LP Big Boys - Lullabies help the brain grow (X-mist, 1983/2006)
I Big Boys da Austin sono stati fra i gruppi texani più idolatrati di inizio 80s, grazie alla loro commistione fra funk e punk-hardcore producente grooves e deliri che dal vivo si dice fossero memorabili, stavano al funk come i Bad Brains al reggae. La loro compenente funk si espletava non solo in pezzi singoli, ma era il retrogusto anche del loro stile hc. I loro primi dischi sono ottimi, strasbordanti la loro attitudine selvaggia e potente, un pò meno fortuna e visibilità ebbe il loro penultimo "Lullabies help the brain grow", in cui i Big Boys, ammorbidendo l'impatto a favore di uno sguardo più esaustivo sulle loro capacità, tradirono le aspettative dello zoccolo duro, ma fecero un disco che se fosse uscito in altri ambienti (tipo SST) godrebbe forse oggi di altra considerazione. La tedesca X-mist lo ha ristampato abbinandolo al questo sì, fiacco ultimo loro album del 1984. I Big Boys in meno di mezz'ora sfoggiano il loro repertorio, in pieces stop&go alla Dead Kennedys ("Fight back", "I'm sorry", "Brick wall") , dilatazioni pre-Unwound ("Sound on sound", "Manipulation"), hc creolo ("We're not in it to lose", "Assault", "Same old blues") e con l'ausilio di un trio di fiati, si lanciano in funk rampanti ("Funk off","White nigger" o la cover di "Jump the fence"). Tim Kerr alla chitarra e la solida e competente base ritmica di Gates e Washam seguono ala perfezione il vociare roco dell'anfetaminico Randy "Biscuit" Turner, in un exploit in cui è contenuta un'epoca. Scoprirlo è d'obbligo anche per chi non ha confidenza col punk.