CD Mark Hamn - Je dèchire l'ongle aux criminels (Afe/Bar la muerte, 2007)
Che la Puglia sia uno dei migliori laboratori musicali indipendenti europei non lo scopriamo oggi, una poetica contemporanea a cielo aperto si sviluppa fra natura e cultura del passato, come questo album di Mark Hamn, ovvero Francesco Giannico. I suoi studi legati alla musica per cinema si fondono con un taglio elettro-acustico e glitch, formando un manto ambientale di forte impatto emozionale. Questo disco è pervaso da una vena cinematica meridionale, ispira quella pace apparente meditativa fra muretti erbosi e fragranze rurali, dove però ricorrono continui pensieri colmi di tensione. Nella seconda traccia, sia nell'incipit che nel finale c'è un rimando al modo di comporre di certi cinefili del post-industrial francese come Land ma dal piglio fanciullesco alla Bronnt Industries Kapital, al suo interno quei passaggi arpeggiati fra rumori ambientali sono un tassello alla Morr Music più scafata. Ma c'è di più. Mark Hamn usando infatti la chitarra fra microwaves e clicks, operativamente si avvicina a certo descrittivismo dell'est alla Nexsound, ma al posto di micro-beats e scheletricismo Hamn riempie lo spazio con ariosità post-rock/sintetiche variegatissime e dense di un sottinteso folklore, il freddo si tramuta in brezza malinconicamente calda, è l'odore e il tatto della pietra serale dopo essere stata battuta dal Sole.
Nel brano di apertura "Les Justes" ricorrono gli screzi dei boss Dorella e Marutti, mazapeguls dispettosi che disturbano il passeggiare del musico Hamn fra drones sospesi e field recordings acquosi, di cui ci sarà uso anche nelle seguenti tracce. La ricerca della concentrazione è palpabile nella terrazza pianistica di "Le beison de la réflexion", in "Malaises douces" una chitarra distorta fennesziana si disperde passando come un temporale, arpeggi, screzi disordinati soffocati sul nascere, puzzle mentale. "La charnière du temps", un brano sospeso fuori dal tempo alla Seefeel, con quel drone-quasar pulsante sfumato come un cirro tra quei rumori umani, è un filmato ripercorrente tutta una vita, sembra quando da piccoli verso l'ora di cena estiva si camminava nelle strade strette di un paese di mare e dalle finestre si sentivano le storie di tutti, il televisore, il tintinnare delle posate, e pareva di essere immortali e testimoni di tutte le epoche, un pezzo di una bellezza immane, impressionismo sonoro allo stato puro. Nei due pezzi finali Mark Hamn si districa nel glitch-ambient, specialmente in "Automatism de la dernière heure" con quei beats scarnificati e un impianto strisciantemente free ci sono scambi di umori alla Kiritchenko.
Tutte le influenze e artisti citati servano non tanto come paragone, ma per capire la fusione di stili personale che Giannico ha nelle proprie corde, tutto avviene con spontaneità, leggiadria ed equilibrio formale, una piuma. Mark Hamn è un grande osservatore e creatore di elettronica contaminata, di cui l'Italia è ottima fucina, ascoltatelo e vivetelo per capire quello che con le parole non si può dire.
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