CAPITOLO 2: COLLETTIVITÀ E INDIVIDUO (NOTA: Capitolo pseudo sociologico. è un po' una marchetta ma l'ho lasciato perché qualche input carino lo da. sorry per la noia e le stronzate scritte.)
2.1. La dimensione collettiva
2.1.1. I movimenti
Il movimento DiY nasce dalla confluenza di più movimenti distinti che ne hanno di volta in volta arricchito il parco di esperienze, incontrandosi, intrecciandosi ed influenzadosi vicendevolmente. Negli anni settanta, direttamente influenzati dal movimento hippie del decennio precedente, nasce il movimento dei new age traveller : i viaggiatori della nuova era. Adottando uno stile di vita nomade, riadattando come casa ogni tipo di veicolo (autobus, camper, ex automezzi militari, automobili e anche carri trainati da asini o cavalli) e seguendo un itinerario a base di free festivals , concerti e fiere tale movimento si riunì spesso in comuni, a volte temporanee, nell'intento di ricreare uno stile di vita diverso dalla "norma". Uno stile di vita che fosse sganciato dalle logiche produttive del mondo occidentale e che garantisse ai nuovi traveller un più alto grado di libertà sia inteso come autodeterminazione delle proprie scelte sia come un ritorno ad un più profondo contatto con la natura che li circondava. Un altro movimento che contribuì ad affermare con forza la cultura DiY fu il movimento DiY punk . Influenzati dal seminale gruppo punk anarchico pacifista Crass , molti gruppi punk cominciarono a rifiutare ogni contatto con l'industria discografica ed iniziarono ad autoprodurre i propri dischi. Oggi il movimento DiY punk è organizzato attorno a migliaia di collettivi e individualità che hanno creato una enorme rete di contatti diretti attraverso la quale vengono diffusi i prodotti culturali autoprodotti e no profit del movimento, principalmente dischi, libri e fanzine . La politicizzazione del movimento DiY punk è divenuta negli anni sempre più radicale. Elaborando e dibattendo nuove idee, nel desiderio di una maggiore coerenza, moltissimi "punks" si avvicineranno a pratiche di azione diretta formando collettivi, prendendo parte a manifestazioni e sabotaggi e occupando stabili. La radicalizzazione del pensiero e delle azioni del DiY punk anarchico, porterà molti attivisti da una parte a dissociarsi da quelle frange punk ritenute non politicizzate e dall'altra ad avvicinarsi a movimenti ritenuti più coerenti e realmente controculturali.
Negli anni novanta, a fianco alla radicalizzazione e politicizzazione dei due movimenti finora citati, si svilupperà un nuovo fenomeno che avrà particolare impatto per il DiY: i raver e la technocultura. Sviluppando un network di feste illegali in capannoni abbandonati o in mezzo alla natura, il movimento attirò verso di sé le attenzioni delle istituzioni che cercarono, attraverso vari strumenti repressivi, di bloccarne sul nascere lo sviluppo. Come spesso accade, la repressione ha invece ottenuto l'effetto contrario non solo sviluppando a dismisura il movimento ma anche politicizzandolo notevolmente. Adottando pratiche di vita nomade e resistenza derivate dai precedenti movimenti DiY, che ancora esistono, la technocultura apporterà al movimento nuova energia e influenze. Energia ed influenze sia espresse che ricevute dalla continua interazione, e scontro, con il movimento traveller e il movimento DiY punk . A tali movimenti si affianca e sovrappone la pratica di azione diretta che contraddistingue il movimento ecoradicale ben rappresentato da collettivi quali ad esempio Earth First! , Reclaim the Streets , Animal Liberation Front e via dicendo. Il movimento ecoradicale risponde ad una serie di problemi sentiti come gravi ed urgenti attaccando (attraverso numerose pratiche di resistenza e azione diretta quali ad esempio sabotaggi, boicottaggi e propaganda informativa) le istituzioni e le strutture, sia pubbliche che private, ritenute colpevoli di sfruttamento, inquinamento e discriminazioni a vari livelli. Il movimento degli "eco guerrieri", così come gli altri testé citati, non si può definire un movimento a sé stante. Le divisioni appaiono utili solo ai fini di una più chiara catalogazione storica ma non coincidono con una netta separazione fra gli attivisti. "Un attivista DiY, ad esempio, potrebbe essere un raver che adotta abitudini nomadi da new age traveller , passando di squat in squat in giro per l'Europa godendosi anche qualche concerto punk o folk , salvo poi partecipare alla devastazione della sede di una multinazionale durante una manifestazione per poi prendere parte o organizzare, in gran segreto, una incursione in un laboratorio di vivisezione per liberare gli animali da torture e morti atroci firmandosi ovviamente come Animal Liberation Front ."
2.1.2. Interazione fra movimenti
L'interazione fra questi movimenti non li ha mai portati ad una vera e propria fusione, né ad una completa non interferenza. Tale assunto è alla base del sospetto e diffidenza che molti attivisti riservano per tali distinzioni e analisi delle varie componenti della cultura DiY. Stabilire con esattezza in che modo tali movimenti si siano reciprocamente influenzati è pressoché impossibile. Rimane palese quanto questi movimenti si siano sviluppati in modo autonomo gli uni dagli altri, maturando al tempo stesso sempre più crescenti contatti soprattutto nel corso degli anni novanta. Non si hanno quindi fenomeni di trascinamento o assorbimento quanto di reciproca integrazione, essendo l'ultimo movimento apparso più proteso ad arricchire e sviluppare le esperienze possibili piuttosto che cooptare membri e pratiche dagli altri che, del resto, continuano a perseguire, rinnovati, le proprie pratiche ed azioni in un contesto di sempre più crescenti, negli ultimi anni, riconoscimenti e fusioni fra attivisti DiY di differenti estrazioni. Uno sguardo più mirato tenderebbe a classificare tali movimenti come delle vere e proprie agenzie di socializzazione che fungono, assieme ad un profondo processo di trasformazione interiore, da primo contatto con la cultura DiY. Fenomeno, è bene ricordare, estremamente sotterraneo e "sfuggente" alla cultura di massa. Tali movimenti, inoltre, rappresentano spesso un primo passo verso forme di politicizzazione più radicali. L'occupazione, l'autoproduzione, una vita nomade, un party, un profondo senso di libertà e comunità sono solo alcune delle esperienze inerenti a tali contesti, esperienze che agiscono sull'individuo immediatamente. L'approfondimento della cultura DiY porta spesso sia alla radicalizzazione e ampliamento della propria critica sociale da parte di alcuni sia alla defezione da parte di coloro che si sentono scarsamente coinvolti e determinati.
2.1.3. Conflittualità
Condividendo la stessa cultura DiY tali movimenti non sviluppano conflittualità, quanto piuttosto, una volta riconosciutisi, una profonda cooperazione basata su un alto grado di disinteressata ospitalità. I contrasti, quando si presentano, sono dovuti spesso all'alto grado di dibattito che c'è all'interno del movimento DiY sia autodiretto che eterodiretto. Molti aspetti e comportamenti vengono analizzati, criticati e dibattuti nella ricerca costante di un incontro / scontro fra individualità e idee. Una forma accesa e decisa di conflittualità si esprime piuttosto nei confronti delle istituzioni, riconosciute spesso come principali responsabili sia delle numerose pratiche di controllo sociale attuate nei confronti del movimento sia dell'iniquità del mondo odierno. La critica al "sistema", che comprende sia istituzioni pubbliche che private, è una costante delle produzioni culturali del movimento. Contro tale sistema vengono articolate numerose pratiche di azione / reazione, spesso riassunte sotto la dizione di "azione diretta", che sfociano spesso nell'illegalità. Illegalità ritenuta necessaria per manifestare il proprio dissenso in un sistema che, dietro una sempre più scintillante maschera, nasconde dure realtà di sfruttamento e repressione. Tale conflittualità ha spinto le istituzioni alla messa in atto di numerosi meccanismi di controllo sociale nel tentativo, più che di incanalare gli attivisti, di reprimerli. Tale repressione ha spesso paradossalmente ottenuto un effetto contrario a quello desiderato, radicalizzando ulteriormente l'attitudine di molte persone. La natura stessa del movimento DiY, quindi, influenza i meccanismi di controllo posti in essere dalle istituzioni. Trattandosi di un movimento non gerarchizzato, in cui figure carismatiche e leader sono pressoché assenti, ogni tentativo di cooptare tali individui risulterebbe inutile.
La ferma e critica rinuncia ad ogni forma di intermediazione politica, inoltre, rende impossibile un qualsivoglia processo di socializzazione degli entusiasmi del movimento così come fallimentare risulta il tentativo di costringerlo ad accettare le regole del gioco della mediazione politica. Ogni forma di istituzionalizzazione o spettacolarizzazione di anche semplici caratteristiche del movimento non solo viene vista con sospetto dal movimento ma viene rifiutata ed esclusa. Si prenda ad esempio la considerazione riposta nei confronti di quegli artisti che, una volta mossi i primi passi nel DiY, decidono di accettare un contratto con una major o grossa indipendente. Tale violazione dell'unanimità del gruppo viene considerata come prova della mancata adesione ai principi base del movimento. Tale tradimento si concretizza nella negazione di ulteriore supporto da parte del circuito delle autoproduzioni nei confronti del gruppo o artista in questione. Definito spesso in termini di sell out (venduto) o rip off (truffatore, termine più spesso usato nei confronti di coloro che, tradendo il basilare principio di reciproca fiducia, vengono meno agli impegni presi negli scambi di dischi), il gruppo o individuo in questione è oggetto di un vero e proprio boicottaggio. Il gruppo musicale Chumbawamba, ad esempio, ha ricevuto durissime critiche nel momento in cui è passato ad una major , dopo anni di orgogliosa militanza DiY. Il gruppo collettivo in questione, attivi sin dai primi anni ottanta, era dedito musicalmente ad una particolare forma di folk pop e attitudinalmente era fiero assertore dei principi DiY con un occhio di riguardo all'esempio dei primi gruppi punk anarchici inglesi quali Crass, Flux of Pink Indians, Conflict e via dicendo.
I Chumbawamba hanno stupito e indignato molti attivisti DiY firmando proprio per la grossa casa discografica multinazionale E.M.I. , la stessa che anni prima avevano denunciato in un loro LP dal titolo Never mind the ballots , come partecipe alla produzione e vendita nel terzo mondo di mine anti uomo. La grande enfasi posta sulla propria e altrui individualità, stimolata da un profondo processo di radicalizzazione e cambiamento personale, unità ad un grande senso di fratellanza e collettività porta il movimento a rinunciare ad assumere figure carismatiche che ne facciano da guida. Simili "adulazioni" vengono addirittura accolte con sospetto e interpretate generalmente come scarsa o nulla comprensione dell'attitudine DiY che si prefigge, tra gli altri, lo scopo di eliminare l'instaurazione di ogni forma gerarchica, idolatria compresa. "Questa sera i Fichissimi non suonano e non fanno nessuno spettacolo. Perché è ormai di spettacolo che qui si parla. Le cinque carte che hai uscito non ti verranno restituite ed il tuo cazzo di week-end alternativo è rovinato. D'altronde, cosa ne sai tu di quello che succede qui al Paso e in tanti altri squat il lunedì o il martedì, quando il chiodo, la cresta e gli orecchini finti li rimetti nell'armadio? Credi che non succeda nulla (.)? (.) Noi fichissimi non suoneremo oggi e non suoneremo più. Se del punk ti interessa solo la musica puoi guardarti MTV, comprarti i dischi da Rock & Folk o da Zapping e cacciare fuori trentamila lire per il gruppo punk in concerto. Di noi non hai bisogno, anzi noi non ti vogliamo. I Fichissimi non erano qui per portare il loro messaggio a più persone possibili. Non erano qui per intrattenere nessuno, non siamo profeti e nemmeno musicisti. (.) I Fichissimi non vogliono più preparare prodotti da far smerciare ad infami e riviste musicali alternative. Troppi tra voi hanno comprato il nostro disco come un qualunque altro prodotto, senza capire che prodotto non voleva e non doveva essere. C'è stato anche chi alla fine dei concerti ci ha chiesto autografi, ci ha chiesto se poteva avere in regalo un plettro usato da noi, o un foglio di carta con sopra una scaletta (reliquie? Io non ho parole). C'è stato chi ha venduto la prima stampa del nostro 7" a venti carte a qualche collezionista. C'è stato chi si è stupito quando gli abbiamo detto che al Rototom , alla Dracma e nelle discoteche alternative non avremmo suonato, anche se l'ingresso sarebbe costato cinquemila come in un posto occupato. (.) La prossima volta andate al Leoncavallo o al Gabrio , tanto la birra costa poco pure là. Questa sera non vi siete divertiti, non avete consumato i pochi attimi di libertà che avevate come volevate, avete sprecato il vostro tempo libero. E domani torneremo tutti alla nostra vita di merda. Che tristezza, vero?"
Lo scritto appena citato è sintomatico dei sentimenti e dell'attitudine fermamente contraria allo star system della cultura DiY. Esso rappresenta anche il definitivo distacco tra il DiY e il circuito musicale indipendente, processo già in atto da anni ma che negli anni novanta ha assistito alla sempre più ferma e radicale negazione di qualsiasi compromesso. Oltre ad atteggiamenti simili il movimento indirizza le proprie critiche anche nei confronti di coloro che usano l'azione diretta per mettersi in mostra. Tali individui vengono spesso definiti come ego warriors (guerrieri egocentrici) in un gioco di parole mutuato dal termine eco warriors (guerrieri ecologisti) col quale spesso si autodefiniscono gli attivisti DiY. Di tali individui viene spesso fatto rilevare come, a dispetto del loro grande impegno durante le azioni, nel quotidiano vengano meno agli impegni anche più banali inerenti al vivere nella comune, come sparecchiare o lavare le stoviglie, oltre ad una certa arroganza durante la azioni dovuta alla loro, presunta, maggiore esperienza sul campo. Le succitate figure sono comunque da considerarsi marginali nel movimento e sono generalmente additate come persone che ne hanno scarsamente compreso il messaggio libertario ed egalitario che lo sottende. Non potendo quindi influenzarne le figure carismatiche né assorbirne strutture e individui, alle istituzioni non resta che ostacolare il diffondersi e lo sviluppo del movimento ponendo in essere numerosi strumenti di repressione. Montature giudiziarie, criminalizzazione, leggi restrittive, brutalità poliziesca, infiltrati, microspie, intercettazioni telefoniche e via dicendo sono solo alcuni dei meccanismi di controllo che ha esperito il movimento nel corso degli anni. Meccanismi atti sia ad impedirne la diffusione, bloccando i contatti fra le persone e falsando la circolazione di notizie, sia impedendo la propaganda politica zittendone gli attivisti. Tale repressione è spesso denunciata dagli attivisti stessi che si dipingono come vittime di una sorta di complotto volto a criminalizzare coloro che si battono per un mondo più giusto, mentre contemporaneamente le imprese e le nazioni che lo sfruttano e dominano si pongono, grazie anche al monopolio dell'informazione, come la parte lesa, da tali attività sovversive, e nel giusto.
... continua al par. 2.1.4
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