APOCALYPSE CULTURE by Adam Parfrey - Feral House, 1990 ed. originale, 370 pag. 14.95$

Il tomino che presentiamo, ormai datato 1990 nella seconda edizione (l'originale è dell'87), è un classico nel suo genere. Si è ritagliato il proprio angolo nei cuori dei cultori dell'estremo corporeo e politico, delle teorie delle cospirazioni, dell'omicidio in catena di montaggio, dell'automutilazione; uno di quei testi che il vostro confessore nasconderebbe gelosamente, leggendolo col lumino trafugato al cimitero, dopo avervelo sequestrato per una ingenua confessione che vi costò non meno di cinquecento “Ave o Maria”, considerando la gravità del fatto.

Parfrey è un uomo di cattivo gusto secondo la morale comune; nel 1989 indossa i panni da editore e fonda la Feral House, e sgrana come un rosario questa collana di articoli, in parte raccolti nei gironi più bassi della vita. Io preferisco vederlo come una Polaroid scattata in uno dei tanti mondi paralleli del possibile, dove ognuno di noi può giacere perché la casualità della vita lo ha portato in quel fetido luogo piuttosto che i milioni di altri. Questo nella prima parte, le "Teologie dell'Apocalisse”, nella seconda, “La Guerra Invisibile”, emerge la paranoia di coloro che, a torto o ragione, individuano in ogni angolo del mondo la mano del burattinaio

Tuffandoci dentro troviamo il lupo che diviene l'emblema della nostra autenticità primitiva, la liberazione degli istinti repressi dal dogma religioso; la necrofilia è raccontata da Karen Greenlee, la quale giunge a completa guarigione non ascoltando i giudizi di chi la vorrebbe "normale" ma prendendo consapevolezza che quella è la sua natura.

Frank, dopo essere stato abusato dal padre ogni singolo giorno, complice l'indifferenza della madre, descrive in modo glaciale la sua ossessione per l'omicidio di massa. The Process, the Church of Final Judgment, raduna forze tradizionalmente associate al bene ed al male fondando una religione di sintesi della distruzione.

Letto con la dovuta analisi e distacco, Apocalypse Culture (A.C.) inserisce i noi, con oculata precisione, il pensiero che la distanza che separa la nostra "normalità" dalla follia è più sottile di quanto si immagini; si trovano qui i testimoni ultimi di un degrado umano che in varie forme è il presente in cui siamo e saremo immersi, fino all'ora finale. Il terrorismo estetico è anch'esso un tema trasversale, forse una delle poche avanguardie rimaste, forse già digerita anch'essa; se quanto abbiamo di fronte è il nulla l'ultima avanguardia presenterà l'uomo nell'istante della caduta.

Lascia spesso perplessi la lettura di queste pagine ma sono uno spaccato dei nostri tempi. La stessa normalità e banalità dell'informazione moderna sembra inseguire questo linguaggio, in ritardo, quando la serialità della notizia di cronaca violenta non è certo l'atto artistico, piuttosto la fase successiva della sua spettacolarizzazione e digestione.

Di tutt'altro spessore il saggio “Art in the Dark” attorno all'arte estrema del decennio Sessanta-Settanta, con un recupero di rituali shamanici, una ricerca delle origini, della rappresentazione dell'inconscio, della manifestazione di una psiche profonda ripudiata nell'età contemporanea della Tecnica.

Risalenti al Neolitico anche le pratiche di autoamputazione, una chirurgia underground che sembra coltivata anche in tempi recenti. In questo caso la cultura dell'apocalisse trova comoda dimora nei Moderni Primitivi, un culto delle origini nell'Età dell'Alienazione.Tra queste forme di automutilazione si indaga la castrazione volontaria, con metodi da macelleria di vecchia scuola: sadomasochismo rituale, sospensioni in antagonismo con Stelarc e Paul David che celebra l'innesto della tecnica nell'organico corporeo.

Ricorre un concetto in tutte queste pagine che è il superamento dei limiti, forse i confini del burrone o forse una velocità di fuga che scardini la pesante cancellata entro la quale pascoliamo nello squallido quotidiano. Non manca di certo la presenza di Aleister Crowley ma l'elenco delle citazioni sarebbe cosa lunga e rovinerebbe l'appetito.

Nella seconda parte, "La guerra invisibile", LaVey ci presenta una minaccia quotidiana, combattuta sul terreno del corpo e delle emozioni, anche a base di insegne pubbliciarie, radio, tv, centri commerciali, bombe di degrado morale. Monte Cazazza ci porta a credere nella cospirazione dei messaggi subliminali delle confezioni di cereali.

Zerzan l'anarchico si lancia con un'invettiva contro i metodi di produzione agricola come origine demoniaca dello sfruttamento su scala globale.

E così via tra la cospirazione contro Wilhelm Reich e chi lo volle morto per i suoi studi sulla radioattività. L'origine e il recente passato massonico degli USA, e la presenza del Monarca all'origine di tutte le forme religiose o basate sul raggiungimento della consapevolezza. Non si fa parco di tutto questo Parfrey e confeziona in un contributo la descrizione delle cretinerie perpetrate dai fondamentalismi cristiani. In questa culla di teorie cospirative non si potevano escludere le società segrete di cui gli "assassini" di Hassan I Sabbah sono una delle frange più estreme.

Al termine il senso della minaccia e della devianza dell'uomo ci coglie, siamo sull'orlo del collasso finale? Considerata la data di pubblicazione degli articoli, anche in nuova edizione, non si potevano sondare radici e destini del chaos attuale ma leggendo queste righe pare che la Storia stia dando ragione ai paranoici visionari di permanenti cospirazioni. O forse il mondo non sta peggiorando affatto e non vi è nessuna cospirazione, il Mondo è sempre lo stesso, l'Uomo è cambiato ancora meno, forse la tecnologia dal dopoguerra ad oggi ci ha illuso di proiettarci in una nuova dimensione grazie alla sua imprendibile velocità.

Ma se nulla è cambiato allora non è nemmeno illusorio pensare che prima dell'Apocalisse ci toglieremo una bella rivincita con almeno un'altra Rivoluzione. I Teorici dell'evento possono anche approfondire in "Apocalypse Culture II", non tradotto in italiano.

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