Reduce di G.L.Ferretti - Mondadori, 2006 - 120 pag. - 13€
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Si è fatto un gran parlare del mutamento ferrettiano, della conversione al cristianesimo, della sua irriconoscibilità agli occhi di chi, ideologizzando e fraintendendo, poneva il muro a prescindere. Giovanni Lindo Ferretti non è mai stato punk (che lui ne dica), non è mai stato un attivista tot court, non ha mai incarnato l'Emilia rossa. Non c'è stato alcun "tradimento", i CCCP erano un gruppo marcatamente post-punk e wave, non bastano alcune liriche rasoianti a farne paladini del lato culturale anarchico italiano o del comunismo reale. I CSI sono la deriva postuma della litania lanciata verso la disillusione, un riportando tutto a casa fatto di etnoculturalismo e di suggestive tradizioni, i PGR sono la messa finale. Dire che Ferretti (e soprattutto compagni di avventura) fossero estranei all'immaginario collettivo riconducibile a sinistra sarebbe però un falso storico, un colpo in faccia a quel comunismo di sostanza che caratterizza l'Emilia Romagna, al suo rapporto stretto e guarescamente simbiontico con la cattolicità, che va aldilà di una crocetta su una scheda elettorale.
In "Reduce", Ferretti porta il suo percorso personale e culturale alle estreme conseguenze che sfociano nel burrone della disonestà intellettuale. Perchè se il mutamento, il cambiamento di
opinioni, possono essere sintomo di un'attività cerebrale mai doma e propositiva, il bollare come sbagliato il proprio percorso fino a pochi anni prima, sa un pò invece di botta in testa con conseguente perdita della memoria. Questo breve libro non è una autobiografia, non è un'analisi del suo percorso musicale (quasi nessuna traccia), non è purtroppo neanche una spiegazione a
quel"sbagliato" che ci saremmo attesi, se non la disillusione e l'amarezza, che non è pero solo sua, verso la sinistra italiana.
Il passo successivo a questo, è prendere dunque questo libro come uno sfogo, che sia uscito su Mondadori e che gli abbia fatto da apripista una discutibile apparizione televisiva può far venire la puzza sotto al naso non a torto a chi senta odore di strumentalizzazione, di farlo vedere come "Reduce" non dei propri fantasmi, ma della sinistra, del '68, del punk, dei cattivi abortisti e fecondatori artificiali, e di chi abbia osato fare breccia nei dogmi vaticani. Questa potrebbe essere l'eventualità più triste rispetto a una rispettabile conversione, a un porsi come frate Tuck dal colorato linguaggio, andante per i boschi dell'appennino tosco-emiliano con una fiasca di rosso in mano.
Quello che non è in discussione è la sua profondità, la sua veduta arcaico-romantica della bellezza dell'essere, della natura, del sapersi stupire di un'alba o di una foglia che cade, del vedere sempre meno pennacchi dai camini, in una montagna in continuo abbandono.
In questa fretta collettiva sono atteggiamenti che la maggior parte delle persone hanno perso, senza dubbio una proposta ad una riflessione sul circostante. Il libro è strutturato in una maniera anti-narrativa, sprazzi poetici e brevi estratti tipo diario serale zibaldonico, immagini d'infanzia, la famiglia, il lavoro da onesti contadini. Le sue frasi a tratti sono verdi, stringate ed efficaci come quelle di una volta (forse troppo di una volta). I suoi viaggi sono scarnificati nella descrizione, dall'Algeria alla Jugoslavia, poi Mongolia e Gerusalemme sono la rampa di lancio per sviolinate anti comuniste, che storicamente ci possono stare, e incondizionatamente pro-Israeliane, che storicamente in questo momento fanno venire l'orticaria.
Ferretti è un uomo dal personale percorso e dalla incontenibile sensibilità che ha combattuto con la malattia,viaggiato e a suo modo conosciuto, un conservatore attizzatore di camini del fuoco di valori, condivisibili e non, ma inattaccabili, perchè sono i suoi. Alla fine forse è sempre stato semplicemente un eremita anti-tecnologico. "Reduce" è il suo ritorno a casa, in un isolamento bucolico, appunti forse sinceri ma privi di criticità intellettuale sul mondo che è stato ed è, uno zigzagato excursus filosofico-morale a cui ognuno darà la propria interpretazione. Ha trovato Dio, la Chiesa, siamo contenti per lui, per il suo sapere fragrante di essere umano. Ma noi no, non staremo a pregare nella cappella sotto al bombardamento a tappeto, aspettando la fine.
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