ARCHITECT - The analysis of noise trading (Hymen , 2005)
Daniel Myer è un sempreverde della scena elettronica mondiale, mantenendosi ad ottimi livelli con i suoi vari progetti, Haujobb e Architect in testa. Questa preziosa architettura rientra nella sua produzione maggiore, trovando un perfetto bilanciamento della fusione electro-technoide con l'idm industriale. Le ritmiche rallentano e si lasciano farcire da melodie incantate e desolate, in spazi formali larghi dove si incuneano e giocano beats brekkati e scheletri electro-trancey succhiati da robot. L'apertura di St.Vodka è un pezzo di una classe sopraffina, che incamera la lezione dell'idm americana fatta di screzi noise e fluidi cambi di umore e ritmo, un piano poi fa capolino, queste sono stanze deserte di palazzi abbandonati. "If Jim would jam with richie" è un sorprendente electro-downtempo brekkato dal basso bpm ma decisamente abrasivo, in cui compaiono anche sporadiche parti vocali. Il disco risulta essere nonostante la varietà propositiva di una grande compattezza, tanto che alla fine più che un album di 11 pezzi sembra essere un unica traccia seguente un filo conduttore filmico. In Vectorize e Speed O.J. da nebbie di campi industriali si levano robotiche macchine gorgheggianti che avanzano guardandosi intorno fra scenari cyber, fino all' illbient di Suicide Lake, in cui confluiscono tribalità destrutturate e lamenti eterei spezzettati, in un sottofondo orientaleggiante che ricorda Muslimgauze. Così, mentre in Radio Einheit aspri rintocchi di pianoforte introducono i caratteristici beats brekkati mentre poi il brano sfumerà in un pacato noise, in A monkeys testdive molleggianti battiti sintetici vanno e vengono, si alzano di tono e ricadono fra i tasti del piano, in quello che può essere considerato l'hit del disco. L'uso di effetti industriali timbricamente accattivanti, la voce oracolare che compare raramente, le ritmiche mai scontate sfumanti in percorsi insidiosi dove altri sarebbero caduti nel burrone e abbozzi percussivi di altre civiltà, uniti alla solita ottima produzione conferiscono al disco un'aura di grande saggezza, alla sua fine si sa effettivamente di aver avuto udienza da un grande conoscitore delle meccaniche elettroniche degli ultimi 15 anni. I brani finali del disco non aggiungono altro di quanto detto finora, molto sentita "Ah chamber phx", in cui si entra in una etnicità robotica che potrebbe ricordare M2 e Klapholz. Alla fine si ha l'interpretazione di Hecq di St.Vodka, lui è un grande mescolatore di carte, smussa un pò le increspature di Architect e fa partire la blossom melodica in seguito, ci può stare, preferisco l'originale perchè è così perfetta che toccarla mi sembrerebbe di andare con un uniposca su una tela di Kandinskij. Disco consigliatissimo a chiunque abbia nel suo vocabolario la voce "elettronica", un classico del genere.
|