L'ULTIMO RAVE: le feste del nuovo millennio tra analisi di costume e leggenda metropolitana - di C. Cepernich, C. Genova, A. Massaro - Ananke - 2005 - 178 pagg., 14,50€

La ricerca per un approfondimento sulle pubblicazioni nell'ampio panorama editoriale degli studi di Popular Music e delle Controculture mi ha fatto trovare in libreria questo libro, pescato nel settore "Sociologia" e non "Musica", come spesso accade per questi argomenti.

Infatti si tratta dell'ennesima analisi sociologica della "rave culture", non certo una novità, sebbene la struttura del testo presenta una sua peculiarità data dalla presenza di tre punti di vista; un racconto che vorrebbe ricostruire una tipica situazione dell'ambiente considerato, e direi purtroppo anche con elementi piuttosto scontati e forzature; un'analisi del rave da parte di chi, possedendo una formazione accademica, diviene frequentatore per un periodo di due anni per offrire un punto di vista "interno"; infine un'analisi più propriamente "sociologica", basata su considerazioni da addetto agli studi e con immancabili citazioni da precedenti lavori.

Lo ritengo un testo utile per coloro che vogliono ampliare la conoscenza dei lavori prodotti sull'argomento, immagino le perplessità di chi, da attivo frequentatore, si trovi di fronte una pubblicazione che tenta di spiare nel ambito privato degli spazi occupati abusivamente dai sound system, oppure dalle interessanti quanto fuorvianti considerazioni riportate.

In linea generale si può affermare che il Rave è effettivamente ciò che viene analizzato ma quelle che definivo forzature esistono e devono essere considerate con il giusto peso. Mi riferisco ad esempio al racconto di Andrea Massaro, scritto in modo scorrevole, pure coinvolgente nel suo tragico finale, però trovo un esagerazione che un racconto di vita di 4 frequentatori si traduca nella morte di tutto il gruppo, seppur per cause diverse ma riconducibili al tema dell'abuso di sostanze illegali nell'ambiente del rave.

L'analisi condotta da Carlo Genova, frequentando 21 rave in sei mesi, è quella che meglio si avvicina a cogliere gli elementi che appartengono a questo ambiente, chiamando a raccolta aspetti del ".situazionismo, cultura hippy, nomadismo dei traveller, il punk, le TAZ, il surrealismo..", non senza alcune inesattezze o generalizzazioni ma questo è dovuto al concentrare in un tempo relativamente ristretto citazioni musicali che coprono un largo periodo.

I limiti del testo risiedono in una sequela di citazioni di altri studiosi, soprattutto per Cepernich che copre il punto di vista esterno al rave ,quindi senza frequentazione personale ma rivisitato attraverso studi sociologici e con continui riferimenti a studiosi di livello internazionale della Popular Culture.

Sebbene offra spunti interessanti la disponibilità limitata di pagine non permette una trattazione esaustiva; curiosa l'affermazione, citando un tale Pardo, "chi non fa uso di sostanze chimiche al rave si riconosce dai caratteristici guanti banchi". Si tende inoltre a dare al rave più importanza di quel che di fatto possiede in termini di sottocultura giovanile, in quanto sebbene sia un fenomeno anomalo per le modalità di studio delle precedenti sottoculture giovanili, a partire dagli anni Cinquanta, esso è comunque fenomeno di nicchia che non rappresenta che una piccola frazione delle generazioni recenti, le quali si muovono in ambiti musicali e culturali che non sono così dissimili dalle precedenti, in termini di divinazione della rockstar, del dj, abbigliamento codificato.

Concetti quali le comunità web, il nomadismo psichico, la tribalità, sono aspetti relativi alle trasformazioni tecnologiche in atto, coloro che vi appartengono non sono direttamente accostabili all'ambiente del rave party. La cultura del nomadismo risponde ad una esigenza moderna, il mondo globalizzato e l'apertura della rete sono una risposta contro una cultura che crede ancora nella territorialità, i confini e la sovranità dello Stato. E' una reazione alla cultura della "residenza", la quale è più influenzata da quel che accade dal territorio virtuale del web piuttosto che dagli ambienti ristretti del rave che celebra la sua esistenza in brevi istanti di vita.

E' un tentativo comunque gradito per riportare in libreria un tema di cui la società continuerà perlopiù ad ignorarne l'esistenza, e ancor più gradito per essere scritto da italiani e non l'ennesima traduzione di origine anglosassone.

Forse una dimostrazione che il testo non nasce dall'interno del rave è soprattutto la totale assenza di riferimenti musicali, tribe, eventi, generi. Un limite per una sua uscita dalle accademie; in questo senso il racconto, proprio per il suo finale estremamente tragico, rischia di continuare a riproporre pregiudizi diffusi in ambienti lontani dai luoghi della pratica del rave; il racconto pecca di una grave lacuna; non rappresenta in alcun modo la sfera delle emozioni che vivono nel frequentatore di parties illegali, introduce invece personaggi che con la rave culture non hanno nulla a che vedere, piuttosto appartengono a quella malaugurata presenza che infesta il rave come occasione finalizzata allo sballo.

Ne esce una descrizione del rave su un piano distaccato, da laboratorio di sperimentazione animale, senza sottolineare l'importanza del laboratorio stesso, fondamentale, essenziale, un simbolo, una Fabbrika, sempre scritta con la K, luogo deturpato e fatiscente, luogo di abbandono, a suo modo romantico, romanticismo incomprensibile perché non profuma di Natura ma di oli di manutenzione, indecifrabile in quanto la luna non riflette in un lago di montagna ma in pozzanghere col fondo grigio di cemento, esotico non per la presenza di rovine azteche quanto per la presenza di immensi spazi svuotati della loro funzione, come le vecchie cattedrali senza tetto, e per questo ancor più romantici e sublimi perché in mezzo a quelle mura in rovina e tubature divelte vaghi, senza il noioso cicaleccio prodotto dal turista ma con una bassa frequenza che ascolti con ogni centimetro quadrato del tuo corpo.

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