Pan Sonic, così intesi perché coprono tutto lo spettro sonoro, hanno tentacoli talmente ampi da abbracciare l'intero spettro e riversartelo addosso come trovandosi sotto una cascata.

Il primo squarcio nel silenzio tocca a Fennesz, che comincia con un ambient tranquillo che di lì a poco sarebbe stato invaso dall'urlo straziato di una chitarra, suono distorto che ricorda molto i timbri post rock. Sembra di volare rasente allo specchio di un lago in una giornata di sole, tardo pomeriggio, vicino al tramonto, quando la luce comincia a diventare sopportabile. Si viaggia nell'aria a velocità abbastanza elevata per sentire la brezza fresca e le gocce di acqua che si elevano al tuo passaggio e pizzicano il corpo. Nel cielo cobalto le nuvole sono bianche e se si alza la testa le vedi scorrere sempre più veloce. Si passa dal lago al tetto di un grattacielo di una grande metropoli, quello più alto da dove si può vedere il sole che sorge; è l'alba e dopo una nottata scalmanata ci si riposa sulla vetta del micromondo cittadino e ci si sente potenti in quel momento con il sorriso sulle labbra, mentre il sole a ritmo di musica conquista la città e il viso per una nuova giornata. Il tutto si evolve in note molto dolorose, segnali di solitudine, abbandono, mani che coprono il viso e che si infilano tra i capelli nella disperazione più amara, mentre la melodia sgomita più forte che può per uscire da tutte le distorsioni.

Fennesz io l'ho gradito di più nella parte finale, più intenso, in un continuum di vibrazione che una volta innescato puà fare a meno del brodo chitarristico che ci viene propinato ormai dal Post Bellico, quando un bianco con la banana in fronte ha derubato i neri americani di una delle loro più geniali invenzioni, il R'n'R. Trentanni dopo gli si ruberà anche la Techno.

Cambio di rotta non proprio si dovrebbe dire, i Pan Sonic han molto in comune con l'oretta preparatoria; li acompagna 'na giovane figliola che è una costola di Sigur Ros, un violoncello che può inserirsi in ambito Pansonico quando questi due finlandesi lo consentono, durando mezzo set, ma non del lamento caratteristico dello strumento, è di-struggente, non potendo cullare nell'ovatta come in un concerto d'archi, e pure nei vapori Sigur Ros, i due finlandesi cooperano sempre in modo che il risultato sia al massimo un morbido letto di lana di vetro, per non dire cocci, quando a tavola invitano Merzbow, Alan Vega o altri commensali.

Il secondo squarcio è più immediato e diretto, più secco, violento e tocca ai Pansonic che si sono avvalsi di visual e violoncellista (niente popò di meno che la violoncellista dei Sigur Ròs e non lo dico per scherzare ma perché i Sigur Ròs meritano).

Ci tramutiamo in scariche elettriche che come auto di formula uno futuristiche percorrono l'infinita linea nera che ci viene proiettata davanti come una strada da seguire che porta solo al godimento più totale della musica.

La linea compagna ed avversaria procede e le emozioni cominciano a trasportarti al di là del semplice visual e con la mente si finisce in un corridoio nero dove appaiono infinite porte bianche, di quelle vintage coi pomi rotondi, che sembrano fondersi talmente è alta la velocità; colonne di templi greci stilizzate bianche che procedono a spirale ma non esiste salita e discesa e ci si perde come in un'opera di Escher.

Figure geometriche difficili da seguire anche per gli occhi dell'immaginazione, tutto su sfondo nero, perimetri bianchi molto sottili; bicchieri di cristallo che risuonano distorti nel salone di un castello abbandonato e il conflitto tra epoche che si acuisce non solo nell'atmosfera del luogo ma anche grazie all'incontro fra distorsioni noise e il suono del violoncello.

Performance breve ma molto intensa da parte di entrambi gli artisti, l'impianto era discreto, ma le mie orecchie sono andate in conflitto con gli alti che ricordavano troppo quelli dell'impianto di un normale locale, stridenti e troppo spesso fastidiosi; bassi decisamente migliori che hanno fatto vibrare anche il naso e avevano un ottimo impatto soprattutto con lo stomaco.

Un altro piccolo difetto era questa simulazione di una sala d'attesa, non mi sarei mai immaginata di assistere a queste performance seduta come se fossi a vedere il balletto ed è brutto quando la musica fa volare l'immaginazione e le emozioni e tu non puoi alzarti per esprimerle con la gioia del corpo.

Drexkode.net ver.2.0 2006 - Art by Gilly *Sephira* Majo