Italians do it better@ ArciBlob (Arcore), 08/12/06
text by gilly "sephira" majo - pics by drex
Ad Arcore per una serata eclettica e sperimentale a cura dell'etichetta Ebriarecords, presso l'Arciblob, al prezzo della militanza di 4€.
Il passaggio di due treni ha ritardato di qualche minuto il nostro arrivo, facendoci perdere l'inizio della performance degli Harshcore, che stavano già invadendo la sala con sonorità "fai da te". Terminologia da non intendersi come semplicistica ma come un passo all'indietro negli anni in cui si sviluppava la tendenza all'autoproduzione, quando l'espressione non era più vincolata dalla competenza musicale tanto che rumori e suoni venivano creati con ogni sorta di oggetto e voce (affiorano ideologie dadaiste e di musica colta).
Troviamo sul banco da lavoro dei walkie talkie, una segreteria telefonica, delle bacchette di batteria, del sale messo a contatto con il microfono.
Serata movimentata visto che ogni performance è sinonimo di migrazione del pubblico, poiché c'era l'alternanza fra la sala al piano terra più calda e più rock e la sala al piano di sopra più asettica e adatta a sonorità elettroniche e fredde. E' proprio in quest'ultima che ci attende Andrea Marutti , pronto per farci rilassare con un pezzo ambient di 30 minuti circa il quale, a differenza degli avvertimenti dell'artista, è stato tutt'altro che pesante, soprattutto se si ha avuta la fortuna di gustarselo sul comodo divano a fondo sala.
Ottimo il momento in cui è stata suonata la lampada con un semplice cacciavite (ritorna ancora il concetto di musica contemporanea), oppure quando è stato utilizzato il filtro vocale che dava l'impressione di un respiro nel cosmo creato dalle sonorità di fondo, visioni di universi paralleli, continue eclissi, il silenzioso sfiorarsi tra pianeti.
Si scende nuovamente al "caldo" per assistere alla performance degli Input/Output (I/O), difficili da inquadrare in un unico contesto musicale. Si ha l'impressione di essere a teatro davanti ad un vero e proprio dialogo tra strumenti, la batteria e la chitarra che fanno emergere spruzzi di influenze di post rock e post punk, il contrabbasso che con le note gravi sgomita e sembra in litigio con gli altri strumenti e lo strumento voce viene utilizzato in molteplici modi, sperimentando, distorcendo, tenendo il timbro naturale con versi, note tenute e poi storpiate etc. La tendenza maggiore però ritengo sia quella avanguardistica (molto minimale) per l'imprevedibilità dell'esecuzione - dato in alcuni momenti sembrava essere tutto improvvisato - e soprattutto l'uso e lo studio del suono e delle interazioni tra gli strumenti.
La quarta performance vede come protagonista Aonami , un giovanotto giapponese che propone dei pezzi creati con il suo little sound kit composto per lo più da Game Boy; siamo quindi orientati verso sonorità 8bit. L'unica macchia nera è stata la chitarra completamente fuori luogo sia perché interferiva negativamente sulla performance, sia perché nella sala superiore le casse erano piuttosto sensibili e quindi erano più i suoni malamente distorti che quelli di effettiva chitarra. Si salva in corner proponendo in seguito a richieste di "bis" un nuovo solo-set, siamo quindi riusciti ad ascoltare la sua musica. Ho notato un maggiore spazio ai puri suoni 8bit, a differenza di altri set in cui questi suoni erano solo un arricchimento di una base di generi già conosciuti. C'è la creazione di musiche da realtà virtuale a mo' di Realogic per intenderci esclusivamente con l'uso del Game Boy, loop in 8bit che sembrano patch di una tastiera.
La chiusura spetta a IOIOI , azzeccata direi per il suo guazzabuglio lo-fi sperimentale.
Artista dotata di un altissimo livello di creatività, a sua disposizione mette infatti una chitarra (suonata in diversi modi, normale - come si suol dire - amplificata creando loop circolari psichedelici e metafisici, suonata ad arco.), un laptop dal quale escono sequenze simili talvolta a simpatici jingle, talvolta più noise, talvolta più electronico e il classico merchandising plasticoso giapponese tutto rumorini e lucine.
La voce è molto ingolata e squillante, questo fattore dipende anche dall'uso della lingua giapponese nei versi e nelle parti cantate o recitate; una Haruna di Kitano che non ha alcuna vergogna di mostrarsi per quello che è, davanti ad un pubblico che vede benissimo le sue espressioni (notevole mimica corporale e facciale che ricalca il Kabuki). I pezzi sono una continua sorpresa, è come immaginare di cominciare una poesia con una "E", dando l'impressione che ciò che è manifesto è il risultato di un processo più lungo in piani non materiali e non manifesti; ciò che sta in mezzo ai pezzi frammentati non può essere di certo sentito con le semplici orecchie.
Ebriarecords cerca di promuovere questi artisti che volgono il proprio interesse verso lo studio dei suoni, conosciuti o nuovi, attraverso la sperimentazione. Nulla è precluso perché, come si evince dalle righe qui sopra, ogni oggetto al di là della cacofonia o meno è utile per creare un suono, per esprimere qualcosa.
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