PUNK IN CINA - nuovi fuochi di rivolta dopo Tiananmen - di Serena Zuccheri, Castelvecchi ed., 2004 - 190 pag. 18€ con CD audio
Lo scorso anno ho letto un testo uscito per Castelvecchi, "Punk in Cina", di Serena Zuccheri, l'edizione aprile 2004.
L'autrice, classe '78, ha studiato a Pechino ed ha osservato come i giovani cinesi vivono oggi il punk che fu dei Sex Pistols, lo scontro tra tradizioni, l'atteggiamento essenzialmente individualista europeo con quella cultura orientata alla collettività.
L'Occidente è modello per i giovani cinesi che vogliono reagire al sistema sociale e politico nel quale sono inseriti. Vi è una lunga tradizione in Europa per le lotte sociali, anche se ora pare che si assisita al trionfo dei produttori di poltrone e televisori, mentre le voci fuori dal coro pare siano state oggetto di castrazione e taglio dell'amplificazione.
Il testo dipinge in introduzione l'Inghilterra che corre lungo i binari del nuovo modello di M. Thatcher, i giovani che rispondono non allineandosi a quella restaurazione del buoncostume ipocrota borghese; mentre i Sex Pistols stan per firmare con la EMI in Cina muore il padre della rivoluzione culturale Mao, il 9 settembre del 1976.
In sintesi l'autrice ci racconta della situazione politica cinese, nel '78, Xen Xiao Ping lancia la sua politica delle 4 modernizzazioni, agricoltura, industria, difesa e scienza, presto gli intellettuali chiedono la quinta: la democrazia. Il modello Occidentale, risultato vincente anche per gli aspetti più deleteri del suo agire, non può che avere una immagine che entra in conflitto con il modello di economia comunista, dall'abbattimento del Muro di Xidan, con i manifesti degli intellettuali dissidenti, fino all'89 con la crescita dell'opposizione che include gli studenti e sfocia in piazza Tienanmen.
Il successore Jangzemin continua la medesima politica, le aperture al consumismo sono solo un mezzo per permettere una crescita industriale, in passato uno strumento di conquista per l'Occidente che comincia a rivoltarsi contro se stesso, dopo decenni di sfruttamento globale.
Un recupero dell'immaginario comunista di Mao passa però attraverso la sua trasformazione in prodotto turistico, un'immagine della Cina Moderna, è lo svuotamento dei contenuti che consente di recitare una parte senza costituire di fatto un problema sociale. In modo simile il giovane cinese che riprende i canoni occidentali del pop, non ostacola un processo di conservazione in quanto è un fatto estetico, uno stile che contribuisce a dare l'illusione di essere contro, in realtà parte ijntegrante di uno schema del tutto sotto controllo del sistema dominante. Nel medesimo modo accade nella nostra società dello spettacolo.
La musica arriva in Cina per mezzo di nastri degli studenti occidentali, poi sarà il turno dei cd forati, il rifiuto dell'Occidente substrato di una nuova cultura in quel paese.
Il fenomeno rock è abbastanza recente, la prima rock band è Wàn Li Ma Wàng ma è nell'86 che si impone il primo rocker: Cui Jìan. Il precursore del punk cinese è invece Hè Yong, oggetto di un severo controllo e censura da parte del Ministero della Cultura.
E' curioso quel che accade in Cina, visto con un occhio occidentale. emblematico il testo quando riporta "...se perdevi le chiavi della tua stanza (all'Università) dovevi fare un'autocritica scritta, non relativa al bene economico che avevi perso, ma per la tua disattenzione politica, il tuo scarso senso civico che aveva fatto si che ti fossi perso le chiavi: questo era il clima politico".
Uteriore differenza risiede nel fatto che per i cinesi la ribellione si manifesta nel solo apparire in modo inusuale, un fatto estetico a cui si attribuisce un valore di libertà, un paese dove l'individualità non si veste di un colore politico, la ribellione non si carica di valori anti-comunisti.
Quindi è con Cui Jian che si mettono le basi per un suono ribelle, che incorpora anche la tradizione orientale oltre alle influenze, rock, reggae, blues, ska.
Anche in Cina l'apertura del mercato crea schiere di individui votati al gudagno, all'apparire, alle emozioni artificiali della pubblicità, il suono melenso e commerciale della tv cinese, una minoranza che non si adatta risponde in modo incoerente, senza uno scopo preciso, un progetto, pare solo un disadattamento al diffondersi dei centri commerciali, della tecnologia che non regala a certe frange di giovani una vita migliore.
A metà anni '90 in grande ritardo il suono carico di rabbia dei Sex Pistols giunge a Pechino, quasi 20 anni dopo, stimola i primi gruppi Catcher in the Rye e Underground Baby, i primi spariranno presto, i secondi esempio per i punk cinesi di seconda generazione, più estremi dal punto di vista estetico., anche se abbiamo a che fare con una generazione che orami è stimolata da un immaginario punk di facciata alla Green Day. Sono 69, Reflector, Brai failure, Anarchy Boys, gruppi di ragazzini che col tempo perdono mordente, E' un punk che tende a perdersi nel primo disagio ma sconfina poi nel divertimento e quindi si incunea facilmente nel vicolo cieco dell'assorbimento nella cultura pop, mancando proprio di quello schieramento sempre di opposizione del punk hardcore di tradizione europea.
Le fiammate punk cinesi sono destinate ad affievolirsi presto, in alcuni casi ad estinguersi in seguito all'entrata in scena dell'hip hop, dal rap metal, più pulito, rassicurante, ordinato e meno violento.
Rimangono gli Ouch e Xin Kùzi a portare una bandiera fortemente contrastato dal Governo cinese, più per prevenzione di quel che potrebbe rappresentare che per la minaccia in sè. Il punk cinese rimane intrappolato in una cultura in cui Mao Tze Tung può essere considerato il primo punk.
Diciamo che la prima metà del libro tratta quello di cui ho scritto, il resto sona una 15a di pagine di foto a colori e alcuni testi delle band citate. In allegato al libro c'è un cd audio con 10 tracce di punk band della seconda generazione, perlopiù si tratta di materiale che ricorda sia il punk '77 che quello, se lo si può definire punk, alla Green Gay, Off Spring, Rancid, etc.
Mi sembra quindi un testo che voglia dimostrare quanto i cinesi siano stati in grado di tradurre dall'esperienza europea e come sia difficile adattare atteggiamenti consolidati in una cultura, esportandoli ove vi siano tradizioni secolari profondamente diverse. Questo riporta alla luce il tema del'limposizione di una democrazia forzata in paesi che hanno un percorso storico lungo strade che partono da molto lontano.
In Cina la capacità di studiare e rubare i modelli dell'Occidente si osserva anche in campo culturale, con l'economia ci stanno conquistando, data la rapidità con cui si è realizato questo fenomeno non resta che osservare se la conquista dell'Occidente la porteranno a termine anche in termini culturali. I raves sulla muraglia cinese stanno a dimostrare che digeriscono tutto e in fretta, anche le droghe.
Rimaniamo in attesa.